Hauser & Wirth celebra Philip Guston (1913-1980) con una personale che ripercorre l’intera parabola dell’artista. Due piani espositivi dedicati alle due fasi principali della sua produzione illustrate attraverso 14 tra dipinti e disegni. Transformation sarà visitabile dal 22 gennaio 2020 (l’inaugurazione è stata posticipata causa covid di un mese) al 28 marzo 2021, nella sede di St. Moritz (per ora è solo interamente “aperta” online).
Un affastellamento di corpi solidi che si concentrano lungo il centro della tela calcando l’orizzonte fino quasi a implodere. È il capolavoro Group II del 1964, anno cruciale della maturità astratta, di Philip Guston che domina la sala d’ingresso dell’avamposto (su tre piani) di Hauser & Wirth a St. Moritz. Una calamita potente, sospesa tra i toni del grigio e del nero, che conserva (come l’altra meravigliosa The Actors V del 1962 che fa da contraltare nella stanza) già in potenza la violenta svolta figurativa di quattro anni più tardi, 1968. Quella considerata fino a poco tempo fa fase “pasticciata” e “volgare”, condizionata dall’onta del giudizio di critici come Clement Greenberg e Hilton Krame, ora invece totalmente rivalutata storicamente e criticamente grazie a puntuali mostre e pubblicazioni (in arrivo nel 2022 la definitiva “Philip Guston Now”). Un ultimo fecondissimo decennio (Guston muore nel 1980) che si palesa al visitatore varcata la soglia del primo piano della galleria, con capolavori come The Poet e la bellissima Musa entrambi del 1975 (la netta separazione della chioma segna rotoli di Torah, in una commistione di aranci, rossi e rosa sul tipico fondo palettato di grigio, stagliato su un orizzonte bassissimo quasi impercettibile che eleva l’intera composizione). Un ritorno alla figura, in verità mai del tutto abbandonata (la parabola di Guston è circolare, inizia con la figurazione degli anni 30/40 prima della parentesi espressionista astratta, con però molteplici e frequenti richiami figurativi, per poi tornare prepotente per tutti i Settanta), nel quale riecheggiano gli amori di una vita: la moglie (la poetessa Musa McKim), De Chirico, Fellini, Piero della Francesca, la poesia, la letteratura, la metafisica, la filosofia e mistica ebraica. Un coltissimo e incessante (torna puntualmente in ogni opera) simbolismo tradotto in quell’universo fumettistico popolato di oggetti intimi e quotidiani. Acuto e ironico, libero da ogni vincolo e forma, un pittore assoluto, tra i pochissimi a spaziare dall’astrattismo alla figurazione restando su vette altissime. Come dimostra a pieno la mostra svizzera, con tanto di prezioso corredo grafico, propedeutico e fondamentale alla comprensione totale dello spessore dell’artista americano.
Il record d’asta di Philip Guston è di 25,8 milioni di dollari per un’opera del 1958 intitolata To Fellini da Christie’s nel 2013. Il secondo prezzo d’asta più alto di Guston è stato ottenuto per un autoritratto del 1979, Painter at Night, aggiudicato a 12,6 milioni di dollari da Christie’s nel 2017. Un libro assolutamente da non perdere per conoscere la figura di Guston è Night Studio edito da Johan & Levi nel 2017. Scritto dalla figlia Musa Mayer, Night Studio è un racconto profondamente personale del crescere all’ombra di un grande artista, è la ricerca di una figlia. La mega mostra Philip Guston Now è stata definitivamente fissata per il 2022, programmata per essere esposta al Museum of Fine Arts Boston, al Museum of Fine Arts Houston in Texas, al National Gallery of Art di Washington, D.C. e alla Tate Modern di Londra. Sul sito di Hauser & Wirth è visibile “Philip Guston. A Life Lived”, documentario sulla vita e l’arte di Guston.
Abbiamo visitato in anteprima la mostra di Guston accompagnati dal direttore, Stefano Rabolli Pansera. Visita che ripercorriamo nell’intervista qui di seguito, cominciando proprio da qui (l’esposizione di St. Moritz e la figura di Guston), per finire con un bilancio (con annesse previsioni e strategie per il futuro) dell’anno appena trascorso attraverso gli occhi della più importante galleria d’arte al mondo.
La mostra si intitola “Transformation”, commistione tra “trasformazione” e “forma”, correlata e contenuta al suo interno. Che trasformazione racconta la mostra, attraverso quali passaggi, dipinti? Di che forme è popolato il vocabolario di Guston?
Dopo aver prodotto prevalentemente dipinti murali negli anni ’40, il culmine della carriera di Guston arriva dopo il suo spostamento a New York, dove diventa una delle principali figure dell’espressionismo astratto della New York School. Fu in questo momento, verso la fine degli anni ’50, che iniziò l’inversione di rotta verso il suo vecchio stile figurativo. La mostra di St. Moritz esplora questo punto di partenza attraverso due corpi di opere, quello astratto (1952-64) e quello figurativo (1968-77), che insieme mostrano la profondità e la complessità della sua personale iconografia. In opere come “The Actors V” (1962) e “Group II” (1964), le tele dell’artista iniziano a essere invase da forme scure che ricordano delle figure. Dal 1968 in poi, i lavori esposti in mostra dimostrano la totale adesione di Guston alla figurazione, una figurazione in cui oggetti umili e quotidiani iniziano a popolare i suoi dipinti. È stata la solida abilità di Guston nel passare senza paura dall’astrazione alla figurazione che continua a rendere il suo lavoro rilevante oggi.
