Gli ex-voto sono espressioni artistiche che si collocano tra il familiare e l’ignoto, il soprannaturale. Il santuario di Notre-Dame-de-Laghet ne raccoglie più di 5.000: una collezione unica che attira il pellegrinaggio di numerosi fedeli.
Liguria di Ponente e Provenza si incontrano a Laghet, piccolo villaggio dell’entroterra nizzardo, nel cuore delle Alpi Marittime, giusto sopra Eze e poco lontano dal Trofeo della Tourbie, dove nel 16 a.C. Augusto faceva erigere uno dei più singolari monumenti delle Gallie con i nomi dei popoli assoggettati; fra questi i Sabates, i Docilii, i Vedianti, ultime tribù Liguri che avevano combattuto fino allo stremo per la loro indipendenza. Una stretta strada a gomito segue l’aspro rilievo alpino, sale tra crinali e muri a secco e vigneti andati perduti in un paesaggio di una bellezza antica, ingentilito da qualche pino e dalla macchia mediterranea che in stagione si colora del giallo della ginestra e della mimosa, del candore del biancospino.
Tuffato in un fresco bosco di querce e di lecci, Laghet è un pugno di case alla confluenza di un ponte, luogo di transito nel passato per i “routiniers” che dalla costa monegasca si recavano sui monti, il posto conserva ancora il fascino un po’ ambiguo delle terre di frontiera. Più che un paese Laghet è un Santuario segnato dai passi di una moltitudine di pellegrini (dall’8 settembre all’8 dicembre del 1653 i genovesi organizzarono a piedi 52 pellegrinaggi), dove, si incontrano, unite dalla fede comune, cultura italiana e francese. Giunti sul piazzale prima del ponte che attraversa il torrente, si lascia la macchina e ci si avvia, sono pochi passi, verso la Chiesa che la devozione popolare ha consacrato fin da tempi remoti come uno dei luoghi dove alita il soffio dello spirito.
Storia, leggenda, miracoli si incontrano e si intrecciano in questa piccola e fredda valle in un ambiente dove si indovinano fitte foreste abitate da animali non di rado feroci e dove, in un lontano giorno del 1100 si scoprì, fra i crinali e gli aspri dorsi montani, una piccola cappella dedicata alla Vergine, che, qualche secolo dopo, il prete di Eze don Jacques Fighiera fece restaurare e consegnò alla devozione del popolo. Siamo nel 1652, l’anno dei miracoli: i miracoli si sa, raccontano ciò che è impossibile, si può credere o no, fatto sta che, è ciò che si tramanda, il monegasco Giacinto Casanova guarì improvvisamente dalla lebbra dopo essersi rivolto alla Madonna del Vallon; Maria Aicardi dall’epilessia; vennero liberati prigionieri e guariti indemoniati. Qui fu miracolato Jean de Croese, Padre Santo da Camporosso, divenuto famoso a Genova come amico del popolo dei carrugi.
Oggi, dopo la canonizzazione da parte di Giovanni 23esimo (1962, nell’ambito del Concilio Vaticano II), una statua e un altare gli sono dedicati nel Santuario barocco che tanto contribuì a far conoscere. Miracoli ampiamente documentati all’interno di un piccolo museo che raccoglie gli ex-voto più belli e più antichi. Gli ex-voto meritano il viaggio. Sono un fenomeno popolare importante, che testimonia la volontà dei fedeli, (non solo nel Cristianesimo, materiali votivi li ritroviamo anche fra i Greci e i Romani), di instaurare un rapporto più personale e diretto con la divinità.
Con la loro rappresentazione di parti del corpo, toraci, arti superiori e inferiori, tavolette figurate, gli ex-voto si collocano tra il familiare e l’ignoto, il soprannaturale. A Laghet sono circa 5.000, sistemati non solo nel Museo, ma dappertutto, anche nel chiostro, i più antichi risalgono al 1793 essendo andati distrutti quelli anteriori alla Rivoluzione francese. Dipinti, decorati, incisi, di un simbolismo cromatico che attira studiosi di cultura popolare da ogni parte del mondo, ciò che più conta di essi non è tanto il valore estetico, quanto l’emozione viva e operante che ha guidato la mano ed il cuore di chi ha vissuto momenti drammatici.
Espressione commovente e prova tangibile di fede se, vale ricordarlo, Guillaume Apollinaire vide negli ex-voto di Laghet una delle più importanti manifestazioni dell’arte naif:
Tutti gli accidenti possibili le malattie fatali, i dolori profondi, tutte le miserie umane vi sono dipinte devotamente.
Héresiarque
Vi sono i ritorni insperati, le guarigioni impossibili, i più terribili incidenti: c’è da rimanere incantati per ore dinanzi a queste tavolette votive pervase di una psicologia semplice e ingenua. Corre fra passato e presente un legame ininterrotto sul filo di valori mantenuti intatti nella loro funzione e nel loro carattere. Al centro, da secoli, domina la statua policroma di Notre-Dame, scolpita in un tronco di sorbo da Pierre Moise, la stessa che i Penitenti bianchi di Eze trasportarono in processione il 24 giugno 1652, l’anno dei miracoli.