Tony Gallo, Alice Pasquini, Cheone, Uno, Checko’s Art e Dimitris Taxis sono gli artisti che dal 7 al 20 settembre 2020 hanno preso parte alla prima edizione di T.R.U.St.: Taranto Regeneration Urban Street, il festival permanente che vede la Street Art al centro di un percorso di riqualificazione urbana.
Il record personale in altezza per Tony Gallo, Kobe Bryant che abbraccia le mura di un edificio e il ricordo del compianto giornalista Leogrande sono solo alcune delle iniziative che hanno dato il via alla “rigenerazione urbana” di Taranto, attraverso la quale è stato possibile “rimettere a nuovo”, grazie al potere aggregante dell’arte, un intero quartiere in stato di abbandono.
Lo scorso settembre è stato dato il via al Progetto T.R.U.St., acronimo di “Taranto Regeneration Urban Street”, il quale ha riunito per 15 giorni sei artisti di fama internazionale per avviare un’operazione di riqualificazione di alcuni “punti deboli” della città – le cosiddette casebianche di Paolo VI, la Palestra Ricciardi e la Biblioteca Acclavio – e allo stesso tempo di promozione delle arti contemporanee. Il progetto è organizzato dal collettivo Rublanum Alternative e curato da Gulìa Urbana, festival di street art arrivato alla sua nona edizione nel 2020, che vede come scenario il Comune di Parenti (CZ) e, lo scorso anno per la prima volta, il Comune di Cellara (CZ).
La mission del collettivo si focalizza sulla promozione della cultura e del turismo e allo stesso tempo della valorizzazione degli spazi condivisi, sia dei piccoli borghi, spesso al centro di fenomeni di emigrazione di massa, che dei quartieri periferici delle grandi città, come appunto il quartiere Paolo VI di Taranto.
Paolo VI nasce il 18 giugno 1966 come primo Lotto delle Case Italsider, dove tutti gli operai del IV Centro Siderurgico avrebbero potuto risiedere. Il battesimo del quartiere in Paolo VI arriverà solo nel 1968, quando Papa Montini celebrò la messa di Natale tra le ciminiere della grande fabbrica a cui tutta la città, all’epoca, era religiosamente devota. Da allora case e infrastrutture si sono moltiplicate, creando un vero e proprio satellite suburbano, nel quale i vizi amministrativi e le contraddizioni sociali sono sempre più evidenti.
Tony Gallo, Alice Pasquini, Uno, Checko’s Art, Dimitris Taxis e Cheone sono i sei artisti partecipanti al progetto che con il loro contributo hanno dato colore ai muri delle “case bianche” e non solo, costruendo un rapporto intimo con la popolazione locale.
Tra le prime tre opere ricordiamo quella di Cheone sulla parete esterna della Biblioteca Acclavio, realizzata in onore di Alessandro Leogrande, scrittore, giornalista tarantino, da sempre impegnato in dibattiti civili e sociopolitici (mafia, caporalato, migrazioni…), prematuramente scomparso nel novembre del 2017, all’età di quarant’anni. L’opera, seguendo l’architettura esterna della biblioteca, è scandita in bande orizzontali, facendo in modo che solo da un punto di vista privilegiato si possa avere la piena percezione del volto.
Il secondo contributo dell’artista occupa due pareti esterne della Palestra Ricciardi, famosa per essere il “tempio tarantino del basketball”: si tratta di un tributo a Kobe Bryant, il quale, nell’intento di andare a canestro, si allunga in una prospettiva distorta, godibile a pieno solo dall’entrata dell’edificio.
Alice Pasquini ha realizzato sulla parete di un edificio di Paolo VI un’opera in collaborazione con I don’t care about Uno, che mette in scena un enorme volto femminile, circondato da patterns colorati e stravaganti.
Dimitris Taxis, artista greco con origini polacche, ha lasciato al quartiere una tanto malinconica quanto meravigliosa figura femminile, solitaria, seduta in contemplazione del vuoto.
Di Checko’s Art, artista pugliese, è invece “SPARTANA – Ultra Experimental Pop”, un astratto volto femminile in onore della terracotta policroma conservata al MARTA – Museo Archeologico di Taranto, in connubio con un’altra dea Pop, la Marilyn Monroe di Andy Warhol.
Tony Gallo, artista padovano, proprio a Taranto ha raggiunto il suo record in altezza: il suo “Sweet dreams my friends” ricopre una parete alta 30 metri, mostrando alla città un gruppo di personaggi sognanti, presumibilmente dei bambini, come fossero degli animaletti di pezza, a rappresentare i sogni e le aspettative di una generazione futura.
Il merito dell’iniziativa, infatti, non è solo aver portato una ventata d’aria fresca con i suoi colori, ma anche – e soprattutto – quello di aver aperto uno spiraglio nei pregiudizi di una popolazione da sempre bistrattata: all’avvio dei lavori, racconta Tony Gallo, la gente del quartiere guardava agli artisti con lieve sospetto, come a chiedersi cosa stessero facendo per le vie del quartiere. In poco tempo però il legame che si è venuto a creare tra gli artisti e gli abitanti di Paolo VI è stato qualcosa di molto “familiare”: l’artista padovano racconta della signora che tutte le sere offriva al team bottiglie della birra Raffo o del signore che ogni mattina portava loro del pesce fresco.
Inoltre, come possiamo vedere sul canale ufficiale del Progetto T.R.U.St., sono stati i bambini quelli che più di tutti hanno fatto compagnia agli artisti, con i quali hanno creato un vero legame affettivo.
Ciò che tutti si augurano adesso è che il festival prosegua in una seconda edizione, che potrebbe portare – e che già con la prima ha portato – ad un flusso di turismo artistico-urbano e al reinserimento di zone lasciate in stato di abbandono dalle istituzioni in un circuito più ampio che renda loro la giustizia tanto desiderata.