Il progetto di housing museale FuturDome ha inaugurato il 18 maggio Summer In, residenza d’artista che da l’opportunità a Silvia Hell, Domenico Antonio Mancini, Fabrizio Perghem e Sara Ravelli di soggiornare fino al 31 luglio nel palazzo liberty di via Giovanni Paisiello a Milano, per sviluppare lavori inediti. In questo periodo di “isolamento dedicato”, arricchito a partire dal 29 maggio da incontri con professionisti del settore, i quattro artisti rifletteranno su tematiche attuali come l’alternanza tra realtà virtuale e fisica, la riappropriazione dello spazio pubblico ed espositivo. In occasione del progetto abbiamo intervistato Ginevra Bria (curatrice presso Isisuf) e Atto Belloli Ardessi (direttore artistico di Isisuf), coloro che stanno curando e organizzando questa residenza.
Dal 2016 FuturDome propone progetti di housing museale per integrare arte, architettura e nuove tecnologie con la vita quotidiana di un palazzo storico. Oggi, all’avvio dell’ultima residenza, e alla luce dei cambiamenti sociali e tecnologici degli ultimi quattro anni, come si è evoluta la vostra attività?
Abbiamo ospitato artisti già a partire dal 2011, quando l’edificio era in piena ristrutturazione, arrivando, ad oggi, a collaborare con oltre centosessanta artisti, provenienti da tutto il mondo, ospitandoli in loco.
I luoghi e le persone che fanno notizia nei media mainstream sono spesso ugualmente attraenti per il mercato dell’arte e, a volte, determinano persino le agende di finanziamento internazionali; giocando un ruolo chiave, ma purtroppo solo temporaneo, nella formazione di pratiche artistiche e istituzionali. In FuturDome stiamo accrescendo ogni tipologia plausibile di libertà, per poter sviluppare modalità di lavoro più flessibili, assieme a un modello di pensiero e di processo emancipato dalle pressioni del numero di spettatori, dai comportamenti formali e dalle aspettative di crescita o espansione istituzionale.
L’attenzione internazionale, che ha fatto seguito a questa crisi pandemica, ci ha portato a porre una domanda più ampia: come può Milano non essere vista come un caso di studio o una metafora, quando le precarie condizioni di vita di molte persone non sono un’astrazione, ma una realtà concreta e vissuta in un paese attraversato da una crisi finanziaria e con un futuro politico incerto? Come possiamo, in qualità di produttori culturali, intervenire concretamente nella situazione attuale? La conoscenza prodotta dalle nostre precarie ma fondate infrastrutture indipendenti può essere utilizzata e “capitalizzata”?
Dal 2016 vogliamo determinare nuovi metodi, strumenti e forme di distribuzione per la cooperazione transnazionale tra istituzioni artistiche di diverse dimensioni e ambiti che operano in luoghi geografici diversi. Vogliamo creare un sistema alternativo di patrocinio e sostegno, sia esso legale, economico, sociale, ma non certo meramente simbolico. Possiamo pensare a nuove forme di collaborazione? Riteniamo che questa sia una questione particolarmente urgente in considerazione dell’erosione del sistema del welfare state e della diminuzione del sostegno pubblico, specialmente in Italia: dobbiamo farci promotori di una ridistribuzione dei fondi e del potere.
In quanto luogo di intersezione tra pubblico e privato, con abitazioni ridestinate alla sperimentazione artistica, FuturDome trova piena realizzazione in residenze di giovani artisti. Qual è il tratto distintivo della residenza inaugurata il 18 maggio, Summer In, rispetto ai progetti passati?
Quando abbiamo pianificato Summer In, all’interno del programma di A-I-R Artist In Residence, avevamo tre fra le mostre più impegnative, che avessimo mai realizzato in FuturDome, completamente bloccate. Tra dogane, frontiere e aziende chiuse. Il Covid-19 stava cominciando a mietere vittime e un forte senso di impotenza, di resa nella vita di tutti i giorni ci costringeva a una stringente battuta d’arresto, nei confronti di un’arma tanto invisibile quanto ineluttabile. In città il silenzio emetteva un eco eccessivo, solo le sirene delle autoambulanze sembravano risuonare più forti. E l’orizzonte temporale della programmabilità aveva improvvisamente ingigantito quello che ritenevamo il futuro, ma che prima di allora consideravamo presente a breve termine.
