Print Friendly and PDF

È quello che sembra, o forse no: l’Appropriation Art di Sherrie Levine

Sinistra: Sherrie Levine - Untitled (President 4), 1979 / Destra: Sherrie Levine - Untitled (President 5), 1979 Sinistra: Sherrie Levine - Untitled (President 4), 1979 / Destra: Sherrie Levine - Untitled (President 5), 1979
Sherrie Levine

Sherrie Levine (1947, Hazelton, Pennsylvania) vive e lavora tra New York e Santa Fe. Dagli anni ’80 è portavoce della corrente artistica denominata Appropriation Art, arte dell’appropriazione, assieme a Cindy Sherman, Robert Longo e David Salle. Il suo celebre orinatoio ispirato a Duchamp sarà visibile dal 15 aprile 2021 al 22 agosto nella mostra American Art 1961-2001 presso Palazzo Strozzi, Firenze.

Trascorre buona parte dell’infanzia e adolescenza a St. Louis, in Missouri, dove con la madre – che amava dipingere nel tempo libero – visitava spesso il St. Louis Art Museum e guardava film d’essai, che poi avrebbero di molto influenzato la sua carriera artistica. Dopo il master in Belle arti presso la University of Wisconsin, compie vari lavori nel campo dell’arte e dell’insegnamento.

Nel 1975 si trasferisce a New York, terreno fertile per gli artisti. Levine crea opere complesse sfruttando una grande varietà di mezzi e tecniche, tra cui la fotografia, la pittura e la scultura. Alcuni dei suoi primi lavori vengono esposti durante la mostra Pictures, tenutasi nel 1977 presso l’Artists Space, a New York, curata da Douglas Crimp.

Installation view di “Pictures,” 1977, all’Artists Space, New York.

Oltre a Sherrie Levine, gli artisti presenti – tra cui Cindy Sherman, Barbara Kruger, Louise Lawler, Richard Prince e Robert Longo – iniziano a essere riconosciuti nel panorama culturale come la Pictures Generation, prendendo il nome dall’evento stesso. L’elemento che li accomuna è l’indagine sulla struttura sottostante le immagini. Il loro procedimento artistico spesso consiste nell’appropriazione di immagini diffuse dai mass media, quali la televisione e la pubblicità, per comporre una serie di opere che approfondiscono le tecniche fotografiche, filmiche e quelle della performance.

Sherrie Levine è quindi tra i pionieri dell’Appropriation Art, che non si prefigge di creare ex novo un’opera d’arte, ma di sfruttare gli elementi già esistenti per stimolare nella mente del fruitore un’ampia riflessione circa l’originalità e l’autenticità, il ruolo della copia e la riproduzione.

Sherrie Levine, 2 Shoes, 1992. Courtesy of Tate Gallery

La sua carriera artistica ha inizio nel 1977 con il progetto Shoe Sale, nel quale l’artista vende scarpe per bambini in un magazzino al 3 di Mercer Street, uno spazio d’arte newyorkese. “Solevo fermarmi in un negozio vintage mentre tornavo a casa da uno dei miei lavori [quando vivevo a Berkeley]. Un giorno sono entrata e ho visto un pacco di 75 paia di piccole scarpe nere per 50 cents a pezzo. […] Le ho comprate. E quando mi sono trasferita a New York nel 1975, non avevo altro che la mia valigia e questo pacco di scarpe”, che poi ha venduto in quell’occasione.

Diventata celebre per la serie After Walker Evans del 1981, studia l’autonomia dell’oggetto. Qui, Levine interviene e fotografa gli scatti di Evans da uno dei suoi cataloghi d’esposizione, senza apporre alle immagini alcuna modifica, e li presenta come un lavoro originale alla sua personale dello stesso anno presso la Metro Pictures Gallery di New York. La serie non si ripresenta tale e quale, ma è arricchita da un nuovo punto di vista e un nuovo contesto di esposizione.

Le foto di Evans – che hanno acquisito fama con la pubblicazione del libro Let Us Now Praise Famous Men – ritraggono l’America rurale e povera durante la Grande Depressione del Novecento. I discendenti di Evans considerano la serie di Levine una violazione del diritto d’autore e la comprano per scongiurarne la vendita. Ora, After Walker Evans è di proprietà del Metropolitan Museum of Art di New York e si pone nel panorama artistico come una delle tappe fondamentali del movimento postmodernista.

