L’ultima scoperta a Pompei l’anno scorso (2019) ha portato alla luce un magnifico Termopolio quasi completamente intatto. “Street food”, “bar”, “locanda”, “locale”, se ne sono dette (giustamente e avventatamente) di ogni… ma cos’era precisamente un Termopolio nell’antichità? Come riporta la Treccani, il Termopolio sta a indicare la rivendita di bevande calde, delle quali i Greci e i Romani erano ghiotti (i più famosi sono a Pompei, Ercolano e Ostia Antica). Il thermopolium (derivato dal greco ϑερμοπώλιον e chiamato anche termopolio, formato dalla parole termos caldo e poleo vendo) era precisamente un luogo di ristoro in uso nell’antica Roma (preso “in prestito” dalla Grecia), dove era possibile acquistare e consumare bevande calde e a volte anche cibo pronto per il consumo, sia in piedi che seduti.
La struttura del Termopolio era costituita da un locale di dimensioni variabili con un lungo e largo bancone rivestito di lastre di marmo nel quale erano incassate grosse anfore di terracotta, atte a contenere le vivande. Bevande e cibi caldi erano proprio conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura. I termopoli erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa. Nella sola Pompei se ne contano una ottantina ma nessuno con il bancone interamente dipinto, a conferma dell’eccezionalità del ritrovamento dell’anno scorso. La presenza di un “locale” era annunciata da un grande e vistoso affresco sull’esterno.
Nell’ultimo Termopolio scoperto è stato rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio).
Come racconta Valeria Amoretti, Funzionario Antropologo del PAP, le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio: tra i dipinti del bancone sono raffigurate due anatre germane, e in effetti un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze.
D’altro canto, le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie, probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone. Sul fondo di un dolio – identificato come contenitore da vino sulla base della bottiglia per attingere, rinvenuta al suo interno – è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinate. Apicio nel De re Coquinaria (I,5) ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo.