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Collezionare la pandemia. La Rapid Response collecting

Documenti per la Rapid Response collecting Documenti per la Rapid Response collecting
Documenti per la Rapid Response collecting
Documenti per la Rapid Response collecting

Un numero crescente di musei applica la metodologia della Rapid Response collecting. Per documentare usi e i costumi della società contemporanea

È fondamentale collezionare in modo che questo momento non vada perso. […] La storia sta accadendo proprio davanti a noi. Se non raccogliamo questi oggetti, chissà cosa le succede“. La maggior parte dei musei contemporanei progettano le proprie collezioni interamente sulla raccolta di opere d’arte certificate e prodotti di Design industriale. La maggior parte di queste si relazionano infatti con un periodo specifico che è quello del Diciannovesimo secolo, collegandosi direttamente al contesto dell’industrializzazione. Oggi però le esigenze e le prospettive legate al collecting museale sono notevolmente aumentate e cambiate. “Le collezioni non sollevano soltanto questioni legate all’arte, all’artigianato artistico o alla tecnica. Ma sono anche espressione degli sviluppi generali della società, come per esempio la mobilità, la comunicazione o la vita quotidiana”.

Ed è proprio lo sguardo più ampio alla quotidianità, che introduce all’idea di collezionare per non dimenticare, la filosofia della Rapid Response collecting (la raccolta a risposta rapida). Un metodo che affonda il suo sviluppo nella volontà di analizzare e interpretare la storia contemporanea con atteggiamenti immediati nei confronti di quest’ultima. Accresciuto ulteriormente dal fenomeno pandemico che l’intero mondo sta affrontando. La Rapid Response è stata la scelta più idonea con cui documentare il Covid-19 per un numero crescente di musei. Mentre il fenomeno si è diffuso in tutto il mondo, le istituzioni hanno cercato e analizzato quegli oggetti che maggiormente hanno saputo reinterpretare gli usi e i costumi dell’intera società. Capaci di raccontare le diverse storie di ognuno di noi. Ma soprattutto in grado di narrare le nuove storie del presente, alle generazioni attuali e quelle future.

A ben guardare, la pandemia Covid-19 ha spinto la metodologia della Rapid Response collecting a un livello più alto. ”La convergenza delle questioni globali – che vanno dal cambiamento climatico all’erosione della diversità culturale – ha creato uno spartiacque di opportunità o una crisi senza precedenti per i musei. Il modello di business dei musei contemporanei, basato sul consumo, l’intrattenimento e l’educazione accessoria, è sempre più insostenibile e irrilevante in questo contesto. Questa riflessione esplora il concetto di un museo più responsabile e la necessità di un maggiore senso di gestione sociale, ambientale ed economica come fondamento per un futuro sostenibile, in un momento di profondi cambiamenti sociali e ambientali per la società in generale”.

 

Occupy Wall Street è fra gli oggetti della Rapid Response collecting
Occupy Wall Street è fra gli oggetti della Rapid Response collecting

La questione dell’interesse globale rispetto ad alcune tematiche è importante perché porta all’attenzione lo sviluppo etico percepito universalmente da tutta la comunità degli addetti ai lavori. E soprattutto una percezione del cambiamento storico che non può più essere sottovalutata. In realtà la Rapid Response collecting, come la Public History, fuoriesce dalla zona di comfort dei libri e delle fonti tradizionali e abbraccia l’impegno di tutto il sapere umano. Dall’attivismo al campo scientifico, questa metodologia richiama l’interesse di coloro i quali percepiscono un’evoluzione in atto e vogliono contribuire alla realizzazione di una nuova storia. Quella della nostra generazione, da poter raccontare al futuro. Questo metodo di raccolta si occupa principalmente di fenomeni storici, dal cambiamento climatico all’immigrazione, fino ad arrivare alle proteste politiche.

In un’epoca di conflitti, i musei acquisiscono la storia in tempo reale”, affermava il New York Times qualche anno fa. Sotto questo titolo forte trovavano posto alcune iniziative apparentemente eccentriche messe in atto in tempi recenti da società storiche e musei. L’obiettivo è senza dubbio quello di accumulare nel minor tempo possibile, prima di tutto una serie di considerazioni del fenomeno, dopodiché gli oggetti prodotti dallo stesso prima che finisca e che di perdano le tracce. “Tutt’altro che pratica celebrativa, la raccolta di documenti legati ad azioni e accadimenti locali ma di interesse nazionale e internazionale, mira a documentare momenti altrimenti effimeri di cui si intende la portata storica. Non si tratta, dunque, solo di conservazione della contemporaneità, dibattito altrimenti non nuovo, ma di una contemporaneità conflittuale”.

