Giuliano Gori (1930) è collezionista e mecenate di lungo corso, fondatore del parco artistico Fattoria di Celle. Il suo libro Un Trittico – Storia di una Visione racconta le vicende e i retroscena che l’hanno portato a comporre il suo personalissimo trittico.
Mettendo in relazione il sublime affresco di Piero della Francesca La Madonna del Parto (1455 circa) con il Taglio operato da Lucio Fontana sulla tela di Concetto spaziale-Attesa (1960) e con il Viaggio 1 di Alberto Burri (1979), Giuliano Gori (Prato 1930) ha costruito il suo personale Trittico. L’emozionato ricordo del collezionista toscano si è concretizzato in un prezioso libro-catalogo, Un Trittico – Storia di una Visione (edizione gli Ori – versione italiana e inglese – dicembre 2020). Il mecenate e pioniere dell’arte ambientale ne ricostruisce la genesi: “Era intorno agli inizi degli anni ’60 quando per la prima volta ho visitato la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi… La Vergine è in piedi al centro della scena con una mano sul fianco, come per sorreggersi, l’altra sul ventre, la veste blu appena aperta come fosse una fessura che ci lascia immaginare il mistero che si cela all’interno di essa.”
In quella fessura Gori identifica il primo taglio operato da Lucio Fontana, opera già appartenuta alla sua collezione ed oggi al Centro Pecci di Prato. Ma un’altra illuminazione lo folgora osservando il ciclo di Alberto Burri che dell’affresco di Monterchi ha letto la particolare struttura del tendaggio. “Una di queste – scrive Gori – il Viaggio 1 mi ha rivelato il forte legame che anche Burri aveva con la Madonna del Parto”. Nasce il Trittico dalla sua assidua frequentazione dei due amici artisti, folgorante insight su un’opera dove il quotidiano assume una commovente dimensione sacrale.
Raffinato simbolo dell’incarnazione, la Madonna gravida di Piero è uno dei dipinti più celebri ed enigmatici del percorso artistico universale. Nel tempo ha affascinato raffinati intellettuali come Valerio Zurlini (La prima notte di quiete,1972) e Andrej Tarkovskij, un poeta del cinema, che al celebre affresco ha dedicato la prima sequenza del film Nostalghija (1982). Al regista russo apparve come una manifestazione sacrale quasi insostenibile, tanto da non riuscire neppure ad entrare nel sacrario dove aveva collocato l’opera, il critico A. Brilli vide in essa “una Demetra cristiana che incarna il mistero eterno dell’umana generazione”, mentre una schiera di visitatori illustri ne fece un affascinante meta di pellegrinaggio (Kenneth Clark, Salvator Dalì..).
Arriva adesso come ultimo omaggio alla stupefacente icona il commovente ricordo di Giuliano Gori affidato all’elegante libro-catalogo dove racconta in poche, dense righe il suo incontro con l’affresco, quando questo si trovava ancora nel cimitero di Monterchio, (l’artista l’aveva dedicata alla madre originaria del luogo, dopo, la collocazione dell’opera ha attraversato varie vicissitudini). Il collezionista toscano ha sempre avuto con gli artisti un rapporto molto ravvicinato. Ha praticamente “creato” con loro il parco della Fattoria di Celle, a una manciata di Km da Pistoia, segnalata all’ingresso dal Grande Ferro di Alberto Burri. All’interno circa 80 opere di grandi artisti di oggi disseminate su un’area di 45 ettari ne fanno una meta imprescindibile per gli appassionati di arte ambientale.
Dal Labirinto di Robert Morris a Le reti di Salomone di Alice Aycock, il teatro-scultura di Beverly Pepper, La morte di Efialte di Anne e Patrick Poirier, La Cabane Éclatée aux 4 Salles di Daniel Buren, alla Porta sonora della Cappella di Celle realizzata come uno spartito musicale dall’artista visivo Daniele Lombardi, “tutte le opere create nel parco di Celle – sottolinea Gori – hanno avuto dei tempi di realizzazione che vanno da un minimo di tre mesi a un massimo di oltre due anni. Ad esempio La serra dei poeti del 2018 di Andrea Mati e Sandro Veronesi ha richiesto sedici mesi di lavoro. Le opere sono state sempre progettate per il luogo e create sul posto”.