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Sabotaggio pittorico e ambivalenza dell’immagine. Intervista al pittore Michele Bubacco

THE BOUQUET _ Olio e carta stampata su tela _ 130X130 _ 2018 THE BOUQUET _ Olio e carta stampata su tela _ 130X130 _ 2018
A TIRO _ Olio e stampa digitale su legno _ 101X70 _ 2019
A TIRO _ Olio e stampa digitale su legno _ 101X70 _ 2019

Intervista al pittore Michele Bubacco (Venezia, 1983)

Osservavo l’opera “The bouquet” del 2018. Guardandola dal pc mi chiedevo se il telo in plastica così tridimensionale fosse una stampa o un materiale esterno alla tela. Una scoria straniera, come quel flacone a lato che è, ne sono alquanto sicuro, una stampa. Mentre dal lato opposto a una massa scura fuoriescono due sezioni di carne, un avambraccio e a tagliare al centro lo spazio quella che potrebbe essere una gamba. Nel processo d’osservazione si è venuto a innescare un meccanismo strano. Se ti va, parlamene.

Sì, in quel quadro, “The bouquet”, ho usato come punto di partenza tre ingredienti: ritagli fotografici incollati su tela. Questi elementi sono oggetti comuni fotografati con il mio telefono.

La massa dalla texture frastagliata al centro è la foto di un pezzo grande di carta accartocciata, carta da regalo rossa. Il secondo elemento è la stampa di una bottiglia di alcol rosa, il terzo, è quella sorta di gamba, un pezzo di creta appena abbozzato. Questi 3 elementi sono ancora all’interno del mio studio e ritrovavano di volta in volta un ruolo una forma e una posizione differente: la carta rossa l’ho accartocciata verso altre posizioni, i 10 kg di creta mi sono serviti per generare svariate forme nel corso del tempo.  la bottiglia di alcol, la uso come solvente o come combustibile in alcuni casi per i lavori su carta. Qui a Vienna quell’alcol non lo trovo, quindi quando vado in Italia, da anni uso tornare qui con bagagliaio pieno.

THE BOUQUET _ Olio e carta stampata su tela _ 130X130 _ 2018
THE BOUQUET _ Olio e carta stampata su tela _ 130X130 _ 2018

Cos’è accaduto quando hai iniziato a disporre questi tre elementi?

Quando li ho disposti sulla tela, questa era ancora spoglia, monocroma, quindi si è creata una tensione attrattiva tra questi pochi elementi suggerendomi i possibili andamenti compositivi da prendere. L’ingredienti fotografici sono un suggerimento iniziale, una sorta di nota di intonazione su cui improvvisare attorno. Di volta in volta decido se mimetizzarmi a loro oppure rispondere con contrasto e cercare una contradizione visiva. Questi rimandano dei punti cardine che resistono a tutto il continuo ribaltarsi dell’immagine in corso. In “The bouquet” si tratta di un pic-nic in un paesaggio bucolico con incendio, dove le figure sono al limite del fuori campo.

THE ILLUSIONIST_ Olio e stampa digitale su alluminio_150X110_ 2020
THE ILLUSIONIST_ Olio e stampa digitale su alluminio_150X110_ 2020

I dettagli fotografici, che stampi e applichi sulla tela, agiscono come le micce che accendono l’enfasi dell’improvvisazione. Questo accade all’inizio del processo, parti da un’immagine fotografica, definita e sicura, per poi stravolgerla nell’inatteso dell’improvvisazione.

Sì, esatto, descrivi bene il senso in cui vanno. Tengo a precisare che mi interessa avere un rapporto con questi ingredienti, che vado a fotografare, li tengo attorno a me ogni giorno in studio, poi quando li porto sul territorio pittorico fanno una sorta di camouflage rispetto al loro solito ruolo.

L’oggetto scavalca il confine di un suo stesso medium e si confronta nella disposizione che va ad incontrare.

