La fronte corrucciata, le rughe a formare un piccolo omega greco descritto dallo psichiatra tedesco Heinrich Schule come tratto distintivo di quel preciso stato d’animo. Chissà a quale amore mai provato anela, o quale follia lo aspetti. È “L’uomo maliconico” di Théodore Géricault, il sesto dei dieci ritratti di malati di mente di Parigi della serie “Monomanias”. A scoprirlo è stato il biologo molecolare spagnolo Javier Burgos, che ha pubblicato un articolo sulla rivista The Lancet Neurology.
Gèricault, autore del famoso dipinto “La zattera della Medusa”, è uno dei maestri del romanticismo francese. A commissionargli la serie, conosciuta anche come “Gli alienati”, fu il dottor Etienne-Jean Georget, responsabile del reparto di psichiatria dell’ospedale di Salpêtrier (conosciuto per affrontare una forma depressiva, e poi diventato un amico): l’obiettivo era insegnare ai suoi studenti quali fossero le forme e le espressioni dei volti delle persone affette da disturbi psichici; dimostrare che la follia fosse a tutti gli effetti una malattia, e che i suoi pazienti ne portassero i segni sui proprio visi. Chi meglio di Gèricault e il suo interesse per l’emarginazione, la realtà deviata, i bassifondi della città e della vita.
Le cinque manie
Di questi dieci ritratti, fino ad oggi ne erano conosciuti solo cinque, tutti ritraenti una mania precisa, ossessiva, che riempie le giornate e l’esistenza: l’invidia, il gioco d’azzardo, la cleptomania, la pedofilia e l’ossessione per il comando militare. Secondo Burgos, “L’uomo malinconico” sarebbe coerente con la serie per vari motivi: la dimensione del ritratto; la composizione simile, col viso illuminato su fondo scuro, i corpi in ombra e le mani nascoste, e lo sguardo rivolto allo spettatore; un indumento religioso di colore simile alla sciarpa rossa del ritratto dell’invidia. Inoltre, il dipinto non è firmato, un tratto tipico dei romantici francesi.
La scoperta in Italia
Un dipinto esposto in una mostra proprio in Italia, a Ravenna, nel 2013, insieme ad un’altra opera di Gericault, “Le medecin chef de l’asile de Bouffon”. Il titolo era “Ritratto di un uomo. Homo melancholicus”. Ed è infatti in una collezione privata italiana che Burgos ha fatto la scoperta che la professoressa d’arte Laura Minguez, su El Pais, ha definito «una pietra miliare, una impresa paragonabile alla scoperta di un’opera perduta di uno qualsiasi dei suoi contemporanei, come Francisco Goya». Una scoperta che confermerebbe come le cinque tele «scomparse» di Gericault rappresentino altri tipo di monomania, e non gli stessi cinque pazienti ritratti in un momento diverso della loro malattia, come precedentemente creduto.
L’articolo di Burgos su “The Lancet Neurology”