La galleria Marignana Arte raccoglie a Venezia le opere di Giuseppe Adamo, Yojiro Imasaka, Silvia Infranco e Quayola. La mostra Oltrenatura è visibile fino al 6 febbraio 2021.
Forse non dovremmo dirlo a voce alta, ma dalla chiusura indiscriminata dei luoghi di cultura sono rimasti esenti le gallerie, e con esse diverse mostre che possono distrarci dal tempo presente.
A Venezia, spogliata del turismo e sospesa nella nebbia, è possibile visitarne alcune che vale davvero la pena vedere, soprattutto ora che la città è così silenziosa. Tra quelle che colpiscono per coesione ed eleganza c’è quella da poco inaugurata presso Marignana Arte, che guarda al rapporto tra natura e metafisica attraverso il contributo di quattro artisti under 40.
Oltrenatura (visibile, lockdown permettendo, fino al 6 febbraio 2021) prende spunto dal concetto ficiniano di copula mundi, e vuole sollecitare il visitatore a interrogarsi sulla relazione tra uomo e natura, ma soprattutto sulla relazione tra uomo e “mondo delle idee”, così come prospettato dai neoplatonici. L’essere umano può abbassarsi al livello animale o elevarsi al divino e, in bilico tra i due mondi, ne rappresenta il legame; l’artista nel suo percorso dalla materia all’idea è colui che esplicita il rapporto, che rende l’oltre-natura palpabile, che arriva al ricongiungimento attraverso la contemplazione estetica.
A dialogare nella collettiva sono le variazioni sul tema proposte da Giuseppe Adamo, Yojiro Imasaka, Silvia Infranco e Quayola. Il loro lavoro, pur partendo sempre da una certa sensibilità per le forme naturali, si snoda tra tecniche e media diversi, e invita l’osservatore a interrogarsi su limiti e possibilità del mondo che ci ospita e del nostro rapporto con esso.
Giuseppe Adamo gioca sul rapporto tra reale e artificiale e mima con velature sovrapposte la metamorfosi della natura organica: il colore stratificato sulla tela crea solchi, increspature, mappe geografiche verosimili e fantastiche, e mima una tridimensionalità che è solo illusoria. L’ambiguità visiva è per Adamo strumento di analisi, e spinge lo spettatore a interrogarsi sul rapporto tra reale e artificiale; la rappresentazione, a cavallo tra astratto e figurativo, rimanda sì all’immaginario poetico, ma anche alla cultura digitale contemporanea.
Sulla stessa linea ma dal lato opposto si muove Quayola, che delle tecnologie digitali ha fatto il fulcro della sua ricerca: le stampe esposte (parte della serie Jardins d’Eté) sono tratte da due frame consecutivi di un lavoro video, e gli algoritmi da cui sono ottenute mimano il gesto pittorico così come Adamo mima i processi geologici della natura. Ancora una volta l’artista si serve della tecnica per manipolare la materia e ci mostra un ambiente in continua metamorfosi, che invita l’osservatore a non fermarsi alla prima occhiata.
Un discorso analogo potrebbe essere fatto per Silvia Infranco, che in Ciò che resta si serve di un’esposizione da museo di storia naturale per mettere in scena il trascorrere del tempo e le metamorfosi che esso comporta. La sua wunderkammer propone una serie di oggetti disparati disposti in teche e ricoperti dall’artista con la cera, impiegata nella conservazione: di nuovo si discute di cambiamento e processi naturali, di nuovo una sovrapposizione di azioni trasforma l’immagine (e l’immaginario) di partenza. Le sue Metaforme, vere e proprie sedimentazioni di materia, formano delle mappe immaginarie simili per certi versi a quelle di Adamo o alle accumulazioni di dati di Quayola – seppur certo tradotte da espressività diverse.
La visita si conclude figurativamente con Yojiro Imasaka, che della natura ci offre la veste più “autentica” immortalandone scorci incontaminati: i suoi scatti, realizzati con macchina analogica e sviluppati in camera oscura, offrono all’osservatore un ambiente quasi straniante nella sua purezza, in cui l’abbondanza di dettagli, magnificati dall’elevatissima definizione, enfatizza bellezza e irrealtà dello scenario, selvaggio e meraviglioso.
Il connubio tra reale e artificiale (o in questo caso iper-reale) rende il percorso esperienziale e immersivo, riflette nel suo continuo divenire le mutevoli dinamiche della contemporaneità e del tempo presente. A prevalere è la voglia di tutelare un certo immaginario organico e visivo, di sollecitare domande su pressanti questioni ambientali, di giocare con la natura per omaggiarne la bellezza.