Per quanto tempo, ci siamo domandati, un luogo come FuturDome sarebbe potuto rimanere inerte, chiuso e manchevole di fronte alla vocazione che la Storia di questo luogo porta con sé? Dal 1939 al 1944, durante i periodi più bui della Seconda Guerra Mondiale, per Milano, gli ultimi futuristi erano riusciti, nonostante la spietatezza che stavano affrontando, a trovarsi, a dibattere e a produrre.
Ad aprile la città assomigliava a un palcoscenico vuoto, ma non era stata bombardata e non era da ricostruire; era, invece, integra, troppo fissa forse, ma viva in sé, sebbene oppressa da un’incertezza devastante e dalla gravità oscura di una pandemia. Abbiamo così cominciato a ricontattare diversi artisti italiani che avevamo incontrato di persona, prima del cosiddetto lockdown. Il solo augurio che potevamo formulare era che, preparandoci con anticipo e in dialogo con loro, avremmo potuto, seguendo le direttive imposte dall’ultimo Decreto, prendere possesso degli spazi per trasformarli in nuovi campi di prova; scegliendo, come arco temporale, quello di una quarantena dedicata, finalizzata. Prima del 4 maggio potevamo scoprire come avremmo dovuto muoverci solo di settimana in settimana. Ancora adesso non possiamo prevedere se riusciremo, così come è stato nelle ultime due settimane, a lavorare con così tanta continuità fino a fine luglio. Ma lo desideriamo con forza.
I percorsi degli artisti di Summer In sono ben diversi, considerando l’indagine analitica di Silvia Hell, la ricerca socio-politica di Domenico Mancini, gli interessi antropologici di Fabrizio Perghem e quelli sull’oggetto di Sara Ravelli. Per quali ragioni la scelta è ricaduta su di loro e come pensate di riunire concettualmente le opere che produrranno per l’occasione?
I lavori sono e saranno nutriti, imbevuti degli ambienti che li hanno accolti e degli elementi, dei componenti, delle suggestioni che FuturDome ha fornito durante le dieci settimane di Summer In. Questo, volutamente, è il solo fattore che accomunerà il loro lavoro finale. Inoltre, stiamo programmando numerosi incontri e studio visit, anche virtuali, ma stiamo notando che tutto quel che succede, di giorno in giorno, è un momento per assorbire nuove etimologie e nuovi significati del risiedere. E, seguendo quattro pratiche completamente diverse, ma quattro approcci alla ricerca incredibilmente convergenti, gli artisti arriveranno a interpretare la cartografia di FuturDome, seguendo schemi che saranno propedeutici alla presentazione finale dei loro manufatti.
Abbiamo deciso di affidare i duemila metri quadri del palazzo a quattro artefici che, secondo noi, nell’arco di dieci settimane sarebbero stati in grado – in piena sicurezza normativa e nel massimo rispetto della loro tutela sanitaria- di poter portare a termine progetti giacenti, inediti. Opere che dialogassero con la domesticità anomala, transitoria, di FuturDome e che erano state rese incomplete dall’isolamento della quarantena, nonché dalla chiusura repentina di ogni attività. Dovevamo lavorare con artisti che gravitassero su Milano e con i quali avremmo voluto creare percorsi monografici, andando oltre il periodo e anche gli approcci della residenza per artista.
Data la particolarità degli ambienti, la relazione delle opere con lo spazio diventa un punto centrale nelle scelte di FuturDome. Come prevedete che gli artisti interagiranno? Pensate più a un mantenimento neutro o a una modifica invasiva degli ambienti domestici?
Silvia Hell, Sara Ravelli, Domenico Antonio Mancini e Fabrizio Perghem hanno simboleggiato, e oggi sono, per noi, quattro modelli di palingenesi del produrre arte e del pensiero messo a confronto con lo spazio. Siamo loro grati per tutti i suggerimenti e le modalità interattive che hanno messo in atto, comprendendo anche una radicale trasformazione del percorso di attraversamento dell’edificio. Ciascuno di loro ha le chiavi dei livelli assegnati ed è libero di disporne come meglio ritiene opportuno.