Oltre a certa arte agitata a cui guardo porto da sempre attenzione al lavoro di Morandi. Forse l’aspetto che mi interessa di più ora è il fatto che i suoi oggetti, abituali e rimaneggiati nel suo studio, cioè nel backstage, fossero dipinti nella loro superficie prima di diventare soggetti dipinti e ritrovati nella tela, iniziando una metafora in un movimento comunicante dove l’oggetto viene tradotto da una realtà all’altra, saltando la specificità dei mezzi e dei modi. Nel mio caso, oltre a provare una nuova disposizione delle cose mi interessa il sabotaggio, come nell’esempio simbolico in cui una scarpa viene gettata dentro un macchinario, un elemento di modeste dimensioni ma proveniente da altri codici che può mettere in discussione un sistema. Questo metodo in pittura rimane aperto all’errore, alla scoperta, all’incontro con l’inaspettato ed eventualmente allo scherzo.

WHERE DID YOU SLEEP LAST NIGHT _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 150X110 _ 2021
WHERE DID YOU SLEEP LAST NIGHT _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 150X110 _ 2021

Mi è piaciuto molto il concetto di sabotaggio introdotto nel discorso pittorico come elemento destabilizzante che fornisce nuovi codici linguistici. Un alfabeto che, nella mostra Alphabet, si rinforza con il suono che si vede venir fuori dall’immagine in quel tuffo terrigno e organico dell’opera grande che da il titolo alla mostra. Quale esperienza fenomenica da inizio al processo creativo?

Come punto di partenza per i dipinti uso spesso un’immagine “altra”, di solito uno scatto del cielo o qualcos’altro, registrato con la fotocamera del telefono. Attraverso quest’approccio di sovra pittura mi avvicino al fenomeno psicologico che accade quando viene percepito uno stimolo vago e casuale che viene reinterpretato in una forma riconoscibile.

Gli esseri umani trovano difficoltà a vedere forme a caso, il cervello prova a suggerire associazioni al fine di ri-immaginare un possibile significato.

THE ALPHABET _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 140X100 _ 2018
THE ALPHABET _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 140X100 _ 2018

Il disegno, in questo modo, offre un importante bagaglio colmo di impressioni. Forse anche di modi di vedere, di capacità inaspettate di visione del reale.

I disegni sono la mia memoria. La differenza tra il disegno e il reale è un buon filtro per sbarazzarsi del superfluo.

Se porto le immagini disegnate sempre con me, queste trovano una connessione con qualcosa di inaspettato.

Mescolare gli ingredienti diventa come iniziare un corteggiamento nei confronti dello spazio, dove l’immaginazione, la suggestione, la memoria e la lungimiranza si inseguono l’un l’altro. L’immagine accetta di saltare da un media all’altro e di essere in costante metamorfosi.

Una metamorfosi data dal vedere che incorpora, in divenire, tramite l’illusione, la realtà esterna, quindi anche il soggetto. Fondamentale è l’esperienza visiva.

Il vedere è sempre determinato da pensieri ed associazioni. Il vedere è un atto creativo (non passivo).

PARBLÉ _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 150X110 _ 2021
PARBLÉ _ Olio e stampa digitale su alluminio _ 150X110 _ 2021

Un esempio potrebbe essere l’opera “L’illusionista”.

L’opera “L’illusionista” presenta un coniglio che cerca di raggiungere delle ciliegie.

L’immagine resta doppia e ambivalente, essa introduce un parallelismo con la famosa illusione ottica (del tardo 19o secolo) che rappresenta l’anatra/coniglio.

L’osservatore crede a ciò che vede o vede ciò in cui crede.

In “Parblè” una papera blu dalla forma semplice riposa su una colonna, trovando una sosta nel paesaggio.

Nonostante la fissità del moto e della forma, il soggetto vive nella sua perenne contraddizione, suggerita dalla mano blu mimetizzata e che fa OK e le lacrime che scendono aumentano il livello del mare.

In “A Tiro” il soggetto sembra un cavallo ed è appoggiato ad un tavolo su cui c’è anche un piccolo dado.

Il gioco introdotto da questo dettaglio fa riferimento al caso e alla mutabilità dell’identità ma anche allo spirito goliardico e ludico con cui affrontare la sua prospettiva esistenziale in un movimento post-barocco in cui ogni caduta diventa la spinta alla prossima rialzata. Questi lavori cavalcano il loro spirito dionisiaco, in relazione e comprensione al ciclo del decadimento e rigenerazione della natura. Un ritorno all’animalità, non animale da un punto di vista biologico e reale ma piuttosto da quello mitologico, filosofico, immaginario. Attraverso la conoscenza intuitiva e la memoria primordiale è intesa una possibile fuga dall’attuale condizione addomesticata.

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