Eduard Van der Elsken (1925-1990) è un fotografo e regista olandese internazionalmente riconosciuto. I suoi scatti si concentrano sulla strada e la vita quotidiana, rappresentando un ambiente intimo, privo di filtri. L’importante scoperta della raccolta inedita e incompiuta Feest – festa in italiano –, da parte della vedova Anneke Hilhorst, ha portato alla luce 134 immagini mai viste prima.
Nello specifico, il libro riunisce immagini di festeggiamenti, come carnevali e feste di compleanno, scattate tra il 1950 e il 1960. Recentemente ritrovato da Hilhorst durante la movimentazione di alcuni beni e opere del fotografo dal suo archivio personale, la donna aveva intenzione di donarne una parte al Rijksmuseum di Amsterdam e al museo della fotografia dei Paesi Bassi di Rotterdam.
Per i curatori, questo ha dato inizio a una ricerca approfondita all’interno degli archivi di Van der Elsken, che comprendono 11000 oggetti, spiega il Rijksmuseum.
È questa la ragione per cui dal 30 ottobre 2020, il Rijksmuseum di Amsterdam aveva aperto al pubblico l’esposizione Ed Van der Elsken: Crazy World, più di un centinaio di foto e documenti, tra cui stampe, stampe a contatto e libri fotografici, tra cui il ritrovamento “straordinario” – a detta di Taco Dibbits, direttore del Rijks – del volume Feest.
“Non sono un giornalista, un fotoreporter obiettivo, sono un uomo con simpatie e antipatie”, Ed Van der Elsken
Van der Elsken fonda la sua poetica su uno sguardo personale del mondo, il quale gli permette di immortalare la realtà in maniera unica e naturale. Nel 1937, volendo avviare la carriera di scultore, frequenta l’Accademia di Belle Arti Rietvel, per poi iscriversi al programma di scultura professionale, che abbandona per evitare il lavoro forzato a cui obbligava il regime nazista. Gli anni successivi gli permettono di maturare l’interesse per la fotografia grazie alla conoscenza di importanti personalità artistiche.
Seguendo il consiglio della fotografa olandese Emmy Andriesse (1914-1953), si trasferisce a Parigi nel 1950, dove viene assunto nelle camere oscure dell’agenzia Magnum per stampare le fotografie dei grandi Henry Cartier-Bresson – che rimane colpito dalla sua arte –, Robert Capa e Ernst Haas.
Dal 1954, l’unione con Ata Kandò (1913 – 2017), foto documentarista, lo influenza nella scelta di passare dalla fotografia di stampo giornalistico alla fotografia di rivista. Di conseguenza, il suo stile si evolve diventando ancora più personale, documentando la sua esperienza di vita e il suo periodo parigino, che vede la conoscenza di Edward Steichen, allora direttore della sezione fotografica del MoMa di New York.
Van der Elsken, che ha pubblicato una ventina di libri nella sua vita, “è stato uno dei primi fotografi degli anni ’50 a percorrere la rue senza sosta e a catturare la vita con il suo stile brut”, spiega il curatore del Rijksmuseum Hans Rooseboom durante un’intervista.
I suoi filmati e photobooks forniscono uno spaccato quotidiano dell’Europa, dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni ’90. Love on the Left Bank è tra i libri fotografici più ricordati: pubblicato nel 1956, rientra nel genere del fotoromanzo, consacrato alla riflessione del proprio vissuto, approfondendo la Parigi in fermento degli anni ‘50. Amore, arte, musica e culture alternative sono i macro temi che Van der Elsken affronta lungo il suo percorso professionale, utilizzando come soggetti degli sconosciuti così come figure quali la regina Elisabetta II e lo scrittore Hugo Claus.
Di ritorno ad Amsterdam nel ’55, intraprende una serie di viaggi a Hong Kong, Tokyo e nell’attuale Repubblica centrafricana, a seguito dei quali pubblica una serie di raccolte (Bagara, 1958; Africa 1957, 1990; Japan 1959-1960, 1987; ecc.). Sposatosi con Hilhorst, prosegue il suo lavoro grazie anche a quest’ultima, che lo assiste nella pubblicazione di quattordici libri e venti film, di cui l’ultimo è Bye (1990), una risposta autobiografica al cancro terminale, a causa del quale si spegne nel 1990, all’età di 65 anni.
Il lavoro di fotografo permette all’artista di rappresentare la realtà in maniera non convenzionale, studiando ogni lato dell’individuo e delle città che abita, e diventando il punto di partenza per i fotografi della generazione successiva, quali Nan Goldin, Lerry Clark e Wolfgang Tillmans.