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Responsabilità sociale e cattive abitudini umane. GGT, l’outsider dell’arte contemporanea

A Milano, nella periferia nord, nello storico quartiere Affori, antico borgo accorpato alla città nel 1923 a seguito dell’esplosione demografica dovuta alla crescente industrializzazione, dove persiste ancora un’anima di quartiere con ampio senso di aggregazione partecipativa, prosegue la sua attività l’Osteria del biliardo, una vecchia trattoria popolare che offre pietanze e ristoro ad una clientela non solo di vicinato locale.

Al suo interno sono esposte le opere di GGT, appese come estensione dello studio di Gigi Tarantola situato poco distante ma anche l’unica raccolta in stile museale di Arte Urbana, sempre aperta al pubblico in città. Classe 1970, nato e cresciuto a Milano.

Lo incontriamo nel suo studio, all’interno di un fabbricato costruito e gestito da una cooperativa, sistema di organizzazione abitativa molto diffuso nella zona. Nelle due stanze al piano terra tutto il mondo creativo di un artista considerato un outsider.


Perché sei considerato un outsider?

Nel mondo dell’arte contemporanea sono considerato un outsider semplicemente perché sono fuori dal mercato istituzionale. Sono poco appetibile per le gallerie… da oltre 20 anni lavoro come indipendente e non ho un coefficiente. Decido io il valore di una mia opera e non il mercato. Inoltre in un momento storico dove la Street Art si impone a gran voce come business, io sono un outsider anche rispetto a questa corrente, dato che lavoro in studio e ho fatto pochissime cose in strada. 


Tu ti consideri tale?
Più che altro mi considero artisticamente libero e indipendente. Cerco di non seguire una corrente e tendo a perfezionare il mio stile e il mio modo di comunicare in modo che siano assolutamente personali.

Cosa vuoi rappresentare con la tua arte?
Tendo a rappresentare l’attitudine del genere umano e il suo impatto sul pianeta in maniera sintetica e d’impatto. Il mio interesse è comunicare concetti complessi in pochi tratti e di immediata fruizione. Nelle mie opere il livello di lettura è molteplice: il primo impatto è allegro e colorato, ma se la soglia di attenzione supera i canonici 2 secondi allora ci si troverà a riflettere in maniera un po’ meno superficiale circa il tema proposto dal soggetto dell’opera.

L’effetto delle tue opere sembra molto giocoso e ironico con un tratto infantile che sintetizza in pochi tratti concetti importanti. Che temi e concetti intendi comunicare?
Cerco di far riflettere l’osservatore su macro temi parte dell’attualità; come il rapporto con il pianeta, la migrazione delle persone, la disparità sociale, l’assuefazione per la tecnologia ecc.. Non mi interessa prendere una posizione o dare slogan o giudizi, ma cerco di lasciare la lettura aperta a molteplici significati a seconda dell’interpretazione dell’osservatore.


Ti senti una responsabilità sociale?
Viviamo un momento storico drammatico, e penso sia mio dovere di artista comunicare qualcosa e non solo fare esercizi di stile. Insomma cerco di far riflettere con leggerezza su temi anche importanti.

Come nascono i tuoi personaggi? Come nasce l’idea di quello che devi rappresentare?
Paradossalmente impiego più tempo a decidere cosa realizzare che a dipingerlo. Faccio mille schizzi sia su carta che in digitale fino a quando non trovo la sintesi e l’equilibrio a mio parere perfetto tra segno e significato. Con uno stile “semplice e infantile” come il mio anche una linea di troppo rovinerebbe l’equilibrio dell’opera. 



Il personaggio che rappresenti ha un significato particolare?
Il mio personaggio principale è appunto un essere umano, senza definizione etnica o di genere, proprio perché voglio che rappresenti l’attitudine umana nel suo insieme, nel bene e nel male con tutte le sue contraddizioni e manie. Idealmente è l’omino dei geroglifici che osserveremo nel futuro, un simbolo universale che rappresenta l’uomo.

Che tecnica usi?
Principalmente acrilico su qualunque supporto trovo interessante. Sono partito dipingendo su tela e negli anni mi sono reso conto che qualunque supporto si può prestare al mio stile, per esempio recuperare vecchie cornici o vecchi cartelli stradali oppure oggetti per dipingerci sopra mi dà molta soddisfazione. In un recente lavoro ho dipinto sugli schermi di vecchi videogiochi e di flipper non più in uso che ho trovato nei vari mercatini di zona.

Pezzi unici o multipli?
Non mi pongo il problema del pezzo unico, quando un soggetto mi piace tendo a riproporlo. I prezzi delle mie opere sono assolutamente abbordabili da chiunque, e proprio in funzione di questo mi sento libero di rifare soggetti a me cari anche più volte. Probabilmente se vendessi un’opera a varie migliaia di euro eviterei di riproporla, più che altro per correttezza verso chi ha investito tanti soldi cercando un pezzo unico.

Chi sono i tuoi collezionisti?
Persone sicure dei propri gusti che apprezzano la mia opera in quanto tale, sicuramente non nell’ottica di fare un ‘buon investimento’. Il mio collezionista ideale è chi si è innamorato di una mia opera semplicemente trovandosela davanti e osservandola, senza neanche conoscerne l’autore. Spesso è proprio in questo modo che ho venduto miei pezzi.

Con quale altri artisti ti senti affine?
Se guardo alla storia dell’arte recente sicuramente mi hanno influenzato molto mostri sacri come Haring o il Professor Bad Trip. Mi piacciono in generale artisti che propongono una visione fresca e personale, senza volersi infilare in correnti o tendenze del momento.

Riesci a vivere di questo lavoro?
Sicuramente vivo della mia arte, ma non coincide sempre con la vendita di opere. Spesso è la collaborazione e la consulenza artistica con aziende a far quadrare i conti.

Ci racconti della collezione di opere che esponi all’Osteria del Biliardo?

L’Osteria del Biliardo è la mia galleria ideale, è un posto speciale che adoro.  Mi piace il contrasto tra le mie opere e l’atmosfera della vecchia Milano che è ancora impregnata nei muri e negli arredi del posto.

Ormai sono 8 anni che l’osteria ospita le mie opere; nella sala principale ogni anno propongo i miei nuovi lavori mentre nella seconda sala è allestita una permanente con una decina di grandi opere ognuna realizzata in collaborazione con un diverso artista.

Vado molto fiero di queste collaborazioni (datate tra il 2010 e il 2013) perché in qualche modo oltre a testimoniare un rapporto di stima e amicizia reciproca tra diversi artisti, fermano anche un momento storico importante a Milano, prima dell’esplosione della Street Art.

Chi sono gli autori coi quali hai condiviso le opere esposte all’Osteria?
2501+unz, Bo130+microbo, Ozmo, Noce, Santy + el gato chimney, Zibe, Erics, Pao, Abbominevole, Sea Creative, The show must (Rastea+Esa+katufus).

 

www.ggt.it

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