Il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ospita la prima personale italiana di Luisa Lambri (Como, 1969), dal titolo AUTORITRATTO, curata da Diego Sileo e Douglas Fogle. Le fotografie esposte, visibili fino al 30 maggio 2021, esplorano il rapporto tra l’uomo e lo spazio in cui vive in maniera non convenzionale, inserendosi nella corrente della fotografia astratta.
Attraverso i suoi scatti, Lambri indaga temi quali l’identità e la condizione umana, assieme alle infinite possibilità di rappresentazione della realtà per mantenerne vivo il ricordo e la memoria. La poetica artistica della fotografa mira a un’analisi intima dei luoghi e dei soggetti che li abitano, visitano, percorrono svogliatamente, studiano acutamente.
Tuttavia, la sua fotografia non si propone mai di fornire una visione d’insieme del luogo che l’immagine riproduce; al contrario, cerca di stimolare l’osservatore a una fruizione attiva delle opere, mostrando come porzioni di architetture possono subire cambiamenti dovuti alla luce, al tempo, al movimento.
I dettagli che spesso non vengono notati né apprezzati, come una finestra o un angolo, diventano l’oggetto di studio di Lambri, che li isola ed eleva a opere d’arte in quanto portatori di significati tanto profondi quanto personali. La fotografia di Lambri educa a guardare ciò che è sempre stato sotto i nostri occhi ma che abbiamo sempre dato per scontato.
Come i vedutisti catturavano i paesaggi veneziani “dal vivo”, così Lambri è testimone degli effetti dell’incedere del tempo sugli spazi: il sole illumina certi angoli e fessure quando è alto nel cielo, lasciandoli nell’ombra quando sta tramontando. Il movimento di un lucernario fa intravedere e percepire diversamente il contesto esterno su cui esso si affaccia. L’apertura e la chiusura di una tenda alla veneziana permette l’ingresso del mondo esterno in uno spazio chiuso, e così via.
Linee, griglie, luci e colori soffusi sono alcune delle cifre stilistiche di Lambri. Nei suoi lavori seriali, è possibile intercettare riferimenti all’Astrattismo Geometrico degli inizi del secolo scorso, al movimento Light and Space della California del Sud, al Neo concretismo brasiliano e al minimalismo. Di maggior rilevanza per lo sviluppo della pratica artistica di Lambri, gli artisti Larry Bell e Robert Irwin, Donald Judd, Lygia Clark e Lucio Fontana hanno indirizzato il suo interesse verso i concetti di luogo e spazio.
L’allestimento della mostra è stato pensato espressamente per l’architettura del PAC, progettato da Ignazio Gardella nel 1951, i cui ambienti mimetici, ampi e luminosi, dialogano con gli scatti di Lambri, rendendo la mostra site-specific.
La prima sala accoglie il visitatore con la serie Untitled (Ambiente Spaziale) del 2012: quattro fotografie di un taglio di Fontana – esposto alla Gagosian Gallery di New York nello stesso anno – sono ottenute scattando con inquadrature lievemente diverse l’opera, di cui Lambri si appropria per studiarne gli effetti sull’ambiente. Il lavoro è posto in dialogo con Untitled (Schindler House), 2007, immagine che, con impostazione verticale come il taglio, lascia intravedere una porzione di vegetazione al di fuori dell’architettura, richiamando così il concetto di soglia e di scambio tra esterno e interno. Allo stesso modo, uno degli scatti di Untitled (Strathmore Apartments), 2002, sfrutta il motivo orizzontale delle veneziane per lasciar intravedere all’osservatore lo spazio oltre la finestra. La serie degli Strathmore Apartments prosegue nell’ultima sala del pianterreno del PAC.
Nella sala seguente, sono esposti gli scatti dell’opera 100 Untitled Works in Mill Aluminium (1982-86) di Donald Judd, conservati alla Chinati Foundation a Marfa, Texas. La tridimensionalità delle sculture di Judd diventa un’astrazione bidimensionale: Lambri si concentra sui cambiamenti che operano le variazioni della luce sul sull’installazione. La conversazione con il lavoro di altri artisti è portata avanti anche con la serie del Bicho Invertebrado di Lygia Clark del 2013, sottolineando anche un discorso femminista, spesso presente in Lambri.
Nel 2008, Lambri è ospite della Fundación RAC di Pontevedra. Durante l’occasione, dedica una serie al Centro Galego de Arte Contemporánea di Santiago de Compostela, progettato dall’architetto Alvaro Siza. La decostruzione degli ambienti spinge la fotografa a focalizzarsi su un dettaglio dell’edificio: due muri si incontrano in un angolo, la cui percezione nello spazio cambia in base al modo in cui cade la luce e al punto di vista da cui lo si osserva. Ogni fotografia esposta invita il visitatore a guardarsi attorno, alla ricerca di corrispondenza con l’ambiente del PAC che sta attraversando.
Lambri è osservatrice attiva dello spazio: nelle sue fotografie rappresenta la sua esperienza di quest’ultimo. Così avviene per Untitled (Casa Barragán), 2005, in cui fotografa la casa privata di Luis Barragán di Città del Messico, costruita nel 1948. Qui, la fotografa prende in analisi una finestra quadrata, suddivisa in quattro solidi, che vengono aperti e chiusi in varie combinazioni, permettendo alla luce di bagnare in maniera diversa lo spazio, dando anche l’illusione del passare del tempo.
Nel parterre, una selezione della serie Untitled (Sheats-Goldstein House), 2007, si affaccia sulla vetrata del PAC, che offre una vista sul giardino di Villa Reale, che si accorda alla perfezione con le fotografie esposte. In queste, Lambri si concentra sui lucernari della casa di Los Angeles, in quando spazi fluidi che fanno permeare l’esterno all’interno della casa. La natura stabilisce un contatto con l’architettura nelle foto, così come nello spazio del Padiglione milanese. La serie è montata su lastre di vetro poggiate su basi di legno: l’allestimento, che riprende quello progettato da Lina Bo Bardi per il Museu de Arte di San Paolo, rende visibile il retro delle opere.
Al piano di sopra, la balconata ospita la serie scattata presso la Casa Fernando Millán di San Paolo, nel 2003. Lo sguardo di Lambri si sofferma su una delle finestre della casa, che si affaccia verso un patio cementato con piante di Filodendro. I toni soffusi delle stampe di Lambri assecondano il carattere scultoreo e astratto delle sue fotografie. Ancora una volta, il PAC di Gardella non funge da contenitore passivo delle opere, ma intraprende con esse uno scambio stimolante.
La galleria ospita le serie Untitled (Casa del Fascio), 1999; Untitled (Farnsworth House), 2016; Untitled (The Met Breuer), 2016; Untitled (S.R. Crown Hall), 2017; Untitled (Manetti Shrem Museum of Art), 2016. Il processo di astrazione geometrica è qui molto presente, riflettendo la maniera in cui Lambri interagisce con gli spazi architettonici, i vuoti e le luci, le aperture sull’esterno, gli angoli all’interno.
In questo le fotografie di Lambri sono autoritratti: esse parlano dell’autrice, di come occupa lo spazio e lo vive. Senza il bisogno di ritrarsi, la fotografa è in esse costantemente presente, per invitarci nel suo mondo, in cui opere d’arte ed edifici storici permettono di esperire lo spazio sia in un’ottica storica, sia emozionale e intima.
Qui l’intervista di Hans Ulrich Obrist a Lambri in occasione di Biennale Architettura del 2010.
Informazioni utili
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