Grazie, fra gli altri, anche al sostegno di aziende come BenQ e a brand come Marios, siamo riusciti a trovare supporto tecnico e anche economico, per far sì che questi quattro artisti italiani potessero iniziare un vero e proprio contraddittorio con gli ambienti sfidanti. La selezione di Silvia Hell, Sara Ravelli, Domenico Antonio Mancini e Fabrizio Perghem è stata decisa anche in base alla tipologia di progetto e di processo che, attualmente, stanno portando avanti. Silvia Hell ad esempio sta realizzando, negli attici, una proiezione che riproduca un sistema computazionale in grado di misurare una sorta di cromatografia delle fonti luminose; Domenico Antonio Mancini, dal canto suo, sta studiando come restituire uno statuto scultoreo e strutturale allo stato di liminalità delle soglie; Sara Ravelli sta lavorando a una serie di sculture che incarnino fisicità, liberazione e violenza della sottomissione nei confronti dell’amore incondizionato; in ultimo, Fabrizio Perghem sta analizzando l’eco di diversi spazi per incorporare, in un’unica installazione, le numerose stratificazioni dei suoni del palazzo. Come effetto di queste quattro diversissime ricognizioni, sono state occupate differenti aree dell’edificio, tornandolo a vivere, a connotare e ad abitare. Abbiamo dato loro l’opportunità di poter soggiornare e utilizzare qualsiasi parte di FuturDome.
Come avete distribuito i progetti degli artisti tra i vari appartamenti e spazi comuni che compongono il palazzo?
Silvia Hell, Sara Ravelli, Domenico Antonio Mancini e Fabrizio Perghem rappresentano la nostra più profonda capacità di reazione nei confronti dell’assenza di scambi, umani prima di tutto, che ha portato, in periodo di quarantena, ad allontanarci dalla percezione dell’arte nello spazio e del corpo nei confronti della contemporaneità; di quell’urgenza estetica e compositiva che nutre tanto i nostri immaginari quanto il nostro essere nel mondo. In FuturDome abbiamo voluto, prima di tutto, che loro quattro fossero distanziati, per la loro stessa incolumità e per l’autonomia che ogni singolo ambiente conferisce. Ciascuno di loro ha selezionato, durante un sopralluogo, quale contesto si addicesse più correttamente ai suoi studi.
Fabrizio Perghem sta risiedendo nell’ala interna del palazzo, in quattro appartamenti diversi. La sua analisi su come si rapporta il suono, internamente ed esternamente al palazzo, sta evolvendo ogni giorno, ma necessita di volumetrie che instaurino un campo di scambio tra l’acustica della corte e quella trattenuta negli ambienti. Silvia Hell e Sara Ravelli hanno strutturato i loro laboratori negli attici, al quinto piano, perché sono ambienti decisamente più luminosi rispetto alla media e più aperti, meno compartimentati. Domenico Antonio Mancini invece, impegnato in una ricognizione sull’effetto che l’astrazione dimensionale ha nella riproduzione degli ambienti e degli elementi domestici, sta lavorando nella parte più antica del palazzo, nell’appartamento dove risiedevano e si ritrovavano gli ultimi futuristi.
Nella vostra attività di curatela ponete molta attenzione al dialogo diretto con gli artisti. In queste prime settimane di residenza come sta procedendo il vostro confronto con i quattro artisti coinvolti?
L’obiettivo di Summer In, fino al 31 luglio, è di lasciar agire gli artisti senza pressioni, ma attraverso una precisa scansione di incontri esterni che monitori, arricchendolo, il loro operato svolto ogni dieci giorni. Lo spettro dei professionisti che stanno per incontrare dal vivo è ampio: da collezionisti a storici dell’arte, da giornalisti a critici, da ricercatori ad art manager e curatori. Un calendario di visite che restituirà tanto agli studi degli artisti, quanto alle aree espositive che abbiamo dedicato loro, una nuova visione su pratiche, approcci e ricerche. Quel che ci ha colpito, in una sola settimana di apertura a porte chiuse, è stato il riscontro da parte di nuovi visitatori di FuturDome, così come da parte di docenti e di osservatori. Abbiamo dovuto mettere in programma numerosi studio-visit e portfolio-review online. Mentre, sempre in maniera virtuale, siamo intervenuti alle sessioni del Tavolo 3 e del Tavolo 6, all’interno della Chiamata alle Arti del Forum dell’Arte Contemporanea Italiana. Inoltre il 3 giugno ‘avremo con noi’ da Lisbona Pauline Foessel, curatrice e fondatrice di Curator Grid, mentre il 4 giugno saremo ospiti di una lezione virtuale nel corso di Arte Contemporanea al Politecnico di Milano.
