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Al MoMa un nuovo programma digitale dedicato alle artiste donne surrealiste: da Frida Kahlo a Dora Maar

Meret Oppenheim, Colazione in pelliccia (1936)

Il MoMa di New York dà il via a una serie di appuntamenti virtuali, il primo dei quali è dedicato alle artiste donne surrealiste (la prossima Virtual View sarà invece dedicata a Vincent Van Gogh). Il programma online comprende un incontro live, la lettura di poemi ispirati a Frida Kahlo e Meret Oppenheim, un gioco surrealista e molto altro ancora. Partendo dalla collezione di arte surrealista del museo americano, questo esperimento virtuale esplora l’audacia e il lascito di artiste donne che hanno condiviso le idee surrealiste, come Frida Kahlo, Meret Oppenheim, Dora Maar e Remedios Varo.

Un’altra esperienza virtuale ricca di materiali, tutta al femminile. Si inizia con un video che ci guida alla scoperta di alcune artista donne che si sono confrontate con le idee e i concetti del surrealismo, teorizzato da André Breton agli inizi del Novecento. A seguire, il 23 novembre alle 3.00 pm, ora americana, sarà possibile seguire live l’incontro con l’attrice e scrittrice Abbi Jacobson e Anne Umland – curatrice della sezione di Pittura e Scultura del MoMa – che discuteranno sull’attrazione creativa del surrealismo per le artiste donne e il potenziale che ebbe allora come oggi.

Una piccola anticipazione…

Claude Cahun, artista francese, trasferitasi a Parigi negli anni Venti del Novecento. Prese parte a compagnie di teatro sperimentale, ma soprattutto fu la portavoce della comunità parigina di lesbiche tra le due guerre mondiali. Il MoMa conserva un piccolo gioiello dell’artista: una fotografia autoritratto dell’artista, il cui viso è riflesso o bloccato sulla superficie di una campana di vetro, il quale era un oggetto quotidiano usato per proteggere le piccole cose delicate e preziose.

Claude Cahun (Lucy Schwob), Marcel Moore (Suzanne Malherbe), Untitled (1925)

Meret Oppenheim è in collezione con la celebre Colazione in pelliccia. Una semplice tazzina da the accompagnata dal piattino e dal cucchiaino che però subiscono un cambio di paradigma, trasformandosi in altro da sé perché completamente ricoperti di pelo di gazzella. Un oggetto peloso che divenne presto un esempio di manufatto surrealista, che ci seduce, ci attrae ma ci respinge nel momento in cui ne immaginiamo l’utilizzo. L’interesse per l’opera si deve soprattutto alla discussione che portò alla sua creazione. Ci riferiamo a quella avuta tra la Oppenheim e Pablo Picasso che al tavolo di un bar le disse – arrivando al discorso osservando un bracciale che lei indossava, coperto di pelliccia di ocelot – che ogni cosa poteva essere ricoperta di pelliccia, anche un piattino e una tazza.

Frida Kahlo partecipa tra le artiste surrealiste – anche se tuttavia, ella non amava essere etichettata in categorie definite – con un piccolo autoritratto, in cui Frida si è tagliata i capelli, i quali sono dispersi per la stanza. Un autoritratto è tipico della sua produzione che è fortemente autobiografia, tuttavia è insolito il modo in cui ritrae sé stessa, con un completo da uomo largo rispetto al suo esile corpo e una camicia rosso porpora, chiari attributi del suo compagno di vita Diego Rivera, da cui aveva da poco divorziato. Indossa quindi questi abiti in segno di dolore ma anche di autoaffermazione e autonomia.

Loro tre e molte altre sono raccontate da Anne Umland in un video che diventa una visita guidata nella sala del quinto piano del Moma dedicata alla pittura surrealista. È un breve viaggio alla scoperta di come il surrealismo sia stato da loro letto, interpretato e trasformato in arte, attraverso la quale hanno potuto esplorare il loro inconscio e l’identità del mondo.

Frida Kahlo, Self-portrait with cropped hair (1940)

Qui il sito.

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