Per la prima volta in Italia un libro mette al centro dell’attenzione la figura di Jeanne Hébuterne, la sfortunata compagna del grande artista, morta suicida a 22 anni
Quanto è difficile essere la compagna (o il compagno) di un personaggio celebre, specie quando si opera nel suo stesso ambito? Riuscire a far valere le proprie forze, schivando l’inevitabile influenza di identità spesso forti e pervadenti? Il tema è dibattuto, e antico quando l’uomo: e peraltro si allarga ai “figli di…”, ai fratelli di…”. A dirimere la questione, non è di molto aiuto la vicenda di Jeanne Hébuterne: anche se i presupposti ricorrono, quasi paradigmatici. Promettente artista, lei fu l’ultima compagna di un gigante come Amedeo Modigliani. Ma la sua esistenza fu troppo breve per fornire indicazioni utili alla tematica posta. Morì, infatti, a soli 22 anni, suicida, due giorni dopo – non uno, come pare abbiano appurato gli studi più recenti – la morte dell’artista livornese.
Una figura quindi irrisolta, fino ad oggi citata pressoché univocamente in associazione a quella dell’altrettanto sfortunato compagno, anche lui scomparso giovanissimo, 35 anni. Ma che al contrario merita di essere indagata, in primis per rivalutarne il lato umano. Troppo spesso evocato a servire la vulgata del Modigliani “maledetto”, utile ad accrescerne la celebrità ed anche – in diversi momenti, con diverse modalità – le quotazioni. Ma alquanto lontana dalla verità storica: che contempla molte, troppe sfaccettature dell’esistenza di Modigliani finora messe in secondo piano, quando non artatamente ignorate. E non è più rimandabile anche un’analisi dell’ancorché fulminea parabola artistica di Jeanne Hébuterne. 3, forse 4 anni, pochissimi, ma già sufficienti per delineare una vocazione forte e seguita con determinazione, anche con sofferenza.
Nella speranza che non tardi ad arrivare una ben fatta mostra, ad iniziare a squarciare questo coprente velo provvede ora questo bel libro di Grazia Pulvirenti, saggista e studiosa del legame tra arte e letteratura, che ha il grande merito – per la prima volta, in Italia – di mettere Jeanne al centro dell’attenzione, a narrare in prima persona un momento magico per l’arte del novecento. Intessuto però spesso di drammi umani e di sofferenze malamente nascoste sotto le pennellate di tanti capolavori. Non dipingerai i miei occhi. Storia intima di e Amedeo Modigliani: il titolo del libro – uscito per Editoriale Jouvence (gruppo Mimesis) – non può non ammiccare al totalizzante rapporto della giovane con “Modì”. Ma la lettura si svela via via ricca di aneddoti nuovi anche perché proposti da un punto di vista nuovo.
Presentando anche personaggi spesso trascurati se non esclusi dall’ampia letteratura modiglian-hébuternesca: come l’amica di infanzia e compagna di studi Germaine, soprannominata nell’ambiente “haricot rouge”, quando Jeanne era per tutti “noix de coco”. O come Chana Orloff, scultrice russa-israeliana, animatrice di tante serate a Montparnasse, per alcuni – ma qui le versioni sono diverse – personaggio chiave nell’incontro fra Jeanne ed Amedeo. Il libro della Pulvirenti in realtà sposa una storia alternativa: che serve anche a tratteggiare gli esordi della ragazza nell’ambiente artistico. Frequentatrice dei ritrovi in voga a Montparnasse, da La Rotonde al Dôme, e di quella Académie Colarossi seguita anche da Modigliani, che – artista già affermato – si accorge di lei chiedendo di vedere i suoi lavori e poi di ritrarla.
Trascuriamo di soffermarci qui sulle ampie sezioni del libro dedicate a Jeanne Hébuterne compagna fedele e infelice fino all’estremo sacrificio. Al suo amore incondizionato riportato entro i corretti termini, dopo tante, troppe distorsioni “romantiche”: su tutte quella del disgraziato film “I colori dell’anima”, del 2004, una collezione di falsi storici tale da turbare anche l’osservatore meno attento e consapevole dei fatti malamente narrati. Da non perdere restano le pagine dedicate alla formazione dell’artista Jeanne Hébuterne: una vocazione forte anche perché nata contrastata, con una famiglia rigidamente conservatrice e bigotta cieca alle ambizioni della figlia ed ostinatamente avversa alla sua relazione con Modigliani e a tutto l’ambiente artistico.
È difficile parlare di una “grande artista”: troppo breve il periodo considerato, con un talento spiccato ma acerbo. E con un grande personaggio con il quale confrontarsi continuamente, ed un’influenza che sarebbe fuorviante negare. L’autrice del libro prova ad individuare – non del tutto a torto – “un suo personalissimo tratto pittorico, che vira al fauvismo e all’espressionismo e che non disdegna il paesaggio, contrariamente a Modì che si dedicherà prevalentemente alle figure umane”. Resta nell’aria il topos romantico degli occhi, citato fin dal titolo. Perché in moltissimi ritratti – di Jeanne e di altri, come Lunia Czechovska – sono solo macchie di colore indefinite? “Quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi”, sono le parole messe in bocca all’artista. Vere o romanzate?
www.jouvence.it/catalogo/non-dipingerai-i-miei-occhi/
Massimo Mattioli