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La curiosa storia di Bahman Mohasses, il Picasso persiano 

Bahman Mohasses

“Sono condannato a dipingere, è un’abitudine che diventa un bisogno fisico. Per me dipingere è esattamente come pisciare:  mi dà sollievo”. Nel suo Fifi hurle de joie, disponibile su Arte in italiano, la regista Mitra Farahani segue gli ultimi due mesi di vita di Bahman Mohasses, leggenda dell’arte moderna iraniana auto-esiliatosi in un albergo di Roma.

All’apice della sua carriera, negli anni ’70, il pittore e scultore iraniano Bahman Mohasses decide di ritirarsi a vita privata, isolandosi dalla scena artistica e dal proprio paese natale. Nessuno sa più niente di lui, eppure la sua opera ha segnato in maniera indelebile la cultura iraniana: ma se molti dipinti e sculture rimaste nel paese sono annientate dai mullā, la distruzione maggiore avviene ad opera dell’artista stesso, che non intende lasciare eredità.

Nel 2010, la regista Mitra Farahani (Teheran, 1975), a sua volta pittrice, decide di andare alla sua ricerca, e finisce per scovarlo in un albergo di Roma, dove l’artista vive da ormai trent’anni. Murato nelle quattro pareti di una stanza, non ha bisogno di uscire perché, dice,  “questa camera è talmente piena di mondo”. La regista entra nella sua vita in punta di piedi: se prima la accoglie con sospetto, pian piano questo dandy solitario si apre e ammorbidisce. Con tutto l’umore e il disincanto che lo caratterizza, ricuce allora la storia della propria vita, dal rapporto complicato con la propria opera al proprio paese d’origine. Un dialogo complice si disegna tra i due, componendo una riflessione universale sulla creazione, sulla nozione di testamento e sul posto dell’arte all’interno di una storia tormentata.

Il film Fifi hurle de joie , presentato al Festival del cinema di Berlino nel 2013, è disponibile su Arte in italiano fino al 30 novembre 2021.

Bahman Mohasses

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