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Un altro Banksy distrutto. Bruciato, per trasformarlo in un NFT

Burnt.Banksy Immagine dall'account twitter Burnt.Banksy
Burnt.Banksy
Immagine dall’account twitter Burnt.Banksy

Una società di Blockchain ha acquistato una serigrafia di Banksy e l’ha distrutta trasformandola in un NFT.  Banksy intanto tace ma la Pest Control conferma l’autenticità della serigrafia. Il video della performance “Burnt.Banksy”

L’opera autodistrutta di Banksy

Ricordate l’ormai celebre scena dell’opera di Banksy che si è autodistrutta mentre veniva battuta ad un’asta di Sotheby’s? Forse vi sembrerà assurdo ma proprio questo precedente ha ispirato una società di Blockchain chiamata Injective Protocol ad acquistare un’opera di Banksy per poi… distruggerla.

L’opera di Banksy trasformata in un NFT

Più precisamente, da come riporta Artnet, la Injective Protocol ha acquistato da una galleria di New York una serigrafia numerata di Banksy intitolata “Morons (White) del 2006 al prezzo di 95.000 dollari. Dopo averla convertita in un NFT (Non-fungible token), il gruppo ha deciso di distruggerla e testimoniare il tutto mediante un video pubblicato sull’account twitter BurntBanksy: “Vediamo questo evento come un’espressione d’arte in sé e per sé“, ha detto il dirigente dell’azienda Mirza Uddin – con tanto di maglia dedicata alla Balloon Girl di Banksy –  prima di dare fuoco all’opera.

Secondo la loro tesi, distruggendo l’opera e trasformandola in un NFT il valore che precedentemente consisteva principalmente nel pezzo fisico, si trasferisce del tutto nella risorsa digitale garantendo che nessuno potrà mai alterare.

 

Morons White di Bansy trasformata in NFT
Banksy – Morons (White) – 2006

Il mondo della Digital Art

Vi siete persi? Non possiamo biasimarvi. Il mondo dell’arte digitale – più precisamente di quella delle opere tokenizzate – presuppone un’idea di arte immateriale difficile da “metabolizzare” anche per i collezionisti più esperti. Tuttavia, si tratta di un settore in netta espansione con margini di guadagno imprevedibili ma che possono anche raggiungere cifre esorbitanti. Come nel caso dell’opera di pixel art “CruptoPunk 2890“, acquistata per la cifra di  605 ETH (cripto valuta equivalente al cambio corrente di $ 761.889).

Per farvi un’idea di questo nuovo tipo di collezionismo, vi consigliamo di leggere su ArtsLife l’interessante intervista di Giacomo Nicolella Maschietti ad una collezionista di arte digitale.

NFT e blockchain

In questa sede ci limiteremo a ricordare che NTF è l’acronimo di “beni non fungibili” ossia non sostituibili o replicabili. Un’opera digitale diventa un NFT grazie alla blockchain, una sorta di firma digitale che nessuno può falsificare o manomettere. Si tratta di una sofisticata tecnologia che sta alla base delle criptovalute. E può interessare i campi più svariati, compreso, appunto, quello dell’arte digitale. Inoltre, incorporate nel file ci sono tutte le informazioni relative all’opera. Un passaggio obbligato per distinguere l’originale di un’opera digitale che al contrario, potrebbe essere facilmente replicabile.

Certo, con l’opera bruciata di Banksy si tratta di un discorso un  più complicato ma il concetto è lo stesso. Lo scopo dichiarato dal gruppo è quello di ”  ispirare gli appassionati di tecnologia e gli artisti”.

 

La Pest Control conferma l’autenticità dell’opera

Intanto, la Pest Control – che si occupa di autenticare le opere di Banksy – ha confermato che si tratta di una serigrafia autentica numerata (la 325 di 500)  senza però commentare questa sorta di “Crypto – Performance”.  Del resto, è stato lui il precursore dell’autodistruzione delle sue opere d’arte, quasi si potrebbe affermare che è stato vittima della sua stessa genialità.

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