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La chirurgia come arte. Intervista a ORLAN

ORLAN (Saint-Etienne, 1947) è un’artista che ha attraversato la seconda parte del secolo scorso sperimentando corpi e tecnologie con la sua identità

L’approccio di ORLAN all’arte è stato multimediale, cross-materiale, ultracutaneo. Nel 2017 una retrospettiva a lei dedicata al Macro di Roma ne ha messo in luce le varie operazioni chirurgico-performative e ibridazioni sceniche. La sua non è Body Art, alla Marina Abramovic, ma Carnal Art. Quest’ultima si distingue per una scelta di non agire direttamente sul proprio corpo, con lacerazioni, tumefazioni, tagli. In special modo, divenendo spettatrice dei cambiamenti del proprio corpo, lasciati agire invece da chirurghi estetici (Linda Gezzi, Annali Online di Ferrara – Lettere, 2012).

Anche la ricerca del dolore differenzia la pratica artistica di ORLAN dalla Body Art proprio in virtù della sua volontà di ricorrere ad anestetici locali, frutto degli sviluppi tecnologici.

ORLAN tende a creare e ricreare se stessa, ‘per avvicinarsi all’idea che ha di sè’ à la Almodovar, con quella sorta di fantasia di autocreazione (Miglietti, 2008, p. 115) che vuole separare il corpo dall’idea di ‘natura’. E’ proprio questo aspetto che appare interessante da indagare in questo momento di pandemia e ridiscussione del posto dell’umano nel mondo.


Nel suo lavoro si è sempre molto dedicata alla creatività e alle capacità di azione nel campo della tecnologia. Per esempio in Omnipresence (1993), ha cercato di mostrare una sorta di vittoria sul dolore, quasi post-organica. Questo approccio alla techno-culture è cambiato nel corso dell’attuale pandemia?

Sono un’artista non dipendente da materiali e tecnologie, vecchi o nuovi che siano. Cerco di interrogare il mio tempo e dire qualcosa di rilevante su fenomeni sociali. Quando ho un’idea cerco di trovarne la giusta materialità. Non sono né una tecnofila né una tecnofoba. Spesso mi capita di lavorare con la tecnologia digitale, con le biotecnologie (sculture create con le mie cellule e il mio microbiota) o con tecnologie mediche e chirurgiche come nel caso delle mie operazioni chirurgiche.

Ho scritto un manifesto, L’art Charnel, prima di accostarmi a e mettere in discussione il fenomeno della società della chirurgia estetica perché non sono contraria alla chirurgia estetica, ma sono contro la standardizzazione, i modelli, gli stereotipi. E il dolore mi sembra molto anacronistico. A differenza della body-art, non tento di raggiungere i miei limiti fisici o psicologici.
Mi oppongo ai dettami della nostra società ostile alla carne. E metto in discussione la bellezza, che per me è solo una questione di ideologia dominante tipica di ogni determinato periodo storico e di ogni contesto geografico specifico.

Questo è il motivo per cui ho deciso di farmi impiantare due protesi alle tempie che formano due bozzi. Infatti queste protesi, che di solito vengono posizionate per aumentare gli zigomi, le ho fatte inserire alle tempie per performare la chirurgia estetica in un modo tale da non raggiungere la bellezza. Perché se vengo descritta senza essere anche vista come una donna con due bozzi alle tempie, sono considerata orribile, mostruosa, non desiderabile. Se invece sono vista le cose possono cambiare totalmente e questi bozzi con il tempo sono diventati organi di seduzione.

Durante il lock-down ho deciso di scrivere la mia autobiografia, che non avrei potuto scrivere se avessi continuato a viaggiare come facevo, o se avessi continuato a tenere conferenze in giro per il mondo. E sono felice di dire che questa autobiografia è in corso di pubblicazione per Gallimard. L’uscita ufficiale è prevista per l’8 marzo, la Festa delle Donne.

Come incarnerebbe oggi il virus COVID-19?

Durante il lock-down ho lavorato a due creazioni sul COVID-19, dove ci sono io con una mascherina, che rappresentano virus, batteri, e cellule muscolari. Su una mascherina ci sono parole come ricercatore/rice, virus, cellule staminali, etc … Sull’altra, invece, c’è un’immagine in bianco e nero della mia vulva.

Tra il 1990 e il 1993 lei si è sottoposta a nove operazioni chirurgiche (Linda Gezzi, Donne, arte, ferite: il corpo della contemporaneità, Annali Online di Ferrara – Lettere, 2012, p. 288) ispirandosi a figurazioni classiche della storia dell’arte (Venere, Psiche, Monna Lisa, etc ..). Non ha mai cercato di nascondere queste trasformazioni ma piuttosto di rendere visibile la forza della sua stessa alterità(zzazione). Che cosa pensa dell’idea di impossessarsi del corpo?