Non solamente gli incontri dal vivo, ma anche la possibilità che, tra di loro, gli artisti possano condividere metodologie e pratiche è fondamentale per una più completa e cosciente presentazione del loro lavoro. Inoltre, il nostro obiettivo è anche quello di metterli in contatto con un gruppo coeso di osservatori provenienti da differenti discipline. Di modo da fornire agli artisti nuovi modelli di conoscenza e spunti di riflessioni. Ad esempio la direzione di BenQ Italia ha collaborato con Silvia Hell, per supportarla tecnicamente durante il suo primo studio interamente sviluppato in digitale. Ma siamo in costante ricerca, per applicare diversi ambiti di conoscenza a diversi momenti della loro fase produttiva, per esplorare campi come la scienza legata al paesaggio, la computazione, la progettazione tridimensionale e l’etologia.
Attraverso i social network consentirete di assistere sia all’elaborazione dei quattro progetti, sia alle conversazioni previste con esperti del settore. Che contributo si aspetta da questa serie di incontri?
Claudia Santeroni, Maria Chiara Valacchi, Barbara Casavecchia, Elena Bordignon, Annette Hofmann, Diego Bergamaschi e Mauro Mattei sono sette professionisti che, negli anni, hanno apportato al panorama dell’arte contemporanea italiana e internazionale competenze, conoscenza ed esperienze appartenenti ad ambiti estremamente diversi, seppur comunicanti. Tuttavia la pertinenza comune alle loro visite sarà quella di porre a confronto i quattro artisti con le loro personalità che, in un ‘eremo’ a porte chiuse, saranno messe alla prova. Ciascuno di loro seguirà parametri e visioni che si adatteranno al loro andamento generativo. Ci auguriamo possano guidarli, accrescerli, contraddirli e sorprenderli. Anche in futuro.
La riflessione di FuturDome sull’alternanza tra realtà virtuale e fisica è molto attuale vista l’emergenza sanitaria in corso, come testimonia la vostra attività, a oggi, visibile prevalentemente in digitale. Tuttavia, la vocazione di FuturDome è verso connessioni e partecipazioni fisiche. Nell’ottica del progressivo recupero della fruizione pubblica, prevedete la possibilità di visitare questi lavori a fine residenza?
Ancora non conosciamo quali saranno le scansioni governative che verranno imposte prima di una, più o meno definitiva, uscita dallo stallo emergenziale generato dal Covid-19. Né sembra possibile, ad oggi, prevedere quale andatura potremo mantenere nel seguire gli incontri in calendario con il programma Summer In. Ma non nascondiamo che il 31 luglio ambiremmo ad aprire le porte di FuturDome a chiunque, per mostrare come Silvia Hell, Sara Ravelli, Fabrizio Pergem e Domenico Antonio Mancini hanno lavorato in dieci settimane di residenza. Ogni settimana acquisiamo tutti sempre maggiore familiarità e dimestichezza, tanto con i nostri spazi, quanto con i nostri ospiti esterni; per questo motivo stiamo allestendo anche, negli appartamenti, stanze che mostrano lavori precedentemente realizzati dai quattro artisti. Di modo da contestualizzare i loro percorsi inediti e renderli più consapevoli del continuum che rappresentano.
Oltre alle residenze, affiancate negli anni da esposizioni monografiche, performance e talk, avete progetti per l’evoluzione futura dell’attività di FuturDome?
Stiamo collaborando con ArtLand per una resa virtuale dei nostri spazi. Vorremmo pianificare attività, anche via remoto, con diversi curatori e con una schiera di artisti che potrebbero essere impossibilitati a raggiungerci. Inoltre, paradossalmente, seguendo quasi una tendenza contraria, abbiamo intenzione di votare FuturDome a pratiche e pragmatiche performative più marcate, includendo l’apertura a nuovi rilevamenti e studi sul suono.
Questo contenuto è stato realizzato da Mario Gatti per Forme Uniche.
Silvia Hell, Domenico Antonio Mancini, Fabrizio Perghem, Sara Ravelli
Summer In
A cura di Atto Belloli Ardessi e Ginevra Bria
18 maggio – 31 luglio – FuturDome – Via Giovanni Paisiello 6 – Milano
www.futurdome.org Instagram: futurdome