In questo senso Londra offre una molteplicità di azioni. Il Victoria and Albert Museum ha creato un dipartimento dedicato alle pratiche di reattività immediata (Rapid-Response). Mettendo a sistema la conservazione di documenti sugli accadimenti d’attualità da tutto il mondo. Nel 2012-2013 il Museum of London ha avviato un progetto di ricerca e documentazione sul movimento Occupy del 2011, raccogliendo testimonianze audio, video, fotografiche, nonché oggetti e documenti di ogni genere dall’occupazione. Come istituzione pubblica preposta a raccontare la storia della città dalle origini a oggi, ha dunque interpretato il proprio compito impegnandosi attivamente a preservare la memoria storica più recente; “il museo ha inteso in tal modo rispondere immediatamente a quegli eventi. Determinato ad affrontare gli aspetti metodologici ed etici posti dall’attività di documentazione e raccolta”.

La London School of Economics ha invece creato “The Brexit Collection”, un fondo archivistico sui materiali usati nelle campagne referendarie del 1975 e del 2016 sull’adesione del Regno Unito al mercato comune e all’Unione Europea. Documenti provenienti da individui, partiti e organizzazioni attivi su diversi fronti nelle due campagne. Quali tracce del passato conservare, dunque? E quali escludere? E con quali criteri? Il dibattito in seno ai musei e agli archivi non è nuovo. E soprattutto è continuamente sfidato dalla contemporaneità, piano di relazione su cui si gioca la rilevanza delle istituzioni culturali.

 

Rapid Response collecting

 

Numerose sono poi le esperienze che nascono in relazione ad eventi recenti. L’iniziativa, guidata dalla New York Historical Society, era quindi radicata nell’immediatezza e nella necessità di raccogliere la cultura materiale dai grandi eventi ogni volta che il fenomeno si svolgeva o subito l’accaduto dopo. Questo è il metodo generale che ha poi sviluppato la pratica di raccolta a risposta rapida, e che continua a farlo durante la situazione odierna. L’importanza di questa metodologia risiede in un particolare approccio alla raccolta della Rapid Response. Che riconosce nella connessione e relazione con l’esperienza umana un principio portante. Dunque sono le azioni degli esseri umani, i loro prodotti, usi e costumi che spingono questo metodo a riconoscerne non solo l’importanza dal punto di vista storico, ma il valore applicato al cambiamento.

La storia è l’analisi dell’evoluzione delle culture e delle comunità. E individuarne gli aspetti portanti, ossia quelli che si agganceranno all’epoca successiva, è un dovere nel rispetto della tutela educativa delle generazioni future. Questo atteggiamento di conservazione trova nelle istituzioni culturali come Musei, Case museo oppure semplicemente centri, il luogo più adatto per interrogarci quotidianamente sul nostro rapporto con la storia. C’è da considerare che per la semplice ragione per cui la Rapid Response Collecting è, in linea generale, una pratica immediata e interattiva con i fenomeni sociali di portata storica, è normale che i musei di stampo prevalentemente storico siano maggiormente predisposti ad adottare questa metodologia.

Un esempio potrebbe essere quello del Victoria and Albert Museum. Che è riuscito a sviluppare ulteriormente il metodo soprattutto restringendo il campo di ricerca al settore del design. Intuendo il grande potenziale dello stesso, inteso come reinterpretazione delle esigenze sociali. Questa pratica di sviluppo delle collezioni fu alimentata dal V&A nel 2014 per affrontare soprattutto la questione etica di sviluppo delle collezioni incentrate sul design dell’istituzione. Il cambiamento è stato quasi simile a un seguito logico che ha posto i riflettori sul processo – il design – attraverso il quale i fenomeni storici trasformano oggetti quotidiani e materiale effimero in cultura materiale di evidenza e rilevanza. Questo noto esempio di pratiche di raccolta a risposta rapida si concentra molto di più sul design. “[…] E su come riflette e definisce il modo in cui viviamo oggi. […] Guardando verso l’esterno e coinvolgendo gli argomenti che sono nelle notizie“.

https://www.vam.ac.uk/

Marianna Fioretti Piemonte

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