Fra il 1990 e il 1993 non mi sono sottoposta a nove operazioni. Ho organizzato, orchestrato e messo in scena in maniera completamente volontaria una serie di operazioni chirurgiche dal titolo The Reincarnation of Saint ORLAN e Image/New Image, perché volevo scolpirmi, costruire una nuova immagine attaccando le maschere dell’innato e mettendo in discussione le nozioni di bellezza.
Ma non volevo – a differenza di quanto hanno riportato alcuni giornali molto popolari – prendere come riferimento figure quali Venere, Psiche, Monna Lisa, etc … Proprio perché intendevo criticare, smantellare, distruggere questi modelli.
Non c’è motivo di nascondere le trasformazioni del corpo perché queste mostrano le decisioni che una donna può prendere con il suo corpo e sul suo corpo.

Il desiderio di impadronirsi del corpo deriva più da vincoli sociali o biologici?

Da entrambi. Essere donna è una calamità. Sia biologicamente che sociologicamente. Tutta l’educazione che ci spetta nella maggior parte dei casi è volta a renderci sagge, gentili e discrete. Mai in primo piano. Quel tipo di educazione che non ti porta ad agire, intervenire o addirittura parlare. Perché prendere parola è già fallico.
Poi le tette cominciano a crescere. Per quanto mi riguarda, entrai letteralmente in panico quando questi due bozzi cominciarono a crescere al di là della mia volontà. Tette per allattare sebbene non ci sia stato chiesto se volessimo allattare! E nemmeno se volessimo avere un* figl*.
Poi arrivano le mestruazioni, quelle che ogni 28 giorni ti fanno soffrire e che devi nascondere con un tampone o qualcos’altro che celi il sangue che scorre. Quando hai il ciclo vieni messa da parte o ti metti tu stessa da parte. Sei sporca. In alcuni Paesi sei totalmente intoccabile. Non potremmo neanche fare una mayonnaise in quei giorni secondo alcune ridicole ma persistenti credenze!
La pubblicità mostra come il colore del nostro sangue sia blu! Il sangue mestruale è ancora un tabù. Mestruiamo fino alla menopausa, indipendentemente da ciò che facciamo, persino se non vogliamo avere figl*!
Se l* abbiamo, si dice che dobbiamo partorire con dolore e fa tremendamente male se non ci fanno un’epidurale. Alcune donne non osano fare altro se non continuare a seguire la tradizione, la religione. Seppure le stesse donne che accettano il dolore del parto, quando vanno dal dentista per rimuovere un dente, non rifiutano l’anestesia con il pretesto che sia naturale soffrire e che in passato usavamo fare così.
Per tutta la mia vita ho avuto paura di uscire la sera, ho avuto paura di stare per strada dove mi è successo di tutto, per fortuna non uno stupro, ma molestie e furti sì.
In casa le pulizie e il cibo sono affar nostro, spesso nel migliore dei casi siamo più o meno aiutate … ci sono eccezioni, ma ancora troppo rare.
In altri Paesi sei sia la serva di casa che la serva sessuale. Probabilmente ce la faremo ad evitare il femminicidio e la violenza domestica ma alla luce delle statistiche non è nemmeno certo…
Se una invece è libera e scopa viene subito additata, sei una Maria che giace lì per terra, sbeffeggiata, che vale meno di niente, come a dire “Quella lì, solo un treno non le è passato sopra”. Se non fai sesso, non sei emancipata, hai la puzza sotto il naso, sei un’oca.
Per gli uomini è molto diverso e nel mondo dell’arte se sei professionale ed esigente ti dicono che sei una rottura di palle, nessuno dovrebbe lavorare con te. Mentre gli uomini vengono valutati come artisti validi che sanno cosa vogliono, grandi professionisti, il film su Christo è molto indicativo rispetto a questo.
Certe femministe ti diranno che non sei una vittima. Anche se quelle che sono state picchiate, uccise e/o stuprate sono chiaramente vittime.
La menopausa, che fortuna! Mai più mestruazioni!
Ma altri problemi sono all’orizzonte: secchezza vaginale, dolore nella penetrazione, il corpo che cambia e diventa mascolino, le rughe, la caduta dei capelli, osteoporosi, bassa circolazione sanguigna, più tutte le “normali” malattie legate all’invecchiamento. Perdiamo autostima, diventiamo depresse.
Nel frattempo, a quelle che hanno avuto figl* non è mai stato detto quanto questo faccia male al corpo, deteriori il perineo, stressi la carne. E più figl* si sono avut*, più velocemente diventeranno incontinenti. Ovviamente la vagina sarà molto allargata e anche per i tipi con cui si farà sesso sarà dura godersela…
Tutto questo se, per tua sfortuna ovviamente, tu non sia lesbica.
In menopausa diventi completamente trasparente agli occhi di un uomo che di solito guarda solo ragazze dai 18 ai 30. E questo è il periodo o poco più tardi in cui il marito o il compagno ti lascia per una più giovane. E tutt* ti diranno che questo è normale.
Ovviamente, in caso di divorzio c’è un doppia penalizzazione. Gli uomini ricominceranno immediatamente a socializzare con qualcuna più giovane. Le donne, a parte qualche eccezione, avranno molte più difficoltà a ritrovare tenerezza, intimità, carezze, sesso… Questo significa morire da sola, che è perfino peggio di morire con qualcuno accanto.
L’infibulazione è anche un orrore, una tortura, un insulto alle donne per impedire loro di provare piacere, e per il resto della loro vita. E’ un’atroce e vergognosa mutilazione che dovrebbe essere messa al bando immediatamente e ovunque. E’ un crimine vile.
Se una ragazzina viene svenduta a quelli che possiamo chiamare pedofili non avrà più alcuna opportunità di andare a scuola, di emanciparsi. Non riesco a credere che tutto questo continui ad esistere nel 2020. E’ disgustoso! Tutt* dovrebbero combattere contro questa violenza una volta per tutte, e invece sembra non interessare a nessun* e neanche a quelli più ‘cool’. D’altra parte la pedofilia se la passa bene nel mondo intero, anche quello cattolico.

