Fausto Pirandello è stato un pittore profondo e sincero, che ha lottato per esprimere se stesso all’ombra ingombrante del padre Luigi, che l’ha sempre sostenuto. Il suo spirito introspettivo lo si trova in modo marcato nei Nudi, che per stile e tono emotivo sono associabili a quelli di Bacon e Freud.
Nella famiglia Pirandello tutti dipingevano, ma se “pittare”, come scrive Emilio Cecchi, serviva a Luigi “soprattutto come una specie di meditazione”, per Fausto la pittura divenne la principale forma di espressione, un mezzo per differenziarsi dal celebre padre, ma anche per ricostruire delle relazioni che gli riuscivano umanamente difficili e complicate. Legatissimo alla madre, Antonietta Portolano, di cui era il preferito, (la grave depressione materna ha certamente influito sul suo carattere introverso e solitario), sembra che Fausto non fosse esente da una sorta di rivalità-competizione nei confronti del grande scrittore e uomo di teatro, destinata però a vederlo sempre perdente nei suoi confronti.
Ricorda Fausto: “Cominciai a desiderare di poter dipingere vedendo dipingere mio padre. Se mio padre dipingeva, dipingeva anche mio fratello e questa petulanza indispettiva me solo, cui per l’età tenera si vietava l’esercizio di quelle arti belle. Se contrariato e avvilito mi rivolgevo a mia madre, la trovavo intenta a ricamare fiori e rabeschi con svariate matassine di seta d’incredibili colori”. Quanto il problema dell’identità ha avuto a che fare con l’arte di Fausto Pirandello, (Roma 1899- 1975), con il suo nome, le vicissitudini della famiglia, con l’essere figlio del famoso scrittore premio Nobel? Quando si parla di identità non ci si riferisce soltanto a ciò che si riceve per nascita, ma anche a quel che si costruisce nella relazione con gli altri e quanto essa ci determina.
E forse per i due Pirandello, padre e figlio, meglio sarebbe parlare di identificazione e di complementarietà. Le loro personalità erano complementari, (ognuno eccellendo nel suo specifico dominio, naturalmente), perché lo scrittore dipingeva, così come il pittore scriveva. Scrittura e pittura: alcuni dei giudizi più acuti e fulminanti sulla sua pittura sono consegnati agli appunti non sistematici di Fausto stesso (scriveva benissimo). E sul tema dell’ identificazione si potrebbe supporre, servendosi della nozione lacaniana di sinthome, (da non confondere con il symptome in senso medico), che l’opacità del sintomo stesso potrebbe essere alla base delle invenzioni artistiche che, a partire dal loro reale prodursi, permettono a Fausto di fronteggiare in modo nuovo la mancanza, che pure lo anima, di quel padre di cui deve e vuole fare a meno. Legge e desiderio nel contempo e che regola la sua condotta e le sue creazioni artistiche.
Nato e cresciuto in un ambiente dove il celebre padre fu il suo primo ispiratore e critico, “non tormentarti, gli diceva, liberati dalla critica. Abbandonati. Lascia che dentro di te nascano le cose”, Fausto divenne, tramite le sue invenzioni fuori da ogni schema e parentela, una delle più originali ed enigmatiche personalità artistiche del ‘900. Scriveva Luigi Pirandello “Il mondo non è per sé stesso in nessuna realtà se non gliela diamo noi e dunque, poiché gliela abbiamo data noi, è naturale che ci spieghiamo che non possa essere diverso. Bisognerebbe diffidare di noi stessi, della realtà del mondo posta da noi”.
Il realismo di Fausto fu essenzialmente poetico, introspettivo, intravisto attraverso una lente deformante che per alcuni aspetti ricorda l’inquietante mondo artistico di Francis Bacon, ma sembra anche anticipare di 50 anni la pittura di Lucien Freud, come già ha indagato una mostra curata da Vittorio Sgarbi nell’ambito della Biennale di Venezia 2011. Punti di contatto con il nipote di Sigmund si esplicano soprattutto nei grandi Nudi, nelle posizioni e nell’intreccio dei corpi pesanti fatti di una materia greve, densa, antilirica, drammatica.
Il confronto con Freud prende tutta la sua ampiezza guardando in particolare ai Nudi del 1923/24 e del 1940: sia Freud che Pirandello parlano di tormento, di solitudini, di un individualismo tenace e singolare. Li avvicina il particolare realismo pervaso da un senso di inquietudine, di attesa, di stupore, di straniamento, la materia ripresa e lavorata instancabilmente, i colori indissociabili da una realtà dolorosamente vissuta, lo sguardo sulla memoria che si risolve per entrambi in uno stato di tensione inappagata.
