Dopo la personale dedicatagli dal Museo Ermitage di San Pietroburgo, Umberto Mariani (Milano, 1936) è protagonista dal 24 ottobre 2020 al 7 febbraio 2021 al Palazzo Ducale di Mantova. La piega. Leibniz e il barocco è la mostra che affonda, nuovamente, nell’infinito mistero della piega, inconfondibile cifra stilistica dell’artista.
C’è qualcosa di eterno nell’arte di Umberto Mariani. Classiche nella scelta iconografica del drappeggio come protagonista delle sue opere, pienamente moderne nell’approccio quasi concettuale del simbolismo della sua pittura. La metafora racchiusa nelle ombre della piega rende infatti il significato molteplice e cangiante, come se l’immobilità del quadro fosse solo illusoria. In fondo il drappeggio ha sempre avuto velleità illusorie: suggerire movimento, incurvare le forme, dare sinuosità alla distesa piatta. Nella densità di questo mistero l’artista sguazza, alla ricerca di un segreto senza tempo.
La mostra di Palazzo Ducale di Mantova vuole essere proprio un omaggio alle tante declinazioni di questa indagine. La piega assume la complessa natura di oggetto di interesse simbolico ma anche concreto, nella sua della plasticità e levità. Si tratta di un ponte – ideale, ma non solo – fra la cultura formale classica, barocca e quella attuale.
A differenza di Leibniz e di Deleuze, a differenza del panneggio greco e romano e di quello barocco, Mariani ha conclusivamente scelto una strada personale per la “sua piega”, una strada molto vicina ad una dimensione metafisica e assoluta, una strada in cui le interferenze della contemporaneità, sempre vive e presenti nella sua opera, si acquietano e si plasmano all’interno del grande e accogliente fiume che è la Piega. Per lui questo è il Mondo, senza più distinzioni fra Classico e Barocco
Giovanni Granzotto
Attraverso la metafora della piega, Mariani cerca di far emergere il costituirsi dell’anima e dell’esperienza moderna. Un tentativo simile a quello che il filosofo Gilles Deleuze cerca di fare nel testo del 1990 La piega. Leibniz e il barocco, da cui i curatori Giovanni Granzotto e Leonardi Conti hanno tratto ispirazione per nominare la mostra. L’idea è che la piega, come il panneggio, si leghi al procedimento attraverso cui la forma si (s)vela, rivelando a seconda delle epoche significati differenti, ma intimamente connessi.
Sono infatti molteplici le sorgenti ondulate che hanno attratto Mariani nel corso della sua carriera: dalle pieghe dei cuscini e delle poltrone, fino ai ripiegamenti e le increspature degli stivali. Ognuno di questi elementi nasconde una componente di mistero, un’allusione, energia celata pronta a esplodere. Il percorso dell’artista lo ha portato gradualmente a zoomare sulle pieghe, superando l’oggetto che le genera per concentrarsi sulla loro essenza. Ecco che la realtà scivola in metafisica e ogni piega, dovunque provenga, risponde alle altre con un uguale sibilo che sussurra: la verità è inafferrabile.