[…] a volte a un film può bastare anche un pubblico piccolo […]
Caro Amico,
scusami innanzitutto per il ritardo con cui ti rispondo. Ma mi hai lasciato senza parole e ora ho molto da dirti. Vado con ordine.
Ti ringrazio come prima cosa di aver pensato a me e alla mia scultura per rappresentare la tua considerevole collezione e di volerla usare come immagine di copertina per il prossimo catalogo. Sono orgoglioso che tra le decine (o sono ormai centinaia?) di autori presenti nelle ampie sale borghesi della tua dimora tu voglia elevare proprio me e il mio lavoro in maniera così simbolica. Io, che non ti ho mai rincorso saltellando come uno scemo e che non mi sono mai prostrato, pregandoti.
Forse proprio perché sei stato tu a dirmi anni fa di non mostrare mai di essere in difficoltà, per non offrire all’acquirente l’opportunità di trattare sul prezzo.
Ora però ti prego invece di dirmi: come hai fatto? E me lo dici così?
Non sono mai stato a casa tua e “le ampie sale borghesi” le ho viste solo in fotografia. Ma è proprio così grande? E così in disordine?
Ricordi bene che quella piccola scultura è stato un regalo. Non l’ho mai esposta in una mostra. È sempre stata sul mio tavolo in studio prima che tu la ricevessi. Però non è una prova, attento! È un’opera finita in tutto e per tutto. Ed è per pochi.
L C diceva in una sua conferenza che […] a volte a un film può bastare anche un pubblico piccolo […].
A quella scultura bastavate M, P e tu.
Mi dispiace sia andata persa, anche a me succede spesso quando leggo una poesia, di non ricordare di averla già letta solo pochi giorni prima. Sei sicuro di non averla dimenticata da qualche parte? Magari è nascosta dai pacchi che avvolgono ancora i tuoi ultimi acquisti. Te lo chiedo ancora, come hai fatto?
Se devi usare l’immagine di un mio lavoro, è curioso tu voglia usare proprio quella di una scultura che non c’è più.
Non chiedermelo, non potrei mai rifarla come pensi, non sarebbe lo stesso ramo e non sarebbe la stessa foglia.
Non possono esistere due foglie una uguale all’altra, credo. Ma non ho tempo per controllare se è vero, nonostante vorrei proprio poterlo fare.
Ma a questa tua richiesta voglio rispondere bene, cercando di non usare parole che possano turbare la tua passione per le cose che hai acquistato negli anni.
Nessuna replica.
Per me è scienza e medicina, amore e musica irripetibile, ciò che tu dici essere solo politica.
So cosa scriverai su quel libro, conosco l’idea che più volte mi hai espresso e temo sempre che nel mio lavoro tu possa leggere davvero anche quello. O peggio ancora, scriverne perché qualcun’altra persona lo legga.
Ho già visto sui siti come parli del tuo collezionare maniacalmente tutto, dell’ammissione di non avere lo spazio dove esporre tutti i “tuoi pezzi”, o i “tuoi grandi investimenti” … E devo esprimere la mia piena compassione per le parole che hai usato in radio giorni fa. Quando parlavi di patria sudavo freddo.
Nei pochi secondi di quelle poche parole che suonavano di sproloquio propagandistico mi si è figurata però nella mente un’immagine, di cui vorrei farti dono sperando che non sia come darti un’arma che non sai usare. O una moneta fuori corso.
In una stanza chiusa ci sono dei cani randagi che litigano e ci sono tracce evidenti della loro lunga permanenza tra quelle pareti, feci e urina sparse dovunque sui pavimenti e sui muri. A noi è concesso vedere l’interno della stanza solo dall’alto, attraverso feritoie sul soffitto. Ma l’odore forte di escrementi sale e ci raggiunge.
Questa è la patria.
Chi altri scriverà il testo introduttivo? La tua assistente? Lei è brava, ma so che punterai sicuramente alla direttrice di museo, l’amica tua.
La tua famiglia ti ha cresciuto adagiato in una culla di cui parlano le fiabe. Ti ha formato nell’idea di non doverti mai preoccupare della casa e del lavoro, ma solo di ciò che poteva far star bene te stesso. Forse per questo non hai il tempo per pensare a “leggerezze”, come aiutare una giovane che è ormai la tua ombra da troppo tempo e alla quale devi molto.
Io ti inviterei anche, ma come spesso accade, tu sei in città e non passi da me in studio. Però la tua assistente una volta è passata e ti avrà detto che lo disinfetto sempre con l’aceto di vino.
Immagino tu non vada mai nello studio degli artisti per paura di doverti sporcare gli stivali, povero stupido inapplicato e triste amico. Eppure, un tuo comportamento privo di egoismo sarebbe un atto eroico: amicizia.
Con cosa ti diverti? Con che cosa ti ubriachi senza l’odore di olio di lino, di aceto e di fumo?
Riesci così bene tu ad amare le cose tutte, senza preferirne alcuna … E ora vuoi la mia scultura in copertina.
Il perché in realtà non mi interessa, se non ti piacessero i cani ti chiederei il perché.
Un’ultima cosa, con simpatia: se puoi, smettila con questi hashtag per favore, che poi i miei studenti vedono le opere solo dallo schermo del telefono. Addomesticare le bestie al non vivere in natura è una cosa da uomini, ma come amanti dell’arte dovremmo invece insistere perché frequentino i migliori pascoli nei più ampi spazi.
Ora ti saluto, consapevole che le parole, quelle pronunciate, quelle che si evita di dire, quelle scritte al momento giusto, hanno sempre un’importanza decisiva.
Ciao, e mi raccomando, per favore mandamene una copia per l’archivio quando lo avrai pubblicato.
Con questa mia, acconsento all’utilizzo dell’immagine dell’opera di mia realizzazione come copertina del tuo prossimo libro.
Al mio Amico collezionista, che non parla di quanto ha speso ieri o ieri l’altro e che non vanta con arroganza di essere fraterno con questo o quell’altro bravo pittore di oggi.
Lui che raccoglie rigoroso solo opere della natura, o meglio, le coglie. Quelle che crescono spontanee, che non sono artefatte, che si espandono orgogliose e rigogliose.
In lui l’uomo è un fiore reciso, non si sa con quale lama e da quale prato. È in questo vaso ora, e per poco ancora.