Artemisia è la prima mostra dedicata all’arista italiana nel Regno Unito. A organizzarla è la National Gallery di Londra, dal 3 ottobre fino al 24 gennaio 2021.
Artemisia Gentileschi è stata una delle pittrici più importanti in un’epoca, il diciassettesimo secolo, in cui le donne faticavano ad affermarsi come artiste. Nell’arco della sua carriera, durata più di 45 anni, Artemisia è stata in grado di distinguersi dai colleghi uomini e di conquistare popolarità e commissioni tra Roma, Firenze, Venezia, Napoli e Londra.
La mostra Artemisia, curata da Letizia Treves presso la National Gallery di Londra, è la prima esposizione nel Regno Unito dedicata a questa formidabile artista. In essa diversi capolavori provenienti da vari musei e collezioni offrono una panoramica sulla vita e carriera di Artemisia e mettono in luce tutto il suo talento e la sua abilità di narratrice.
Nata a Roma nel 1593, Artemisia cresce a contatto con l’arte. Il padre, Orazio Gentileschi, è infatti un pittore affermato ed insegna a lei e a tre dei suoi fratelli a dipingere. Artemisia è sicuramente la più dotata e questo si può constatare da una delle prime opere che si vedono in questa mostra, Susanna e i vecchioni, un dipinto realizzato da adolescente quando Artemisia ancora lavora presso la bottega del padre e che molte volte, nonostante la presenza della firma, è stato ritenuto opera di Orazio.
All’età di diciassette anni Artemisia viene violentata dal pittore Agostino Tassi. A questa violenza segue un lungo processo durante il quale è costretta a giurare quanto successo sotto tortura. In seguito alla violenza subita Artemisia sceglie di recarsi a Firenze per lasciarsi il passato alle spalle ed iniziare la sua carriera da professionista. Prima donna ad accedere all’Accademia delle Arti e del Disegno, Artemisia comincia in seguito a lavorare per la famiglia De Medici, che all’epoca governa la città, e conosce illustri esponenti della corte. È in questo periodo che realizza una delle sue opere più conosciute, Giuditta che taglia la testa ad Oloferne. In questa mostra londinese sono esposte l’una di fianco all’altra due versioni dell’opera, provenienti una dal Museo di Capodimonte di Napoli e l’altra dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze. I due dipinti occupano un’intera parete e catturano l’attenzione del visitatore con la loro forza e brutalità. Giuditta è ritratta nel momento dell’azione; le maniche della veste arrotolate sulle braccia, con la mano sinistra tiene saldamente Oloferne per i capelli mentre con l’altra brandisce con fermezza la spada e attacca la sua vittima.
Camminando per le sale di questa esposizione appare fin da subito evidente l’attenzione riservata ai personaggi femminili. Le donne nelle opere di Artemisia Gentileschi, sia eroine bibliche come Giuditta che della storia antica come Cleopatra, sono il soggetto principale. Esse vengono rappresentate con realismo, forza e sensibilità. Sono in grado di catturare lo spettatore e sembrano vive e quasi pronte ad uscire dalla tela in cui si trovano. Oltre alla potenza dell’immagine e della narrazione sicuramente queste opere colpiscono anche per la tecnica con cui sono state eseguite. In ogni dipinto la luce è importante e va ad evidenziare le espressioni facciali dei vari personaggi, l’elaborato panneggio delle vesti, i colori brillanti ed i più piccoli dettagli, come le gocce di sangue sulla spada di Giuditta nell’opera Giuditta e la sua ancella proveniente dall’Istituto di Arti di Detroit.
Artemisia rimane a Firenze sette anni prima di tornare a Roma verso l’inizio del 1620. Ormai affermata e conosciuta, l’artista frequenta circoli internazionali dove ha modo di conoscere pittori, intellettuali e collezionisti. Un’opera realizzata in questo periodo e presente in questa mostra è il ritratto di una donna di cui non si conosce l’identità. Essa sta in piedi e, mentre con una mano tiene un ventaglio di piume e con l’altra un giro di perle, sceglie di non guardarci e di rivolgere la sua attenzione altrove. È un’immagine di donna differente rispetto a quelle femminili risalenti a quest’epoca. Questa donna nella sua posa sicura sembra quasi un condottiero e trasmette un’idea di sicurezza e grande forza interiore.
Dopo un breve soggiorno a Venezia Artemisia giunge a Napoli. Nella città partenopea l’artista apre una sua bottega e oltre ad eseguire opere per committenti privati riceve anche le prime commissioni pubbliche che le danno la possibilità di lavorare su larga scala e di collaborare con altri artisti. Il suo repertorio, che continua a comprendere temi classici e biblici, si amplia e comincia ad includere anche tematiche legate alla letteratura e alle allegorie.
All’età di quarantacinque anni Artemisia si reca a Londra dove suo padre, Orazio Gentileschi, vive da più di dieci anni e lavora come pittore presso la corte di Carlo I. Durante il soggiorno londinese Artemisia realizza un’opera rappresentante una donna di fronte al cavalletto, in una posa dinamica, intenta a dipingere. Si tratta di un’allegoria della pittura e al tempo stesso di un autoritratto simbolico dell’artista. L’opera, appartenente alla collezione della regina Elisabetta II, è visibile nell’ultima sala della mostra. Artemisia non si trattiene a Londra per molto tempo; dopo qualche mese decide di fare ritorno a Napoli, città dove lavorerà altri quindici anni e dove trascorrerà il resto della sua vita.
Artista talentuosa ed originale, Artemisia Gentileschi rappresenta temi storici, biblici e mitologici, di solito appannaggio degli artisti uomini, e li rende in maniera diversa e con sottile psicologia. Le sue opere sono narrazioni realistiche nelle quali lo spettatore si immerge rapito e che colpiscono al tempo stesso da un punto di vista tecnico e per la sensibilità di cui sono intrise.