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La terza opera di Arteparco è una grande scultura da cui rinascerà un albero

Alessandro Pavone - Le Mani, installazione in legno, Ledro Land Art, 2012, ph Massimo Vicentini
Alessandro Pavone – Le Mani, installazione in legno, Ledro Land Art, 2012, ph Massimo Vicentini

La scultura Un tempo è stato di Alessandro Pavone è la terza opera che ARTEPARCO porta al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Al terzo anno di ARTEPARCO il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise inizia a riempirsi di arte contemporanea. L’intento del progetto, del resto, è proprio questo: offrire la possibilità di scoprire in modo inedito le bellezze naturalistiche di uno dei luoghi più incontaminati d’Italia.

Per questo dopo il successo delle prime due opere, Animale – Vegetale (Il Cuore) dell’artista-designer Marcantonio e (specchi angelici) dell’artista Matteo Fato, protagonista della terza edizione di ARTEPARCO è Alessandro Pavone con l’opera Un tempo è stato.

L’artista ha immaginato un’imponente installazione lignea site-specific (5×2 metri circa) raffigurante un tronco di braccio umano, dalla cui mano sembra nascere uno degli affascinanti alberi presenti nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: una riflessione sul legame tra uomo e natura, sulla meraviglia del ciclo della vita, così breve per l’esistenza umana rispetto al mondo naturale.

Un’esistenza che, per quanto estesa, prima o poi vede la sua fine anche nel mondo vegetale. Un tempo è stato vuole infatti evocare proprio l’immagine di un albero giunto al termine del proprio percorso. Un albero che, senza preavviso, abbandona silenziosamente la propria posizione e cade a terra, in un tonfo che si estende per tutto il bosco. Il tronco assume allora, nella trasfigurazione artistica, le sembianze di un braccio umano.

Alessandro Pavone – Un tempo è stato, schizzo

La mano è nella produzione di Pavone un elemento ricorrente, in quanto una delle parti più espressive del corpo umano, ma anche strumento di apprendimento, di conoscenza. Il coinvolgimento del corpo, e in particolare il senso del tatto, è per l’artista indispensabile nel processo di creazione: le mani, per lui, sono gli occhi dello scultore.

Per questa ragione le caratteristiche della mano non sono casuali: i tratti gentili, inoffensivi, distesi come in quieta contemplazione, evocano un idilliaco rapporto tra uomo e natura, costruito sul rispetto; le grandi dimensioni, unite alla postura delle dita che formano un nido, trasmettono un senso di protezione e di antica forza. Tutto questo contribuirà alla crescita della forma di vita che sta nascendo sul palmo della scultura:

Con il tempo la mano si ammorbidirà, le dita si allargheranno per far spazio alla crescita del tronco e lentamente tornerà alla terra. La ciclicità della vita è cosi raccontata. La pace suggerita dall’accettazione serena dell’alternarsi delle stagioni. La cura per la nuova vita. L’empatia dello spettatore con la natura. La rinascita dopo il crollo.

 

Alessandro Pavone

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