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“Fuori i soloni dai musei”, voglio 100 Ferragni. Eike Schmidt rivendica i “suoi” Uffizi

Nardella, de Magistris e Schmidt divertiti con un lupo di Liu Ruowang Nardella, de Magistris e Schmidt divertiti con un lupo di Liu Ruowang
Nardella, de Magistris e Schmidt divertiti con un lupo di Liu Ruowang
Nardella, de Magistris e Schmidt divertiti con un lupo di Liu Ruowang

“La vera banalizzazione è quella di creare una torre d’avorio”. Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt spiega le sue scelte nell’intervista al Corriere della Sera

Ho iniziato una crociata contro i soloni che vogliono calcificare i musei, riservarli a una stretta élite, creare un abisso tra loro, i veri sapienti, e gli altri”. È questo il passaggio centrale dello Schmidt-pensiero, ovvero del quanto mai dibattuto concept museologico del direttore delle Gallerie degli Uffizi. “Negli Usa molti musei non sono riusciti più a parlare con le nuove generazioni e hanno chiuso o sono stati venduti all’asta”, aggiunge il tedesco di Friburgo nell’intervista al Corriere della Sera. “La vera banalizzazione è quella di creare una torre d’avorio. I miei Uffizi sono il museo più bello del mondo ma non saranno mai un santuario”.

Fin qui, nulla da obbiettare. Anzi. Questo approccio incarna la parte migliore della cosiddetta “riforma Franceschini”. Una ridefinizione dell’identità e del ruolo dei musei italiani quanto mai necessaria, ma che l’attuale ministro dei beni culturali ha condotto con altalenante attenzione e senza l’indispensabile sistematicità. Resta meritoria la spinta modernizzatrice. Molto meno lo è la delega finanziaria ai direttori/manager, che ha prodotto e ancora produce mostruosità espositive-comunicative, finalizzate al solo “fare cassa”.

 

Cambio d'abito, ed ecco Chiara Ferragni con Eike Schmidt davanti alla Primavera di Botticelli_opt
Chiara Ferragni con Eike Schmidt davanti alla Primavera di Botticelli

In questo quadro, Schmidt brilla per efficacia della sua azione. Facilitato – va detto – dal guidare un museo che i numeri (e di conseguenza i denari) li fa da sé, alleggerendo il direttore dalle preoccupazioni di bilancio. L’intervistatore evoca l’ineludibile caso-Ferragni: “la vera notizia è che non solo i ragazzi hanno invaso i nostri social a caccia di bellezza e di cultura. Ma in tantissimi hanno acquistato un biglietto per visitare dal vivo il museo”, replica il direttore. “Ecco perché io ho in mente di chiamare altre icone pop, personaggi che sanno parlare ai teenager e apprezzano l’arte più sublime. Ci sono state rockstar che con la loro musica ispirata a brani classici hanno aperto le porte a questo genere di musica a milioni di giovani. Facciamolo anche con le arti figurative”.

Tutto corretto: gli Uffizi non hanno certo bisogno di aumentare un numero di visitatori che già oggi casomai crea problemi per la sua consistenza. Ma l’idea di richiamare al museo e quindi alla sublime arte generazioni altrimenti aliene a queste suggestioni è certamente virtuosa. Semmai il vulcanico Schmidt potrebbe fermarsi un attimo a riflettere sull’opportunità di certe sue uscite, ed anche sui suoi gusti in materia di arte contemporanea. Nessuno ovviamente può sindacare sui gusti personali: ma certo, le sue entusiastiche foto a cavallo dei lupi di Liu Ruowang, o l’aver aperto il Giardino di Boboli alle famigerate “manone” di Lorenzo Quinn, hanno messo un po’ tutti d’accordo…

www.uffizi.it

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