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Fare di necessità virtù. Da Parigi a Milano, l’arte di esporre in vetrina (in tempi di Covid)

Dai su farmi sorriso Dai su farmi sorriso
Dai su farmi sorriso
Dai su fammi sorriso

Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto nel mese di gennaio 2021 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.

Con la chiusura dei musei e delle gallerie a mesi alterni, e la conseguente difficoltà nell’accogliere il pubblico, diverse realtà espositive stanno sperimentando modalità alternative di mostrare l’arte. Ciò non comporta necessariamente una riconversione delle proprie attività al digitale, ma, come si vedrà di seguito, la possibilità di ripensare la logica degli spazi tramite un’organizzazione dell’esposizione.

L’idea di esporre in vetrina non è così recente. Già Lucio Amelio, gallerista del secolo scorso, attivo a Napoli ma con uno sguardo internazionale, ebbe questa intuizione nel 1989 quando fondò Pièce Unique a Parigi. Come suggerisce il nome, si trattava di uno spazio – per l’appunto, una vetrina – dedicato all’esibizione di una sola opera, illuminata giorno e notte in modo da poter essere ammirata dai passanti. Lo scorso anno l’eredità di Amelio è stata raccolta da Massimo de Carlo, il quale ha aperto il suo sesto spazio, Massimo de Carlo Pièce Unique, nella parigina Rue de Turenne 57, spostandosi quindi dall’edificio originale ma conservando la modalità espositiva.

Massimo de Carlo a Parigi
Lucio Amelio a Parigi

A Roma, la galleria Gagosian e La Fondazione hanno ideato un programma congiunto che, a partire dal 3 giugno fino allo scorso settembre, ha visto la prima esporre in anteprima delle opere di Stanley Whitney (Philadelphia, 1946) e la seconda dei capolavori di artisti italiani vissuti fra Ottocento e Novecento. Entrambe hanno sfruttato le porte in vetro dei rispettivi palazzi per mostrare al pubblico ciò che era posto all’interno. Si è trattato di un esplicito invito alla fruizione artistica in tutta sicurezza.

Dai su, fammi un sorriso è invece il titolo del progetto realizzato tra il 1 luglio e il 30 settembre da Vittorio Corsini (Cecina 1956), artista e docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera. La vetrina centrale di Farsettiarte, galleria d’arte e casa d’aste pratese, e il Castello dell’Imperatore a Prato invitavano lo spettatore a sorridere tramite delle scritte al neon, incoraggiando così a tornare a coltivare relazioni d’amicizia e familiari dopo mesi di isolamento. La grafia delle sculture a neon a Milano è quella di una donna di 92 anni: un significativo richiamo agli anziani, la categoria più colpita da questa pandemia. È la voce dei sopravvissuti, che lancia un appello a dimenticare per un attimo le nostre angosce e le comuni paure.

Sempre a Milano, alla Galleria Poggiali, è ancora possibile visitare Dove andiamo a ballare questa sera?, un’installazione site specific ideata dal duo artistico Goldschmied & Chiari. Attraverso le vetrine, si possono scorgere i resti di una festa in una discoteca stile anni Ottanta. Fra gli oggetti è possibile notare le opere UntitledViews: degli specchi che riflettono il fumo e al contempo l’immagine dell’osservatore, suscitando un senso di smarrimento. La scena vuole trasmettere la nostalgia per un’epoca così vicina ma al tempo stesso lontana, come una belle époque irraggiungibile.

Goldschmied & Chiari
Goldschmied & Chiari

A Firenze Palazzo Strozzi ha deciso di popolare il proprio cortile con le luminarie della grande installazione di Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, 1977), artista da sempre impegnata per un’arte partecipativa. L’opera dal titolo We Rise By Lifting Others, visibile fino al 7 febbraio, è ispirata alle tradizionali luci che animano le città dell’Italia meridionale e vuole comunicare un senso di comunità e vicinanza. Questo stesso intento ha guidato la scelta dell’artista di organizzare alcuni workshop online sul tema della partecipazione e della costruzione di relazioni di comunità tramite la pratica performativa (è possibile trovarli a questo link: https://www.palazzostrozzi.org/marinella-senatore-workshop/).

Uscendo dai confini italiani, precisamente a Lugano, il MASI ha trasformato la sua grande finestra panoramica in un maxi-schermo su cui è stata posta fino a chiusura della mostra – 24 gennaio 2021 – l’opera testuale di Nora Turato (Zagabria, 1991). Sullo schermo scorreva una serie di citazioni, in parte rielaborate dall’artista. Mentre per le strade della città erano stati affissi dei manifesti, anch’essi riportanti una frase significativa. Anche questa installazione si è posta come un modo di comunicare con gli spettatori, una risposta innovativa e sensibile all’emergenza attuale.

Nora Turato al MASI di Lugano
Nora Turato al MASI di Lugano

Fra le iniziative in corso c’è Vetrine Accese, idea con cui la Fondazione Bevilacqua La Masa ha voluto dare visibilità ai giovani artisti. Per tre mesi, a partire dal 27 gennaio, i loro lavori potranno essere apprezzati sulle quattro vetrine della Galleria di Piazza San Marco a Venezia che si affacciano in Seconda Calle de l’Ascension. Le opere, frutto della creatività degli assegnatari degli Atelier di Palazzo Carminati e del Chiostro dei SS Cosma e Damiano, spazieranno dalla fotografia alla video-arte, dalla pittura alla stampa.

Da ultimo, si segnala la prima mostra in vetrina dello spazio Aretè a Milano, a cura di Andrea Croce e State Of visitabile fino al 18 febbraio. Il progetto, dal titolo Un Déjà vu inaspettato e mi chiedo se lo avessi già pensato, si incarna nelle opere di Giovanni Zanda e Stefania Ruggero. Tramite differenti medium – il primo con illustrazioni adesive, la seconda con due grandi specchi con cornici in resina – i due artisti riflettono sul tema del tempo, e in particolare sul fenomeno del déjà-vu, che ci spinge a mettere in dubbio la veridicità dei nostri ricordi.

Un Déjà vu inaspettato e mi chiedo se lo avessi già pensato
Un Déjà vu inaspettato e mi chiedo se lo avessi già pensato
Un Déjà vu inaspettato e mi chiedo se lo avessi già pensato
Un Déjà vu inaspettato e mi chiedo se lo avessi già pensato

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