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Gli Holzwege dell’arte. Intervista ad Alain Urrutia

Alain Urrutia Alain Urrutia
Alain Urrutia
Alain Urrutia

La pittura come fruizione dell’immagine. Dialogo con Urrutia in occasione della sua mostra alla galleria MAAB di Milano

La ricerca di Alain Urrutia, artista contemporaneo, il cui lavoro sembra essere sempre lineare e omogeneo, è a un primo sguardo seguito da un giudizio, che si rivela però errato. Poiché Alain, attraverso il suo lavoro processuale, cerca invece di trovare risposte a nuove domande. E così facendo, il suo lavoro diventa sempre più intenso. La sua destrezza tecnica gli consente sicuramente di coltivare un tipo di pittura che è veloce nel processo ma lenta nella sua lettura. Dato che consente diversi livelli di lettura. Una cosa certa è che, nella continua evoluzione, il lavoro di Urrutia dimostra che ha imparato a usare una data immagine affinché questa abbia la possibilità di dispiegarsi con il suo pieno potenziale.

I progetti di Alain implicano una profonda riflessione preliminare, sottraendo spontaneità all’idea. Senza però estirpare l’ispirazione intuitiva, che è fondamentale per la sua pratica. L’artista, durante il corso degli anni, ha messo in discussione ogni suo passo cercando di capire come continuare a dipingere. Ovvero l’attualità della pittura nell’arte contemporanea. Ciò si può percepire, in particolar modo, nell’installazione, esposta alla galleria MAAB di Milano, dove si percepisce l’uscita, in maniera sperimentale ma decisa, dalla sola “forma quadro” come produzione artistica. Recuperando il suo antico amore per l’installazione e l’intervento plastico nello spazio tridimensionale. Per dirla in modo più sintetico, direi che, senza smettere di essere un pittore, è riuscito a dominare ogni linguaggio.

 

Veduta della mostra alla galleria MAAB di Milano
Veduta della mostra alla galleria MAAB di Milano

I dipinti, in bianco e nero, possono essere percepiti come criptici e difficili inquietanti. Invece, attraverso questo suo modo di lavorare e nella scelta sapiente di colori e immagini, l’artista riesce ad essere riconoscibile. La sua pittura diventa fondamentale per la fruizione stessa dell’immagine, che sfiorando l’iperrealismo, trasmette una “realtà”, una vera lettura sul mondo, che può essere apprezzata da chiunque si fermi ad osservare. Un vero “artificio” nel senso che arte è magia. È un lavoro “spettacolare”, in cui viene apprezzato il suo essere innovativo e originale, ed è proprio questo che dà forza al suo lavoro e lo contraddistingue da tanti altri lavori di arte contemporanea che sono poveri di contenuto e che mirano semplicemente a stupire. Si potrebbe dire che Urrutia è innovativo punto e basta. Ne parliamo direttamente con lui…

Analizzando i tuoi lavori si può notare che con il tempo siano diventati sempre più complessi, mantenendo comunque un rigore e una linearità che li contraddistingue. In un certo modo, i lavori sembrano avere un trasporto emotivo diverso, ma paradossalmente sembra essere un lavoro più concentrato, come se oggi le immagini servissero a proiettare un’essenza astratta, che ci porta ad una realtà silenziosa e immobile.
Non sono sicuro di parlare di pittura in termini di complessità. Preferirei parlare in termini di maturità. Con il passare del tempo sono in grado di guardare indietro ai miei primi lavori e mi ha insegnato come affrontare i nuovi progetti in modo diverso. Tutti questi cambiamenti sono avvenuti naturalmente.

Il colore usato nei tuoi dipinti non è lo stesso bianco e nero sfocato che per quegli artisti interessati all’invecchiamento dell’immagine ha prodotto risultati buoni nella rappresentazione dell’irrappresentabile. Inoltre si nota un vero cambiamento nella rappresentazione che implica un cambiamento anche nell’utilizzo del colore.
Per come la vedo io, è direttamente correlata ai cambiamenti che ho appena menzionato. Non dovremmo pensare che questa evoluzione sia limitata esclusivamente alle preoccupazioni formali, perché influisce anche sulla parte concettuale. In ogni caso, non c’è rottura con il mio lavoro precedente, poiché mi preoccupa ancora l’idea di cercare nuove letture di immagini preesistenti; con l’idea di frammentare e ricostruire la loro realtà e asportare la loro stessa storia attraverso la pittura.

Parlando di nuovi livelli di lettura del lavoro, ho notato un notevole cambiamento, in uno dei lavori esposti al MAAB di Milano, un cambiamento, a prima vista ovviamente estetico, ma come hai accennato adesso influisce sull’aspetto concettuale. In questo dato lavoro vi è una vera evoluzione, sottolineata proprio dal passaggio da “formato quadro” ad una vera e propria installazione che si dispiega nello spazio tridimensionale.
L’evoluzione del lavoro avviene inevitabilmente in modo naturale, così come cambiamo noi stessi e cambiano i nostri interessi. In questo caso, le opere che vengono esposte in mostra alla galleria MAAB di Milano, formalizzano lo stesso pensiero o lo ricercano in modi diversi. L’idea di analizzare la pittura stessa, di leggere e costruire le immagini o anche il nostro rapporto di fronte a un’opera. Alla fine, dall’inizio della mia carriera, ho perseguito quella ricerca e ho cercato di capire tutto ciò che accade quando affrontiamo un’immagine o attraversiamo una mostra. Quel primo lavoro sui rotoli del paesaggio risale a quella prima fase della mia carriera dieci anni fa e che fa parte della mostra curata da Massimiliano Scuderi. Esso funge da punto di partenza per generare un discorso sul modo contemporaneo di costruire immagini. Il resto dei lavori, sia di Kassapis che di Giuseppe Costa o anche i miei più recenti, mostrano in qualche modo quella stessa idea: come si possa costruire il significato attraverso le immagini.

Di sicuro, la disposizione e la scelta di creare un continuum tra un lavoro e l’altro è per te fondamentale, anche se inizialmente i lavori sembrano slegati fra di loro. Come sono pensate le tue mostre?
Esatto. La mostra funziona come una passeggiata in cui ci si imbatte in immagini che non hanno apparente connessione tra loro. C’è una certa somiglianza tra l’incontro con queste immagini. Il formato minuscolo dei dipinti e il modo in cui sono disposti in ampi spazi aperti, crea la sensazione di camminare tra di loro e di imbattersi in immagini in modo tale che quando sei di fronte a uno di loro il resto è bloccato. E questo conferisce alle procedure dettagliate una qualità ipnagogica.

Noemi Mirata

http://www.artemaab.com/

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