Tra terra e mare, tra fotografia e scultura. Due grandi sculture site-specific, frutto dell’ultima fase di ricerca di Giacomo Jack Braglia (Lugano, 1995), accompagnate alle Twin Bottles realizzate dall’artista ticinese in collaborazione con Helidon Xhixha. Un poker d’arte che si dipana per il museo a cielo aperto, senza soffitto, di Forte dei Marmi in questa insolita estate 2020 (fino al 20 settembre). Arte che vuole far riflettere, sculture che vogliono sensibilizzare l’umanità intera, dall’inquinamento globale alla migrazione dei popoli, raccontando le contraddizioni del nostro tempo. Una narrazione costellata di immagini e medium diversi che trova il suo epicentro nella salvaguardia dell’ambiente. Una ricerca tradotta attraverso un’indagine analitica sulla materia, sui materiali e le proprie tecniche peculiari. Dialoghi materici e relazioni visive (tessute con la curatela di Beatrice Audrito) che si condensano in Conversations with a Changing World. E dalle “Conversazioni” cominciamo la nostra intervista.
Una doppia Conversazione. Con un mondo che cambia in senso lato, e tra due medium (fotografia e scultura) in senso stretto. Che “dialoghi” emergono nella tua opera e in mostra?
Utilizzo la fotografia come strumento per dialogare ed aprire conversazioni con il mondo esterno. Le mie mostre si chiamano “Conversation” perché ogni scatto deve stimolare una conversazione tra il fotografo e l’osservatore. Il pubblico guarda, prova a capire, cerca di attraversare il mio obiettivo per arrivare al mio occhio, a quello che ho visto io. Poi fa la strada a ritroso, esce dal mio obiettivo (e dal mio occhio), e prova a guardare con lo sguardo proprio. Il dialogo è aperto.
Come nasce il lavoro esposto nel lungomare di Forte dei Marmi? Dove sono state scattate le fotografie e quando è scattata la scintilla per dare vita alle opere scultoree?
Il progetto Conversations with a Changing World è nato in questi anni di viaggio scattando fotografie in giro per il mondo. Visitando Paesi in cui la natura è costantemente violentata, mi sono appassionato al tema dell’inquinamento. Molte fotografie di centrali e fabbriche abbandonate le ho scattate a Londra, dove vivo, altre in giro per l’Italia, dove ho incontrato spiagge bellissime sommerse di rifiuti e di plastica che distruggono i nostri mari. Le mie sculture sono un monito, un grido di aiuto per salvare questo bellissimo paese e la Terra.
L’idea di trasformare delle fotografie in opere scultoree è nata nel 2017, quando ho avuto l’opportunità di fare una mostra nella galleria Contini a Londra. Ho pensato di utilizzare la fotografia per dare un’idea di anima e corpo, trasformando le immagini da bidimensionali a tridimensionali grazie a supporti in gesso, acciaio e alluminio. Un’operazione tecnica che mi permette di costruire anche un ponte tra l’arte contemporanea e l’arte classica come quella dell’antica Grecia.
Materializzare dei luoghi, dei fenomeni, delle situazioni. Qual è il messaggio che vuoi comunicare con le tue opere al Forte? Raccontaci anche del progetto col Centro di recupero di Manfredonia.
A Forte dei Marmi sono esposte tre sculture monumentali. Con questa mostra voglio dimostrare che il nostro mondo sta cambiando: stiamo distruggendo il nostro pianeta, un pezzo di plastica alla volta. Se continuiamo così, arriveremo ad un punto di non ritorno, non si potrà più rimediare. Con le mie opere cerco di sensibilizzare il pubblico al tema della salvaguardia ambientale, un tema importante oggi di grande attualità.
Per questo motivo nel 2019, insieme all’artista Helidon Xhixha, è nata l’installazione The Twin Bottles. Message in a Bottle, esposta sul lungomare di Forte dei Marmi. Due bottiglie giganti per porre l’attenzione proprio sul pericolo dell’inquinamento dei mari a causa della dispersione della plastica. In questa occasione abbiamo deciso di fare una donazione a Legambiente, che si occupa della cura e della salvaguardia delle tartarughe marine, sostenendo il Centro di recupero di Manfredonia adottando centocinquanta tartarughe marine, e poi liberandone due esemplari guariti a Manfredonia. Una delle esperienze più importanti della mia vita.
Come hai indagato le potenzialità della fotografia in questi anni di ricerca? Che tecnica hai messo a punto per applicare la pellicola fotografica all’installazione? Dove ti vorrai spingere in futuro?
La fotografia è percepita come un’immagine che riflette quello che il fotografo ha visto, osservata sempre in una forma bidimensionale. In questi anni di ricerca ho cercato di trasformarla, dando corpo alla fotografia tradizionale per farle conquistare la terza dimensione. Una soluzione tecnica ed estetica nuova per dare alla fotografia un senso di anima e corpo.
La tecnica che utilizzo per applicare la pellicola fotografica ai vari supporti di gesso e acciaio si chiama wrapping, una tecnica usata anche per rivestire le automobili. In futuro mi piacerebbe molto sperimentare l’utilizzo di nuovi materiali con cui lavorare e modellare le mie fotografie, per creare nuovi dialoghi con l’immagine.
Prossimi progetti.
A Ottobre il progetto Conversations with a Changing World approderà a Lugano (Svizzera), dove si arricchirà di quattro opere inedite che parleranno ancora di inquinamento da nuove prospettive, con la curatela di Beatrice Audrito. Invece nel 2021 l’installazione The Twin Bottles. Message in a Bottle farà parte di una mostra a cielo aperto a Bad Ragaz (Svizzera). Il mio obiettivo futuro è continuare a scattare, creare e progettare mostre capaci di parlare di tematiche sempre più attuali.