Dei 14 pezzi presenti in mostra c’è anche un significativo compendio di disegni. Libertà, origine, intimità, sperimentazione: che valore assume l’opera grafica in Guston?
La rilevante raccolta di 14 disegni e dipinti rivela il totale attaccamento all’esperienza diretta di Guston, il quale si muove da un linguaggio pittorico connesso al suo studio e ai suoi strumenti di lavoro, a motivi contemplativi riguardanti sua moglie, la poetessa Musa McKim, e la loro vita condivisa. Questi lavori profondamente personali trascendono l’esperienza quotidiana per presentare una visione intima del processo creativo di Guston e della sua straordinaria libertà creativa.
“Dipingere è più un impadronirsi che un rappresentare” scrive Guston. Intimità, libertà, politica, poesia, metafisica. Cosa ha rappresentato, simboleggiato, la pittura per Guston? All’apice della sua produzione astratta, come prima citato nel 1968, Guston verte inaspettatamente sulla figurazione. In mostra sono rappresentate entrambe le “epoche” dell’artista. Qual è stato il momento chiave di svolta per la sua pittura?
Guston si era stancato delle forme della pura astrazione, e di conseguenza ha sviluppato forme e sagome più ampie, con una palette di colori limitata nella sua pittura e nei suoi disegni. Nel 1967, Guston si spostò a Woodstock, dove visse e lavorò per il resto della sua vita. Abbandonando la scena artistica di New York, si liberò dalle opinioni e dai limiti del mondo dell’arte, in particolare dalle critiche, cosa che gli permise di dedicarsi più profondamente all’auto-esplorazione e alla riflessione sulla propria arte.
Bilancio e considerazioni sull’anno “speciale” appena trascorso, il 2020, e le prospettive della Galleria per l’anno prossimo (tra cui l’inaugurazione dell’hub di Minorca). Principali strategie, le possibilità del digitale ed eventuali nuovi modelli di sviluppo.
La nostra principale strategia per il 2021 è quella di continuare ad aumentare la nostra accessibilità attraverso il digitale. Quest’anno abbiamo organizzato 29 mostre online, includendo anche le incredibili sculture di David Smith così come una mostra virtuale di pittura dedicata ai lavori di Jack Whitten e Arshile Gorky. La flessibilità che questa tecnologia permette è così liberatoria, dal momento che permette di allestire mostre di alto calibro senza restrizioni di viaggi o spedizioni. Abbiamo visto che l’80% dei partecipanti alle nostre mostre online sono visitatori nuovi, e che questi impiegano un tempo di tre volte maggiore del normale per “visitare” le nostre mostre virtuali, inclusa ‘Beside Itself’, che mostra la nostra galleria del futuro, Hauser & Wirth Menorca, la cui apertura è prevista per l’estate 2021.
Altri aspetti fondamentali: educazione e implementazione dei contenuti culturali per coinvolgere il collezionista (ma non solo) a 360 gradi.
L’educazione è molto importante. Ogni anno accogliamo circa 100 scuole e istituzioni nella nostra galleria nel Somerset e vogliamo portare avanti questo progetto ancor più diffusamente. La scorsa settimana abbiamo organizzato una proiezione virtuale su hauserwirth.com del documentario ‘Philip Guston. A Life Lived’, diretto da Michael Blackwood, che ha avuto più di 100,000 visualizzazioni. La nostra volontà per il prossimo anno è quella di continuare a cercare modi per raggiungere un pubblico più vasto.
L’onda del digitale è stata la più macroscopica trasformazione del mondo dell’arte e del mercato…
È stato positivo vedere che la differenza in termini di presenza digitale rispetto ad altri settori sta iniziando a ridursi. Il valore dell’interazione umana e il fatto di osservare le opere dal vivo rimarrà importante, ma questa situazione ha costretto il mondo dell’arte a fare un gran balzo in avanti, anche se stiamo ancora fronteggiando le sfide che la visione digitale dell’arte porta con sé.
Hauser & Wirth è la galleria che rappresenta in esclusiva l’Estate di Philip Guston. Cosa state preparando e quali saranno i prossimi sviluppi per ampliare la conoscenza critica e storica dell’artista, soprattutto in Europa dove l’artista gode di molta meno popolarità rispetto all’America? Come vi state muovendo?
La galleria non ha in programma nessun progetto con l’Archivio di Guston, anche se due importanti fonti di conoscenza della vita e del lavoro dell’artista sono disponibili per il pubblico al di fuori degli Stati Uniti. Il testo di Robert Storr, ‘Philip Guston. A Life Spent Painting’, è stato pubblicato lo scorso anno ed è un’esaustiva indagine sulla carriera di Guston. Anche il sito della Philip Guston Foundation, lanciato da poco, è un’incredibile risorsa gratuita ed essenziale per comunicare l’eredità dell’artista a un’audience più ampia.