Sherrie Levine, After Walker Evans
Sherrie Levine, After Walker Evans

Impegnata anche nel dibattito femminista degli anni ‘80, Levine si riappropria di opere di artisti come Marcel Duchamp, Piet Mondrian, Edgard Degas, Fernand Léger, El Lissitzky, Costantin Brancusi e Van Gogh, con l’intento di studiare il ruolo degli artisti uomini suoi predecessori.

Alcuni di questi lavori vengono esposti durante la mostra del 1984 Difference: On Representation and Sexuality, assieme, tra gli altri, a quelli di Barbara Kruger e Mary Kelly. Tre dipinti dalla serie After Ernst Ludwig Kirchner sono inclusi nella mostra: le sue appropriazioni delle opere degli artisti maschi sono frutto di un’intenzionale resa delle opere “al femminile”, la quale paradossialmente concentra l’attenzione sul concetto di differenza di generi.

Voglio mettere un’immagine sopra a un’altra immagine. Servirà per i tempi in cui entrambe scompariranno e in altri tempi in cui saranno entrambe visibili.

 

Sherrie Levine

Sherrie Levine, After Degas, 1987
Sherrie Levine, After Degas, 1987

Ciò che il lavoro di Levine mira a far comprendere al fruitore è che la distinzione tra opera originale e riproduzione ha perso il suo senso nel mondo di oggi. Le opere “copiate” di Levine hanno pari dignità delle originali. Non solo ne sottolineano l’importanza, riportandole alla memoria, ma stimolano un’ampia riflessione circa il ruolo delle opere d’arte.

A conferma del suo eclettismo, nel 1991 Levine propone Fountain – visibile nella mostra American Art 1961-2001 presso Palazzo Strozzi di Firenze, che aprirà il 15 aprile 2021 – un orinatoio in bronzo identico al celebre omonimo di Marcel Duchamp datato 1917. Questo lavoro pone l’attenzione sull’idea di originalità e l’abilità di Levine di proporre al fruitore un’opera “copiata” che non è mai uguale all’originale che la precede. La finitura in bronzo rimanda volutamente all’artista Constantin Brancusi, mettendo Duchamp e quest’ultimo in dialogo con Levine.

Sherrie Levine, Fountain (after Marcel Duchamp), 1991
Sherrie Levine, Fountain (after Marcel Duchamp), 1991

Nel 1993, Levine crea delle copie della scultura The Newborn di Brancusi. Ora sono conservate al Philadelphia Museum of Art, che possiede anche una versione realizzata dall’artista negli anni ’20.

Nel 2009, il Metropolitan Museum of Art organizza la mostra The Pictures Generation, includendo varie opere di Levine. Nel novembre 2011, il Whitney Museum of American Art a New York le dedica la retrospettiva Sherrie Levine: Mayhem, includendo tra le opere la serie Crystal Skull (2010), esposta anche a Punta della Dogana a Venezia, in occasione della mostra Prima Materia (2013-2015).

Sherrie Levine, Crystal Skull, 2010. Cast glass with glass vitrines c Sherrie Levine, Installation view at Punta della Dogana, 2013. Ph Palazzo Grassi, ORCH orsenigo_chemollo
Sherrie Levine, Crystal Skull, 2010. Cast glass with glass vitrines c Sherrie Levine, Installation view at Punta della Dogana, 2013. Ph Palazzo Grassi, ORCH orsenigo_chemollo

Il concetto di rappresentazione e autenticità è quindi al cuore della produzione di Levine. I suoi lavori si interrogano sulla nozione di proprietà e sul sovraccarico di immagini nel mondo di oggi:

Il mondo è pieno fino a soffocare. Ogni parola, ogni immagine, è affittata e ipotecata. Sappiamo che un’immagine non è altro che uno spazio in cui una varietà di immagini, di cui nessuna originale, si fonde e si scontra.

 

Sherrie Levine

Sherrie Levine, After Malevich, 1981
Sherrie Levine, After Malevich, 1981
Sherrie Levine, After Man Ray, Man and woman, 2005
Sherrie Levine, After Man Ray, Man and woman, 2005
Sherrie Levine, After Piet Mondrian, 1983
Sinistra: Sherrie Levine - Untitled (President 4), 1979 / Destra: Sherrie Levine - Untitled (President 5), 1979
Sinistra: Sherrie Levine – Untitled (President 4), 1979 / Destra: Sherrie Levine – Untitled (President 5), 1979

Commenta con Facebook