Una collezione di opere d’arte, quella di Massimo Carminati, messa insieme nel tempo e che comprende opere di Rotella, Manzù, Balla e Guttuso
Sono passati nella disponibilità dello Stato il patrimonio appartenuto a Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, protagonisti principali della maxinchiesta della Procura di Roma ribattezzata Mondo di Mezzo. La Guardia di Finanza ha provveduto al sequesto delle opere che messe insieme hanno un valore che supera i 10 milioni di euro. L’ex Nar tra i suoi tesori custodiva anche un Futurballa, un Marinetti, un Mirò, oltre a lavori di Guttuso, Schifano, Consagra, Attardi, Turcato, Capogrossi Rotella, Baj, Boetti, Manzù e altri. Una collezione degna di grandi gallerie d’arte contemporanea. Dai reperti sequestrati trapela anche una certa attenzione da parte dell’esponente della Banda della Magliana per opere di altre epoche tra bronzi, icone e animali. Insomma non solo opere del Novecento ma anche oggettistica di pregio.
Il sequestro non si è limitato solo alla collezione infatti sono stati acquisti dal demanio statale anche anche ville, terreni, 13 automezzi per un valore complessivo di circa 27 milioni di euro. Sono invece sessantanove in totale le opere d’arte della collezione Carminati: spiccano una serigrafia di Mirò, un olio di Balla firmato FuturBalla, un’opera a tecnica mista denominata Astratto (30X30 cm), datata 1939 di Filippo Tommaso Marinetti. Proseguendo il corso della stroia dell’arte troviamo un disegno di Guttuso intitolato Leopardo, un vassoio con fondo dipinto intitolato Palma probabilmente attribuibile a Schifano, nove sculture in legno di varie dimensioni di Pietro Consagra, due opere di Giuseppe Capogrossi. Insieme a Consagra l’artista più presenta nella collezione di Carminati è Mimmo Rotella, ben sette lavori: Manifesto di film, Fermata di autobus, A qualcuno piace caldo, Marilyn, Erano dodici sorelle, Tincosolabile, Gangster. Completano la raccolta due opere di Enrico Baj, otto sculture in legno di Louise Nevelson e un’opera in tecnica mista, Shangai, di Alighiero Boetti. Insomma il “cecato” l’occho per l’arte lo aveva eccome.