Nella sua recente intervista per Magazine Antidote ha sostenuto come in qualche modo durante la sua intera carriera si sia rivolta ‘contro la maschera dell’innato’ (32 sec), vale a dire ciò che non scegliamo. Dal suo punto di vista, la bellezza è rilevante e dovrebbe (o non dovrebbe) esserlo?

E’ necessario tenere presente che la bellezza è una questione di ideologia dominante che in un dato periodo storico e spazio geografico impone modelli. Un esempio è il mio lavoro sull’auto-ibridazione africana, dove vediamo una donna africana portare un grosso piercing al labbro e che sembra molto felice del suo potere seduttivo perché nella sua tribù, in quell’epoca, più grande era il piercing al labbro di una donna e più dura era per gli uomini arrivare a lei. Ma se portassimo noi oggi un grosso piercing saremmo percepite come mostruose e indesiderabili.
Non ho detto che la mia carriera è stata interamente dedicata alla lotta contro la maschera dell’innato, ma quando ho lavorato alle mie performances di auto-ibridazione intendevo attaccare l’immagine naturale che considero una maschera innata.

Nel corso della stessa intervista ha detto che una delle sue creazioni, “The Liberty Flayed”, è bellissima (min 4, sec 11-12) perché non ha pelle, quindi non può essere soggetta a razzismo (min 4, sec 18-19). A questo proposito, cosa pensa di quelle persone che rivendicano la propria pelle come parte della loro identità e che ritengono che dipingerla come un ostacolo sia un prodotto del discorso dominante?

Non ho mai detto in una intervista che La Liberté en Encorchée è bellissima perché non credo alla bellezza. Ho detto di aver creato un manifesto, una sorta di manifesto visivo. E per fare questo manifesto l’autoritratto doveva essere scorticato per dire due cose: una sull’arte, che artist* sono per lo più scorticati e che ho dovuto scorticarmi io stessa per fare un’opera d’arte; l’altra sul lavoro che mette in discussione la società, perché se mettiamo in discussione il colore della pelle, il razzismo non potrà più esservi iscritto.
Mi piacciono le identità mobili, nomadiche, e quindi penso che si possano criticare le persone che si identificano solo con il colore della loro pelle.
Per me gli esseri umani che ritengono la razza bianca superiore sono ignoranti perché se sequenziassero il loro DNA vedrebbero gran parte dei loro geni come frutto di varie ibridazioni, in origine africani.

Infine, potrebbe darci un’anticipazione su come sia stata ispirata dalla Nike di Samotracia per la sua autobiografia presto in uscita?

Volevo lavorare su questo da tanto tempo, ma è stato durante la scrittura della mia autobiografia che ho realizzato quanto questa Nike di Samotracia fosse interessante e presente nella mia vita sin dall’infanzia.
I miei prossimi lavori saranno elaborazioni visive di animali in estinzione e robots, in linea con l’ORLANOIDE che somiglia a me, parla con la mia voce, si muove con un generatore e ha un generatore di testi. Questi robots fatti di materiale riciclato faranno amicizia con questi animali per preservarli.

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