Il neorealismo, nato negli anni ‘30 del Novecento, si afferma pienamente negli anni della Resistenza, la cui data d’inizio viene fatta generalmente coincidere con l’8 settembre 1943, quando il Generale Badoglio annuncia agli Italiani l’armistizio con l’Intesa e quando i nazisti occupano il nostro paese, dividendolo a metà. La Resistenza, definita “secondo Risorgimento”, porta avanti una rinascita culturale e politica su quelle che erano state le macerie della guerra.
L’intellettuale Pier Paolo Pasolini individua nella Resistenza la nascita dell’Italia, non più terra frammentata, ma terra unitaria in lotta contro il nazifascismo e contro il suo passato fascista.
“Resistenza è primo atto di coscienza critica dal punto di vista politico e ideologico che l’Italia ha avuto di se stessa. L’Italia, fino a quel momento, aveva avuto una storia non unitaria, non una storia di una nazione … storia di insieme di piccoli popoli, di piccole nazioni, a parte la grande divisione tra Nord e Sud … gli ultimi anni poi erano la storia del fascismo, cioè la storia di un’unità aberrante”.
Il Neorealismo come desiderio di ricordare.
La costruzione di una nuova Italia non significò oblio del passato, ma si accompagnò alla necessità e al desiderio di portare testimonianza del passato. A proposito di ciò, la scrittrice Natalia Ginzburg riflette come, dopo la caduta del fascismo, che aveva, per lunghi anni, messo a tacere l’intelletto umano, abolendo ogni libertà di pensiero ed espressione, l’Italia si restituì, con entusiasmo, una voce nuova e autentica:
“Era il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavamo d’essere poeti, e di essere politici; tutti s’immaginavano che si potesse e si dovesse fare poesia di tutto”.
Desiderio di ricordare di cui la stessa Ginzburg si fa portatrice nel suo romanzo del 1963 “Lessico famigliare”.
Ma, il neorealismo fu anche desiderio di denuncia, di condanna, così come ben testimonia il cinema neorealista.
A questo proposito, il regista Roberto Rossellini: “in un cinema che era estremamente formalistico, cioè che dà estrema importanza alla forma e non al contenuto, usare un linguaggio più diretto per dire le cose il più direttamente possibile” e il regista Vittorio De Sica “sono state le passioni a spingerci verso un film vero, ma una verità trasfigurata dal piano della poesia. Ecco, perché il neorealismo è piaciuto alla gente, perché c’era della poesia nella nostra realtà”.
Film principe del cinema neorealista è Roma città aperta, film del 1945 di Rossellini, girato con mezzi di fortuna, negli scantinati e strade di una Roma, da poco libera.
Qui, questo spirito di condanna viene presentato attraverso Don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi, parroco locale, che aiuta perseguitati politici e partigiani, che di fronte alla morte del partigiano Manfredi, lancia un grido contro tutto il male perpetrato sull’umanità dal fascismo e con la sua umiltà, da cui molti avrebbero dovuto prendere insegnamento, chiede perdono a Dio per i peccati degli uomini, di tutti gli uomini, dichiarando: “io sono un sacerdote cattolico e credo che chi combatte per la giustizia e la libertà cammina nelle vie del Signore, e le vie del Signore sono infinite”.
Altra figura importante è Pina, la popolana magistralmente interpretata da Anna Magnani, uccisa da un colpo di pistola nazista, mentre corre dietro la camionetta dei soldati nazisti che hanno appena arrestato quello che sarebbe dovuto essere suo sposo, il partigiano Francesco.
Ricorda la Magnani, in un’intervista, che le donne attorno a lei non avevano bisogno di recitare, perché quelle cose le conoscevano già, quelle angosce già le avevano vissute.
Ma, sono lo sguardo e il pianto di Bruno, figlio di Antonio, protagonista di Ladri di Biciclette , capolavoro cinematografico di Vittorio De Sica del 1948, a spingerci a una riflessione più profonda perché lacrime di un’anima innocente, che di fronte al male sociale non può non rispondere ingenuamente con un pianto.
Il neorealismo ebbe una breve durata: lo sceneggiatore, scrittore e poeta, Cesare Zavattini, in un’intervista del 1966, afferma che il neorealismo non ha sviluppato le sue premesse, non perché queste fossero sbagliate, ma perché coloro che dovevano tirarne le conseguenze non l’hanno saputo fare o non l’hanno voluto fare.
Chi furono costoro? Furono i militanti del Partito Democratico Fascista, che a Milano diedero alle fiamme i cartelloni dei film neorealisti, fu il figlio di Mussolini, Vittorio, che, uscito dalla sala in cui proiettavano Ossessione, film di Luchino Visconti del 1943, esclamò “questa non è l’Italia”, fu l’Italia ancora legata al mito del Duce che non volle accettarsi da sé. Un’Italia che ancora drammaticamente esiste.