L’arte di Pirandello accoglie le suggestioni di una natura aspra, opaca, di una carnalità puramente fisica, la sua pittura parla di terra e di ruggine, di cose quotidiane, prosaiche, di oggetti d’uso umili, privi di ogni abbellimento. Una sinfonia di ocra dorata e giallo-cromo invade lo spazio compresso delle tele affollate di bagnanti dai corpi quasi disseccati nella loro fisicità mai idealizzata che sembrano disfarsi sotto un’afa pesante, di nature morte abbandonate in piani e prospettive incongrue ed inusuali.
Per dipingere usa spesso materiali di scarto, cartoni raccattati agli angoli delle strade: è la traccia mnestica, la memoria ciò che vuole fissare sulla tela. Scrive in una nota: “Il mio ricordo, la mia memoria secerne il colore del ricordo. Penso a un cespo di rose che ho accudito…Cos’è questo colore della memoria?”. Cogliere la materia “in sobbollimento” nel presente della memoria si risolve per l’artista in uno stato di continua tensione: essere “uno, nessuno, centomila” significava per lui guardare la figura dalle infinite possibilità dell’esistenza.
“Una delle mie più grandi fatiche con la quale aggravio la mia vita è quella di correre a mettermi da tutti o quasi i punti di vista attraverso i quali le cose di questo mondo possono essere guardate e da lì interpretate per come appaiono”. Punti di vista inusuali, che spiegano le originali e innovative prospettive dei suoi quadri, laddove affiora il senso malato della carne, la greve sensualità dei nudi, la tragica pesantezza dei corpi. (A proposito dell’ossessione del corpo in Pirandello si segnala l’ultima mostra “Corpi” alla Galleria Six di Milano, una selezione di oli e opere su carta in collaborazione con la Fondazione Fausto Pirandello)
Biografia
Fausto nasce quando Luigi Pirandello ha 32 anni. Ne ha 5 quando il padre pubblica il Fu Mattia Pascal, 18 quando vanno in scena i primi successi teatrali, 21 quando vengono rappresentati i Sei Personaggi in cerca d’autore. L’esordio è il periodo degli Autoritratti dove il pittore allo specchio sta forse cercando sé stesso, una sua autobiografia riflessa nella storia della pittura. Agli anni della formazione appartengono anche alcune opere del 1923 Composizioni, si tratta di corpi femminili nudi, in posizioni estreme, con scorci prospettici dalle forti tensioni lineari, la prospettiva accelerata di cui parla Maurizio Fagiolo dell’Arco.
Poi la fuga a Parigi nell’inverno 1927 è l’occasione giusta per allontanarsi. Porta con sé Pompilia d’Aprile, bellissima modella di Anticoli Corrado, che sposa a Montparnasse. Il suo esordio artistico era avvenuto nel ‘23 sotto il segno di Spadini, Carena, Martini. Nel ’26 un suo quadro era stato esposto alla Biennale di Venezia accanto a quelli di Carlo Levi, ma il viaggio nella Ville Lumière gli dà quel soffio di aria nuova e di libertà, che lo pone al di fuori delle liturgie e delle dinamiche della tradizione del ‘900 italiano. Qui entra in contatto con il vivace gruppo degli Italiens de Paris, De Chirico, Savinio, Tozzi, Paresce, Campigli, Sciltian, Severini.
Dichiara in un’intervista: “Picasso e Derain sono i miei maestri fra i pittori contemporanei. Ammiro molto anche Braque e il mio compatriota De Chirico”. Ha 30 anni quando espone alla Galleria Zak di St. Germain-des-Pres. Dopo il triennio parigino, Fausto Pirandello torna a Roma, dove nel 1936 muore il padre. Dopo anni di sperimentalismi, dubbi, amarezze, difficoltà, giunge il tempo della maturità artistica, quando assume in pieno quell’audacia e libertà concettuale, che ne fanno un caso a parte nella pittura italiana del ‘900. Gli anni Trenta sono fondamentali per il periodo di ricerca e trasformazione.
In 50 anni di pittura l’artista compie un lungo percorso artistico, tecnico, stilistico, iconografico sempre accompagnato da un ininterrotto enigma esistenziale e da una ricerca incessante sulla verità della pittura.