Melina Scalise, psicologa di formazione e per anni giornalista di professione, si occupa dell’archivio di Emilio Tadini insieme al figlio dell’artista, Francesco Tadini, col quale ha fondato la Casa Museo nel 2006. Si è avvicinata alla figura di Tadini con timore reverenziale, dopo che molti, del calibro di Dario Fo e Umberto Eco che lo definì “Un pittore che scrive e un artista che dipinge”, avevano scritto su di lui. Da tre anni si è avventurata nella lettura dell’opera pittorica e letteraria di Tadini dal punto di vista simbolico, a partire dagli ultimi lavori dell’artista.
Emilio Tadini (1927-2002) è stato un grande pittore, scrittore e saggista. Rimasto orfano di madre alla sola età di 8 anni, fu cresciuto dal padre e dalla zia, una montessoriana che lo educò in modo rigoroso agli studi. Il padre aveva una tipografia che presto diventò casa Tadini. È così che Emilio inizia ad approcciarsi alle lettere e agli inchiostri, elementi che troveremo nelle sue opere molti anni più tardi. Tadini infatti studierà il rapporto tra immagine e parola come elementi parte di un’architettura studiata nel dettaglio, dove nulla è lasciato al caso. Il panorama culturale cui Tadini rivolgeva lo sguardo lo si ritrova per intero nella sua produzione letteraria e pittorica: amava studiare i filosofi del linguaggio e dei simboli, facendo proprie le loro intuizioni e restituendole rielaborate nei suoi rebus pittorici. Tuttavia, nonostante la sua complessa personalità, possiamo definire Emilio Tadini come un indagatore dell’umano: una figura dalla forte sensibilità e dal desiderio di ricerca, capace di immedesimarsi nell’altro.
Abbiamo incontrato Melina Scalise, per scoprire l’arte di Emilio Tadini attraverso i suoi studi e le sue recenti ricerche simboliche.
– Come iniziano i tuoi studi sul lavoro artistico di Emilio Tadini?
Ho iniziato a lavorare su Tadini negli ultimi tre anni con un approccio metodologico che indaga la sua opera in chiave simbolica. Ho acquisito questa metodologia all’università, dove mi sono laureata in Psicologia con una tesi sulla lettura simbolica dell’opera “Natura morta con cipolle” di Van Gogh. L’approccio simbolico si è quindi rivelato vincente nell’analisi dei suoi dipinti che appaiono quasi come dei rebus ricchi di lettere, numeri, figure.
Negli ultimi tre anni mi sono imposta di andare a fondo soprattutto su un’opera intitolata “La camera da letto”, grande tondo che avevo davanti agli occhi da tantissimi anni e che ogni volta mi stimolava il desiderio di capire perché Tadini avesse composto il quadro in quel modo, con quelle figure e con quelle parole. Nell’analisi di questo primo dipinto scoprii che la frase usata da Tadini era tratta da Finnegans Wake di James Joyce. Questa rivelazione mi ha dato un’ulteriore chiave di lettura orientandomi nello studio dell’opera di Tadini facendo riferimento al suo bagaglio culturale ricco di scrittori, poeti, pittori, psicanalisti.
– Puoi farci qualche esempio degli elementi simbolici che hai ritrovato nell’opera di Emilio Tadini?
Certo. Innanzitutto, tra gli elementi simbolici ricorrenti nella sua opera è presente il numero sette, che Francesco mi ha raccontato essere un numero molto caro ad Emilio, al punto che ne teneva una scultura sul comodino. Il numero sette rappresenta la somma del numero tre, la triade divina e del quattro, che indica il numero degli elementi terrestri: simbolicamente coniuga l’umano col divino, l’immanente col trascendente.
Un altro simbolo che ho trovato interessante è quello della trimurti, presente nel dipinto “Il pittore del parto e le donne fecondanti”, dove la figura centrale maschile è raffigurata con tre teste, la trimurti appunto, che è anche il modo in cui Emilio chiamava scherzosamente sua moglie. Ad interessarci di questo dipinto è inoltre il ruolo che Tadini attribuisce alla donna. La figura femminile è ricorrente nella sua opera e sempre con delle caratteristiche specifiche: è dominante, punto di riferimento costante, è spesso raffigurata con una candela, ovvero il lume con il quale l’uomo può accedere alla sua visione del mondo, alla sua ricerca di senso della vita e della conoscenza.
Interessanti sono anche i giochi con gli anagrammi. Troviamo spesso image-magie che indica la conoscenza del mondo attraverso le immagini e le immagini come parti costitutive del nostro mondo; tuttavia la creazione dell’universo resta una magia, un mistero. Emblematico è anche il tondo Caos-Caso-Cosa in cui le parole sono posizionate in modo circolare, come a suggerire che dal caos per caso si arriva alla cosa, come l’origine del mondo. Infine now here-nowhere, in cui attraverso l’utilizzo di un font diverso si scopre che le parole possono essere lette intere o separate, assumendo di volta in volta significati diversi.
– Quando e come nasce la Casa Museo Spazio Tadini?
La casa museo Spazio Tadini è stata aperta nel 2006 da me e Francesco Tadini, in memoria di suo padre. È stato concepito come uno spazio di raccolta e di ricerca di tutta la produzione artistica di Emilio e come luogo di comunicazione tra gli artisti e le arti.
Ogni anno organizziamo una mostra in occasione della quale la Casa Museo accoglie nel salone centrale le opere di Tadini inerenti al tema della mostra, mentre altri spazi ospitano artisti contemporanei che si sono confrontati con la stessa tematica. Quest’anno, in linea con il palinsesto milanese I talenti delle donne, sono esposti tre trittici di Tadini dedicati alla figura femminile e alcune opere di Francesca Magro e di Mario de Leo.
Inoltre, durante l’anno organizziamo cicli di incontri e conferenze. L’ultima ad esempio, l’ho tenuta sulla lettura simbolica del dipinto “Il pittore del parto e le donne fecondanti”, il cui studio mi ha portata a Piero della Francesca e in particolare all’affresco della Madonna del parto.
– Quali sono le prospettive future della tua ricerca sul lavoro di Tadini?
Sto proseguendo questo lavoro di lettura simbolica anche su altre opere e su altri periodi. Nel frattempo mi occupo della gestione dell’archivio di Emilio Tadini, un lavoro molto impegnativo considerando la ricchissima produzione dell’artista, tra opere, scritti, disegni, da cui sicuramente nasceranno nuovi spunti di riflessione e di analisi. Tutto ciò potrebbe portare all’edizione di un catalogo ragionato per il 2022, anno in cui ricorrerà il ventesimo anniversario della sua morte. È un obiettivo forse ambizioso, ma speriamo di riuscirci!