I Volumi di Edoarda Emilia Maino (Dadamaino) non erano falsi. Il fatto non sussite, assolti tutti gli 11 imputati. Assolto l’Archivio. Il procedimento penale era iniziato nel 2014 dal deputato leghista Claudio Borghi (appassionato d’arte) e aveva a oggetto i reati di associazione a delinquere e contraffazione di opere d’arte. Nel caso specifico, si trattava dei lavori appartenenti alla serie dei Volumi, realizzati sul finire degli anni cinquanta.
Breve ricostruzione della vicenda processuale
In data 9 ottobre 2014, l’onorevole Claudio Borghi ha denunciato ai Carabinieri di Monza, Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, l’asserita apparizione sul mercato d’arte milanese di un rilevante numero di quadri della serie dei “Volumi”, attribuiti all’artista Dadamaino.
All’esito di una voluminosa attività di indagine (comportante, tra i vari mezzi di ricerca della prova, lo svolgimento di servizi di pedinamento, l’intercettazione di numerose utenze telefoniche ed indirizzi di posta elettronica e l’espletamento di perquisizioni e sequestri), il Pubblico Ministero ha ritenuto di esercitare l’azione penale per le ipotesi delittuose di contraffazione di opere d’arte e di associazione per delinquere, contestate a noti galleristi oltreché ai membri dell’Archivio Dadamaino.
L’apporto delle fonti tecniche ha costituito parte centrale nell’ambito del processo. Invero, i dipinti sequestrati nel corso delle indagini sono stati sottoposti, da un lato, al vaglio delle Consulenti Tecniche del Pubblico Ministero e, dall’altro, all’esame degli Esperti nominati dalle Difese dell’Archivio e del prof. Gualdoni, ai fini della verifica dell’autenticità. Peraltro, soltanto un numero esiguo delle opere considerate non autentiche da parte delle Consulenti Tecniche dell’Accusa è risultato archiviato. In ogni caso, in relazione a tali opere, le conclusioni dei Consulenti della Difesa non hanno ravvisato alcun elemento contrario all’archiviazione, confermando il corretto operato dell’Archivio.
A seguito di una lunga e completa istruttoria durata circa due anni, il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, ha escluso qualsiasi coefficiente di responsabilità in capo all’Archivio ed ai propri componenti, assolvendo gli imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”. Soltanto con il deposito delle motivazioni potremo conoscere il percorso argomentativo seguito dal Tribunale per ritenere infondata l’ipotesi accusatoria.