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Ewa Juszkiewicz dipinge misteriose donne dal viso coperto

Ewa Juszkiewicz Ewa Juszkiewicz
Ewa Juszkiewicz © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN
Ewa Juszkiewicz © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN

Ewa Juszkiewicz ha sviluppato un suo particolare stile pittorico. Ispirandosi ai ritratti del 18° e 19° secolo, realizza opere dove le modelle femminili hanno sempre il volto coperto. Il risultato, all’apparenza disturbante, cela un importante ragionamento estetico-morale.

C’è sempre un fascino misterioso nei ritratti del 18° e 19° secolo. Una bellezza lontana, affascinante, non sempre comprensibile. Per questo forse Ewa Juszkiewicz – pittrice polacca di stanza a Varsavia – li ha sempre osservati con una curiosità particolare, tutta tesa a penetrarne le fitte trame. A interessarle è soprattutto la tradizione ritrattistica europea, in particolare le opere di Jan van Eyck, Petrus Christus e Robert Campin. Il colore, la tecnica pittorica, il posizionamento calibrato dei soggetti e degli oggetti che li circondano. L’atmosfera è spesso pervasa di armonia, come in Portrait of a Young Girl di Petrus Christus.

Eppure, con il tempo, Ewa Juszkiewicz ha iniziato a notare che qualche aspetto non la convinceva appieno. Le donne, specialmente il loro volto, erano infatti spesso ritratte in modo convenzionale. Le pose, i gesti, le espressione: ogni elemento femminile sembra codificato in un rappresentazione cristallizzata. Questo all’artista proprio non andava giù. Così a instaurato uno speciali dialogo con la pratica del ritratto, rivisitando in chiave personale una tradizione che, seppure magnifica, evidenziava dei limiti ai suoi occhi. In questo, sostiene lei stessa, si è lasciata ispirare da Cindy Sherman e la sua serie History Portraits.

Ewa Juszkiewicz, Untitled (after Jan Adam Kruseman), 2020, oil on canvas © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN
Ewa Juszkiewicz, Untitled (after Jan Adam Kruseman), 2020, oil on canvas © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN

Così Ewa Juszkiewicz nel 2011 ha iniziato a realizzare dipinti che formalmente ricordano molto i ritratti del passato, ma con un’importante variazione: tutti i volti delle modelle sono coperti. Nascosti sotto un manto di vegetali (funghi, fiori, piante), intricate acconciature o stoffe accuratamente avvolte, l’intima essenza di queste donne viene negata all’osservatore. Ne risulta un’immagine surreale, disturbante, per qualche aspetto addirittura minacciosa.

Come mai questa svolta?

In questi dipinti, coprendo o modificando un ritratto, l’artista mira a sconvolgere i canoni consolidati e frantumare l’immagine uniformata e conservatrice della bellezza femminile. Attraverso la metamorfosi dei dipinti classici, il loro significato ultimo subisce un variazione. Associazioni alternative aprono a interpretazioni inedite. Nei suoi dipinti, giustapponendo elementi apparentemente incompatibili, Ewa Juszkiewicz crea immagini nuove, surreali, personaggi ibridi che evocano sensazione ambigue, spesso inquietanti o grottesche. Intrecciando gli elementi tipici della tradizione pittorica a ​​quelli tratti dalla natura, l’artista riesce paradossalmente a liberare l’espressione, l’emozione e la vitalità delle donne ritratte. Tutto ciò che in un ritratto classico, per secoli, è stato celato.

Una mostra a lei dedicata è visibile da Gagosian (Park & 75, Upper East Side, New York) fino al 4 gennaio 2021. Il titolo dell’esposizione – In vain her feet in sparkling laces glow – è una citazione dalla poesia Dorinda at her Glass della poetessa inglese Mary Leapor. Nella sua poesia l’autrice tocca temi come le aspettative sociali riguardo all’aspetto femminile.

Ewa Juszkiewicz, Untitled (after Joseph Karl Stieler), 2020, oil on canvas  © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN
Ewa Juszkiewicz, Untitled (after Joseph Karl Stieler), 2020, oil on canvas © EWA JUSZKIEWICZ/COURTESY GAGOSIAN

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