Ci sono state tante, troppe polemiche questa settimana in merito alla querelle Ferragni – Uffizi e non mi sembra per nulla interessante aggiungere la mia posizione, assolutamente non richiesta.
Trovo però valida l’occasione per accendere i riflettori sul marketing dell’industria culturale.
Non so quanti di voi, di mestiere, si occupino di comunicazione e social media per la cultura. Se siete tra questi, parlate la mia lingua. E sapete bene quanto è difficile arrivare al pubblico quando si parla di mostre o eventi artistici. Conoscete la resistenza del mezzo, sapete che il vostro contenuto sarà sempre svantaggiato dagli algoritmi in costante cambiamento.
Dunque ricordo, per chi non avesse approfondito la vicenda, che la Ferragni non è stata pagata (così ci è dato sapere) per lo scatto incriminato. Anzi, è la Condé Nast International, editore di Vogue HK, che ha affittato il museo per un redazionale. Quindi, oltre all’incasso da locatore, il museo si è ritrovato anche un post con 36mila like sul profilo ufficiale e ben 600k su quello da 20 milioni di followers dell’influencer.
Ora, quale che sia la reale conversione di quei 600mila ragazzi (o ormai adulti, vista l’età di Chiara) non è dato sapere. Non possiamo che ipotizzare, se e quando qualcuno di loro avrà piacere a visitare il museo (per entrare nel quale ricordo si pagano 20 euro di biglietto e 4 di prenotazione, non solo consigliata ma necessaria).
Questo episodio ricorda quelli della moda a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Da Gucci che agli Uffizi ci ha sfilato dopo il restauro del giardino di Boboli, a Fendi che ha invece adoperato la Fontana di Trevi dopo averla restaurata. Pratiche ben consolidate all’estero: Chanel ha sfilato al Louvre varie volte nel giorno di chiusura del museo negli ultimi quarant’anni.
E ancora, i Della Valle che pagano 25 milioni di euro di tasca propria per il restauro del Colosseo e vengono vessati perché ci fanno dentro una cena privata.
In un anno normale, in Italia vengono oltre 100 milioni di visitatori attratti dall’offerta culturale, che pagano biglietti per musei, gallerie, aree e parchi archeologici. Quest’anno ce li possiamo solamente sognare. E proprio per questo motivo nell’ultimo decreto rilancio di maggio sono stati stanziati 5 miliardi a turismo e cultura. Nel dettaglio, oltre 100 milioni di euro per i musei.
La situazione non è positiva, si perdono migliaia di euro ogni giorno, e la prospettiva futura è totalmente indecifrabile.
Quindi mi chiedo, se per ipotesi un 1% del pubblico della Ferragni che ha messo like al post, quindi circa 6000 persone, decidesse di venire a visitare il museo, parleremmo di un’incasso totale di 144.000 euro.
Così.
Aggratis, come dice Philippe Daverio.
Credo che questa spocchia nei confronti del digitale da parte dell’industria culturale vada messa completamente da parte. Vi ricordo che la Biennale di Venezia fa poco più degli stessi visitatori che faceva a inizio ‘900, quando ci si arrivava in nave o a cavallo.
Cerchiamo di viverli questi musei, di andarci, di fare squadra e non pestarci sempre i piedi tra vicini di casa che non serve a nessuno.
Voi ci siete mai stati agli Uffizi? Dite la verità però…
Un abbraccio a tutti dal caldo della Martesana. Vi aspetto al Motel a settembre. Sempre con un bel rosso di struttura pronto da stappare. Arte e vino non si separano mai.