L’arte degli emaki giapponesi spiegata in un libro, il potere delle narrazione tramite immagini
Con Per un’introduzine sugli Emaki (edizioni Mimesis) Marco Milone fa ordine in una pagina importante della storia dell’arte giapponese su cui esiste a oggi scarsissima letteratura. Il libro risulta ottimo per inoltrarsi nel mondo affascinante e complesso degli emaki che nel corso della storia del Giappone hanno rivestito un ruolo d’importanza centrale, riuscendo a rappresentare – secolo dopo secolo – gli umori, i cambiamenti e i fermenti della cultura giapponese.
L’Emanikomo, spesso chiamato semplicemente emaki, è un’opera d’arte con funzione prettamente narrativa – illustrata in orizzontale tramite immagini pittoriche – che si è sviluppata tra l’undicesimo e il sedicesimo secolo in Giappone. Questa particolare forma d’arte unisce il testo e le immagini (disegnate, dipinte o stampate) su un lungo rotolo orizzontale di carta (o, talvolta, di seta).
In origine, la tradizione del rotolo orizzontale nasce in India e successimante arriva in Giappone tramite la Cina nel sesto secolo assieme al Buddismo, di cui i rotoli sono un ottima forma di propaganda. I primi emaki quindi risultano fortemente influenzati dall’estetica e dall’arte cinese, in seguito – a partire dell’epoca Heian (794 – 1185) – gli artisti si dissociano da quelli cinesi, in particola modo per quanto riguarda i temi e le storie narrate. Gli emaki cinesi avevano difatti il compito di illustrare i valori spirituali e filosofici del buddismo, quelli giapponesi invece si concentrano sulla vita quotidiana delle persone, raccontando storie piene di eroismo, drammi, romanticismo e umorismo. Uno sviluppo che trova la sua origine in funzione della corte imperiale di Heian (l’antica Kyōto) che prediligeva reppresentazioni emotive e romantiche di carattere profano.
>> Caratteristicha principale dell’emaki è la sua funzione narrativa, le opere – sempre in rotolo – che costituiscono raccolte di paesaggi o altre scene di carattere prettamente contemplativo quindi non ne fanno parte. L’emaki è un sistema narrativo che richiede la costruzione di una storia attraverso immagini, quindi tutta la realizzasione si basa sulle transizioni da una scena all’altra, fino ad arrivare alla risoluzione finale del racconto.
I formati degli emaki sono variabili, sia per altezza che per lunghezza, e possono essere composti da uno o più rotoli: il più lungo è composto da 48 rotoli, per una lunghezza totale quasi 500 metri. Lo stile è quello che caratterizza l’arte giapponese: tinte piatte, forme stilizzate, niente ombreggiature e ampi spazi vuoti.
Per realizzare queste opere d’arte venivano impiegati colori di origine minerale (azzurrite per il blue, cinabro per il rosso, malachite per il verde, etc.) e di origine vegetale mescolati con la china. Nei più preziosi venivano usate anche la polvere d’oro e quella d’argento. Per evitare crepre o altri danni alla superficie pittorica, visto che il destino dell’opera – di carta o seta – era quello di essere arrotolata, i colori venivano stesi in velature sottili.
L’autore realizza uno studio accurato, dettagliato e accessibile, facendo chiarezza sulla storia di una forma d’arte che si fa narrazione. Il libro affronta in tre brevi capitoli introduttivi le caratteristiche di questi manufatti (Funzione e produzione, Storia, Tecniche e stili) per poi analazzire un ricchissimo campionario di opere divise per epoche, dal Periodo Nara (il più antico, 710 – 784) al Periodo Meiji (il più recente, 1852 – 1912).
Nel corso di questa ricognizione scopriamo così come e perché l’arte degli emaki si è evuluta ed è cambiata col passare dei secoli, imperatore dopo imperatore. Il periodo Heian viene considerato quello di maggiore splendore, i rapporti con la Cina si fanno più labili e matura un gusto nazionale grazie alle spinte culturali della corte imperiale. Lo sviluppo della letteratura giapponese diventa poi in quegli anni un sopporto fondamentale per la fortuna degli emaki, che hanno nel periodo Kamamura (1185-1333) il loro picco produttivo e creativo. Alla fine di quest’epoca – in cui troviamo una particolare ricchezza di temi e tecniche – gli artisti sembrano già essere meno ispirati, prevale un manierismo tecnico e l’aspetto creativo passa in secondo piano.