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L’arte contemporanea invade i palazzi medievali di Rimini. Ecco PART, un grande nuovo sito museale

PART, Allestimento
PART, Palazzi dell’Arte Rimini, Piazza Cavour 26

Rimini 1300. Il passaggio di Giotto nella città romagnola aiuta la fioritura di una vasta schiera di artisti, miniatori, pittori, frescanti che lavorano in tutta la Romagna, Marche, Veneto, Dalmazia. Grazie alle relazioni con la chiesa d’Oriente, gli artisti del Trecento riminese traggono caratteri poetici e spirituali inediti.

Le novità di Giotto si uniscono alle più arcaiche iconografie bizantine, creando una cifra stilistica del tutto innovativa, piena di contrasti e carica di sentimenti. Nasce una stagione pittorica di altissimo livello che guarda a Giotto ma che genera peculiari caratteri stilistici che fanno di Rimini un centro produttivo e culturale di alto livello, considerato epicentro della più importante espressione pittorica trecentesca dopo quella fiorentina e senese.

Rimini 2020. Inaugura PART (Palazzi dell’Arte Rimini), un progetto a metà fra il pubblico e il privato. I pubblici palazzi comunali medievali dell’Arengo (del 1200) e del Podestà (del 1300) che si affacciano sul cuore della città – Piazza Cavour – e la privata grande collezione d’arte contemporanea, possibile grazie alle donazioni di collezionisti privati, galleristi e artisti contemporanei italiani e internazionali, sotto il nome di Collezione della Fondazione San Patrignano.

PART, Allestimento
Nasce una nuova stagione per il capoluogo romagnolo. Non solo “Rimini, bandiere e gelati”, per dirla con le parole di Fabrizio De Andrè, ma Rimini come Polo Culturale nazionale, in cui PART assume il ruolo di museo dalla forte identità cittadina. “L’arte diviene parte di una comunità, intesa – come afferma il sindaco Andrea Gnassi – come leva di un riscatto personale per chi inciampa nella vita”.

Si, perché PART è un progetto di riqualificazione artistico-culturale della città che nasce dalla volontà del Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, del sindaco della città e della co-fondatrice della Fondazione San Patrignano Letizia Moratti. La collezione museale è il risultato di un progetto di endowment, ovvero opere donate alla Fondazione San Patrignano con atti che impegnano quest’ultima a non alienare le opere d’arte, per un periodo minimo di 5 anni, contribuendo così alla loro messa in valore, rendendole fruibili al pubblico e cedibili, in caso di necessità della comunità, per la costruzione di laboratori, acquisto di attrezzature e strumenti utili al percorso di recupero degli ospiti dalla tossicodipendenza.

Luca Pignatelli, Persepoli, 2017

“La sofferenza passa, la bellezza rimane” (Pierre-Auguste Renoir, 1841-1919). Bellezza come cura dell’anima, come riscatto sociale, come dignità. Perché San Patrignano è una comunità storica (1978) fatta di artigiani. Secondo Letizia Moratti il significato della collezione segue molteplici fili rossi, fra cui il dono, il disagio, criticità vissuta dai ragazzi di San Patrignano e che Giovanni Iudice (Gela, 1970) racconta attraverso l’opera “Le stelle del mare” (2019), in cui è evidenziata la condizione di drammaticità dei migranti che non hanno voce. Il dialogo, inizialmente difficoltoso per i ragazzi che arrivano in comunità e ben espresso nelle opere di Luca Pignatelli “Persepoli” (2014) e Vanessa Beecroft (Genova, 1969) “VBSS.002” (2006-2018), in cui l’artista, proprio come la Comunità di San Patrignano, allatta figli non suoi.

Vanessa Beecroft, VBSS.002, 2006-2018

La raccolta è oggi una ricca collezione contemporanea che riunisce artisti di grande valore come Mario Airò, Vanessa Beecroft, Pier Paolo Calzolari, Jake e Dinos Chapman, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Damien Hirst, Emilio Isgrò, William Kentridge, Igor Mitoraj, Mimmo Paladino, Achille Perilli, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano, Julian Schnabel, Ettore Spalletti, solo per citarne alcuni. PART ospita anche un’opera site-specific dell’artista David Tremlett, realizzata con l’aiuto dei ragazzi della comunità. Le architetture medioevali dei palazzi entrano in dialogo aperto con le opere d’arte contemporanea ospitate nelle splendide sale restaurate dallo Studio AR.CH.IT guidato da Luca Cipelletti.

Giovanni e Giuliano da Rimini, Giudizio Universale, 1310

Oltre alle opere d’arte contemporanea, il museo custodisce il Giudizio Universale (1310), un grande affresco frutto di maestranze guidate dai pittori Giovanni e Giuliano da Rimini. La sfida insita nel progetto dunque, è stata anche quella di trovare una sintesi tra la valorizzazione di due importanti palazzi medievali e l’esposizione di una collezione d’arte contemporanea.

Clarice Pecori Giraldi, responsabile del coordinamento curatoriale della Collezione San Patrignano, pone l’attenzione su (apparenti) invisibili dialoghi all’interno della collezione, segnalando la silenziosa pittura meditativa di Agnes Martin (Canada, 1912) che risponde, nei toni, ai colori dei rosei angeli del Giudizio Universale. Quest’ultimo, accolto in una quinta posta in diagonale, taglia l’intera sala creando un cannocchiale prospettico che confluisce nell’autoritratto “Tra specchio e tela” (1988) di Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), opera agli albori del selfie.

Michelangelo Pistoletto, Tra specchio e tela, 1988

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