Da Ryuichi Sakamoto a Kim Ki-duk, i film da vedere con #iorestoinSALA, il circuito nazionale di sale virtuali per il cinema di qualità
#iorestoinSALA è un circuito nazionale di sale virtuali, una delle risposte alle sale chiusa per continuare a sostenere il cinema di qualità. In questo modo è possibile scegliere il cinema virtuale presso cui acquistare il biglietto del film da vedere (si tratta di una scelta simbolica che permettere di sostenere i cinema che siamo abituati a frequentare).
Consultando l’elenco dei film disponibili su #iorestoinSALA è possibile acquistare il proprio biglietto e vedere il film scelto, se il film in questione è preceduto da un’introduzione in live streaming, si dovrà scegliere e rispettare l’orario della proiezione; in tutti gli altri casi invece si può il film non appena acquistato il biglietto e ricevuto il link MyMovies, su cui poter vedere il film.
I prezzi dei biglietti vanno da un minimo di € 3,00 ad un massimo di € 7,90. Elenco completo delle sale e dei film in programma sul sito ufficiale.
>> Questi alcuni titoli in programma da non perdere su #iorestoinSALA.
Antropocene di Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier
Il film è frutto della collaborazione tra il fotografo Edward Burtynsky e due registi, Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier, che nel loro lavoro contaminano arte, cinema, realtà virtuale e ricerca scientifica. Con questo linguaggio ricco e pieno di creatività, Antropocene documenta i cambiamenti che l’uomo ha impresso sulla terra e testimonia gli effetti delle attività umane sui processi naturali; una serie di fenomeni che una branca dell’antropologia culturale identifica come “cultura” stessa. Un progetto presentato in anteprima europea al MAST Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia di Bologna all’interno di una mostra multidisciplinare nata con l’obiettivo di documentare l’indelebile impronta umana sulla terra.
An•tro•po•cene: l’attuale Epoca geologica, proposta dai membri dell’Anthropocene Working Group, definita temporalmente a partire dalla metà del XX secolo, nella quale la specie umana è la causa primaria di un cambiamento permanente del pianeta.
Non conosci Papicha di Mounia Meddour Gens
Il film racconta la storia di Nedjma, 18 anni, studentessa ospite della Cittadella universitaria di Algeri, che sogna di diventare stilista. Esordio della regista Mounia Meddour, che ha vissuto in prima persona il decennio nero dell’Algeria, il film è stato presentato a al Festival di Cannes e tuttora è bandito in patria dal governo algerino. Protagonista del film è Nedjma (soprannominata Papicha), una ragazza che studia francese all’università e sogna di diventare stilista, la sua vita viene però sconvolta dall’ondata di fondamentalismo religioso che negli anni Novanta precipita l’Algeria nel caos. Determinata a non arrendersi al nuovo regime, Nedjma decide di organizzare con le compagne una sfilata dei suoi abiti, che diventerà il simbolo di un’indomita e drammatica battaglia per la libertà.
Ryuichi Sakamoto di Stephen Schible
Un intimo ritratto del rinomato compositore giapponese Ryuichi Sakamoto che permette di fare il punto sulla sua musica, sul suo lavoro nel mondo del cinema e sul suo rapporto con la natura e il mondo. «Il film esplora come la consapevolezza di Ryuichi Sakamoto delle crisi ambientali, sociali, e perfino personali sia alla base del cambiamento della sua arte – ha dichiarato il regista – Fin dall’inizio avevo in mente il titolo Coda perché volevo che il film approdasse a un finale musicale: alla nascita di una nuova canzone. La mia speranza è che coloro che vedranno questo film lo possano vivere come un ampliamento della percezione, riuscendo a immaginare la visione del mondo di Sakamoto, fino a diventare testimoni di come l’artista, alla fine, trionfi nel trovare nuove espressioni musicali».
La pellicola ci porta nel mondo del leggendario musicista, nel suo impegno nella difesa dell’ambiente prima e dopo il disastro di Fukushima: e vero e proprio un affondo nella sua sensibilità per le forze della natura con tutti i loro suoni e le loro voci.
Il prigioniero coreano di Kim Ki-duk
Uno degli ultimi film del maestro del cinema sudcoreano da poco scomparso. Il film segue la vicenda drammatica di uno sventurato pescatore della Corea del Nord, Nam, che, suo malgrado, si trova a varcare un confine fluviale ritrovandosi così prigioniero, per l’appunto, nella Corea del Sud. Inizia così una vicenda kafkiana di interrogatori, inquisizioni e giochi psicologici. Una storia che si sviluppa e si articola sul tema del doppio. Come doppia è la Corea. Divisa, speculare, ma sistematicamente uguale nel dramma di due dittature puntellate l’una sul sospetto dell’altra: comunismo contro capitalismo. Dittatura contro dittatura.
Kim Ki-duk prende in prestito e piega a suo piacimento la grammatica del thriller per raccontare attraverso questa sorta di spy-story la natura di un Paese in perenne stato di guerra mostrando al mondo il paradosso, illuminante, su quanto siano simili il Nord e il Sud della Corea, entrambi soggiogati dalla violenza ideoligica.