Alcuni musei italiani, purtroppo ancora chiusi al pubblico a causa della pandemia, sono stati parzialmente trasformati in centri per la vaccinazione. Tra questi il Castello di Rivoli in provincia di Torino, il Madre e il Museo Capodimonte di Napoli.
Si sa che l’arte cura l’anima ed eleva lo spirito; questo almeno in generale senza considerare certe brutture e oscenità del contemporaneo che hanno ben altre funzioni. Da fine marzo e inizio aprile, alcuni musei italiani, purtroppo ancora chiusi al pubblico a causa della pandemia, sono stati parzialmente trasformati in centri per la vaccinazione.
Ciò accade al Castello di Rivoli in provincia di Torino, al Madre e al Museo Capodimonte di Napoli. In quest’ultima istituzione, le persone da vaccinare sono accolte in una sala d’attesa particolarmente suggestiva, arricchita dalle riproduzioni delle principali opere d’arte (avremmo preferito gli originali, ma comprendiamo le problematiche legate alla sorveglianza), con il cinguettio degli uccellini in sottofondo e la bellezza del Real Bosco tutt’intorno.
Vaccinarsi costituisce di per sé un’emozione: rappresenta la possibilità di sentirsi in salvo e al sicuro, è il modo per tornare liberi, ma, complici le notizie di effetti collaterali legati ad alcuni vaccini, può comparire anche un po’ di umana paura e preoccupazione. In una cornice artistica e naturale così splendida, l’emozione positiva non può che crescere e rafforzarsi.
Alcuni puristi potrebbero storcere il naso per questa contaminazione tra arte e sanità. Ritengo, invece, che possa essere efficace e ci sono già tanti esempi da ricordare. L’arte terapia è una disciplina nota da anni, mentre è risaputo che le opere d’arte rendono più gradevoli e piacevoli gli ospedali, sia per i malati, sia per chiunque vi transiti.