Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto nel mese di gennaio 2021 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
Bagliore. Sei scrittori raccontano i nuovi centri culturali è il risultato di un progetto che l’agenzia di trasformazione culturale cheFare ha portato avanti con il Saggiatore grazie al sostegno del MiBACT e di SIAE nell’ambito del programma Per Chi Crea.
“Quello di cui c’è veramente bisogno nel 2020 è uscire qua fuori, fare teoria della pratica e pratica della teoria. Insomma, c’è bisogno di fare cultura”. Se già da sole queste parole dicono tutto quello che c’è da dire, in apertura di un libro che racconta i nuovi centri culturali italiani – per di più in un periodo come quello che stiamo vivendo – acquistano un significato ancora più forte. Sono le parole di Bertram Niessen, direttore scientifico di cheFare, a conclusione della prefazione di Bagliore, edito da il Saggiatore con il sostegno del MiBACT e di SIAE nell’ambito del programma Per Chi Crea.
Il libro è il frutto di un progetto iniziato nell’agosto 2019 che ha portato sei scrittori under 35 – selezionati tra 459 candidati – a partecipare ad un programma di residenze d’autore in altrettanti centri culturali sparsi nel nostro paese. Federica Andreoni, Pierluigi Bizzini, Marco De Vidi, Giulia Gregnanin, Alessandro Monaci e Matteo Trevisani sono gli autori di questo racconto corale che è un grand tour alla scoperta di luoghi ibridi, difficili da classificare ma sicuramente molto rilevanti, per indole e contemporaneità, e che tuttavia sono spesso sottovalutati o addirittura snobbati da chi tende a pensare che la cultura si possa fare solo altrove. Luoghi che talvolta anche chi li frequenta e apprezza magari “vive come degli unicum senza pensare che, ovunque vada in Italia, probabilmente c’è un luogo simile dietro l’angolo”.
Ecco quindi spiegato il senso di questo lavoro che si inserisce perfettamente nel più ampio corpus di ricerche e analisi – che comprende anche una mappatura nazionale e un festival itinerante – che l’agenzia di trasformazione culturale cheFare sta conducendo per cercare in qualche modo di restituire un quadro esauriente di un fenomeno – nato soprattutto come reazione alla crisi economica del 2008 – sfaccettato e complesso come quello delle nuove pratiche culturali collaborative dal basso in centinaia (o forse migliaia) di comunità in giro per l’Italia e che, volendo trovare un’espressione che le racchiuda tutte pur nella loro diversità, fanno quella che è stata definita “cultura di prossimità”.
Bagliore è soprattutto, e non potrebbe essere altrimenti, il racconto delle persone che, a vario titolo, questi centri culturali li animano: da chi in qualche modo ha contribuito a restituirli alle proprie comunità, come Ciccio, che delle Officine Culturali di Catania ha vissuto tutte le fasi – da cinema a centro popolare, passando per centro sociale occupato, fino all’attuale incarnazione che include anche, tra le altre cose, il Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania – a chi li abita quotidianamente, come Camilla, George, Cassandra, Umberto e tutti gli altri cittadini di quei “cinquantacinquemila metri quadrati di città” dentro la città (Palermo) che sono i Cantieri Culturali alla Zisa; da Gaetano Carboni ai Future farmers, rispettivamente visionario creatore di Pollinaria e collettivo internazionale protagonista di una delle tante residenze d’artista ospitate dall’azienda agricola di Civitella Casanova.
È la storia di Omar, che ogni sabato pomeriggio va ai Bagni Pubblici di via Agliè a Torino per farsi una doccia, anche ora che finalmente, dopo anni di sacrifici, non sarebbe più necessario perché ne ha una tutta sua che condivide con la moglie Fatima e i quattro figli che lo hanno raggiunto dal Marocco. “Con il tempo la doccia ai Bagni Pubblici di via Agliè è diventata una sorta di rituale, un appuntamento con se stesso a cui non può più rinunciare”. Ma è anche la storia di Marco e Ginevra, conosciutisi nel 2014 a Bologna quando frequentavano lo stesso master in Management dell’economia sociale, che dopo l’esperienza di tirocinio del primo all’Ex Fadda a San Vito dei Normanni hanno deciso di trasferirsi insieme in quel “piccolo centro dell’Alto Salento che, a un primo sguardo, pare campare soltanto di olivi e vigneti”, fino a diventare gli attuali manager dell’ex stabilimento enologico ora riconvertito in laboratorio urbano permanente.
Ad accomunare gli spazi raccontati da Bagliore, oltre all’impegno enorme e costante di queste persone per, allo stesso tempo, tenerli vivi e farli rinascere ogni giorno – “e questo è chiaro a chiunque ci metta piede anche solo una volta: è un lavoro senza fine”, nota Matteo Trevisani a proposito dell’Ex Villaggio Eni di Borca di Cadore – c’è una sensazione di straordinarietà che trasuda da ogni pagina: “Forse è un satellite che orbita intorno a San Vito, con una forza gravitazionale tale da innalzare maree di entusiasmo tra le vie della cittadina, oppure è un’astronave aliena guidata da un equipaggio dal linguaggio incomprensibile e minaccioso?”, si chiede Pierluigi Bizzini a proposito dell’ExFadda. Trevisani, allo stesso modo, parla di “un’astronave calata dall’alto e venuta per sempre a modificare le intenzioni di coloro che ci passano dentro” nel tentativo di descrivere il Villaggio Eni voluto da Enrico Mattei e Edoardo Gellner che oggi ospita, tra le altre cose, il Progetto Borca, programma di valorizzazione e rifunzionalizzazione avviato da Dolomiti Contemporanee nell’estate 2014.