A 70 anni dalla pubblicazione di Una diga sul Pacifico, romanzo che rivela il talento di Marguerite Duras al grande pubblico, un documentario rilegge le pagine buie della presenza francese in Indocina, tra asservimento e prostituzione. Su Arte in italiano.
Nel 1950 Marguerite Duras (Saigon, 1914 – Parigi, 1996) è in lizza per il Premio Goncourt con il suo terzo romanzo Un barrage contre le Pacifique (Una diga sul Pacifico). L’opera, appartenente al filone dell’autofiction, racconta i luoghi d’origine della scrittrice e la sua adolescenza trascorsa nell’ex Indocina francese, colonia che riuniva il Tonchino, l’Annam, la Cocincina (regioni che costituiscono l’odierno Vietnam), il Laos, la Cambogia e l’enclave di Kwangchowan in Cina. È un’epoca della vita di cui l’autrice non smetterà mai di scrivere e riscrivere, prima ne L’amant e poi in L’amant de la Chine du Nord. Tuttavia, quali le possibilità di aggiudicarsi un premio nazionale così importante per un romanzo che denuncia l’orrore e l’ingiustizia del sistema colonialista proprio nel momento in cui la Francia porta avanti una guerra in Indocina? L’opera, considerata anti-patriottica, oltre ad essere scartata scava un solco tra Marguerite Duras e l’élite letteraria. Tuttavia ne rivela il talento al grande pubblico, tanto che nel 1957 sarà adattata da René Clément in La diga sul Pacifico, che vede Silvana Mangano nel ruolo della protagonista.
“Tutta la colonia, tutto il letamaio delle colonie sono io. È ovvio, ci sono nata”. Così racconta Marguerite Duras in una delle interviste che compongono il film documentario Pornotropic di Nathalie Masduraud e Valérie Urrea, disponibile su Arte in italiano fino al 14 gennaio 2021. Quella che appariva come “la perla dell’Impero”, terra di benessere e prosperità, celava invece una realtà fatta di razzismo, umiliazione e sfruttamento della prostituzione.