Uscito per i tipi di Neri Pozza, Vardø. Dopo la tempesta, è il primo esperimento di narrativa storica della scrittrice inglese Kiran Millwood Hargrave (classe 1990), già nota al pubblico per le sue raccolte di poesie – con le quali ha vinto numerosi premi -e i libri per bambini. Quello della narrativa per adulti è decisamente un tentativo molto ben riuscito: protagonista è il racconto di una vicenda che mostra la realtà (romanzata) di uno dei momenti più bui della nostra storia, e fa emergere quanto la forza di volontà e la caparbietà dei singoli possano (o meno) stravolgere le sorti della collettività.
Il paesino di Vardø, nel nord più profondo della Norvegia, alla vigilia di Natale del 1617, si vede ribaltare la barca che portava a pesca tutti (o quasi) gli uomini del villaggio: padri, mariti, fidanzati, figli vengono inghiottiti da un’onda anomala, quasi animale, in una tempesta senza precedenti. Nessuno è indenne al dolore della perdita, improvvisa e inattesa, che sembra arrivare da una natura che è sempre stata amica. Le donne del villaggio, dopo un primo momento di smarrimento, fanno quello che sanno fare meglio: si rimboccano le maniche e prendono in mano le sorti del villaggio. Pescano, tagliano la legna, seminano i campi; ma siamo agli inizi del XVII° secolo, in piena caccia alle streghe, e tutta questa indipendenza non piace al signorotto locale, lo scozzese Lensmann Cunningham, che manda uno zelante (e cattivissimo) sovraintendente, suo compatriota, con giovane moglie al seguito, a rimettere ordine nella sconquassata Vardø. Riportare l’ordine significa cacciare il Maligno: sono gli anni dell’Inquisizione, e il male in Scandinavia prende forma nei riti dei lapponi, nelle donne vedove che usano i pantaloni dei mariti, o in chi non china la testa sotto a imperativi senza senso.
Il romanzo cresce d’intensità coinvolgendo il lettore nelle vite delle donne di Vardø: il dolore si tramuta in energia, in forza e coraggio ma anche dubbi e domande. Con l’arrivo del supervisore luterano, AbsalomCornet, si generauna spaccatura tra le donne nel paese: tra chi segue e chi no il fanatismo religioso, chi si schiera, chi accusa, chi subisce le torture e le prove per dimostrare la natura di streghe e i processi, e chi si limita a guardare. Processi che davvero in quegli anni segnarono duramente il Finnmark (il territorio a nord più selvaggio, e che rifiutava di obbedire alle riforme religiose): il re Cristiano IV di Danimarca e Norvegia, in prossimità del termine del suo regno, sentiva la necessità di lasciare un’impronta nella storia. E lo fece introducendo la legge sulla stregoneria nel 1618, che si concretizzò nel solo territorio diVardøhus, il Lensmann Cunningham presiedette a non meno di 52 processi di stregoneria, che portarono alla morte di 91 persone (14 uomini e 77 donne), di cui otto accusate di aver scatenato la burrasca del 1617.
Nel romanzo accompagnano il lettore un variegatissimo ventaglio di figure femminili che elaborano il lutto ciascuna secondo le proprie necessità, inclinazioni ed età: la giovane Maren, che sogna continuamente una balena invincibile che divora la barca degli uomini, ma che è anche tra le prime ad accettare la richiesta di Kirsten, che per prima vede le necessità del villaggio e pone davanti alle altre donne il fatto che sia necessario che si colmino i vuoti lasciati dagli uomini dei lavori del villaggio; c’è Diina, cognata di Maren, lappone e per questo mal vista dalla comunità perché “diversa”, che cresce il suo piccolo nella solitudine e sempre in bilico tra il restare o l’andare. Ma c’è anche Ursa, la giovane moglie di AbsalomCornet, data in sposa per soldi del padre in difficoltà, che lascia la sua casa -un tempo ricca di agi e divenuta sempre più essenziale dalla morte della madre- , per trasferirsi in una rimessa per le barche, trasformata in dimora. E ci sono le donne che obbediscono al pastore (e a tutte le autorità che passano), che senza colpa cercano solo di fare quello che è stato loro insegnato: obbedire agli uomini.
La narrazione si dipana tra la realtà dei fatti di cronaca e le vite immaginate dei protagonisti, paure recondite alimentate da leggende e maldicenze, e un’incredibile potenza del racconto e delle emozioni. Perché KiranMillwoodHargrave da vita a un romanzo dove la storia della caccia alle streghe è uno scenario, mentre protagonista è la volontà di riscatto, il perseguimento dell’autodeterminazione, la necessità di riemergere dopo che un’onda anomala (maligna o benigna che sia) si abbatte distruggendo inesorabilmente tutto ciò che c’era, tutte le certezze fino a quel momento salde.
Titolo: Vardø. Dopo la tempesta
Autore: KiranMillwoodHargrave
Traduttore: Laura Prandino
Genere: Romanzi e saggi storici
Categoria: Narrativa Straniera
Casa editrice: Neri Pozza
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 336
Prezzo: 17 euro