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La casa vivente. La natura dello spazio costruito secondo Andrea Staid

Andrea Staid, La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire Andrea Staid, La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire
Andrea Staid, La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire
Andrea Staid, La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire

Da antropologo Staid rilegge la relazione tra costruire e abitare nella sua proiezione sociale ed ecologica. Fra architetture vernacolari utopie concrete

…a proposito dell’abitare e del costruire. Questo pensare a proposito del costruire non pretende di scoprire delle idee che possano servire di modello o di regola per effettive costruzioni.
Questo tentativo del pensiero non presenta in alcun senso il costruire dal punto di vista dell’architettura o della tecnica, ma cerca di raggiungere il costruire in quell’ambito originario a cui appartiene ogni cosa che è. Noi domandiamo: 1. Che cos’è l’abitare? 2. In che misura il costruire rientra nell’abitare? All’abitare, così sembra, perveniamo solo attraverso il costruire. Quest’ultimo, il costruire, ha quello, cioè l’abitare, come suo fine.
Martin Heidegger, costruire abitare pensare, Darmstadt, 1951

La questione di “pensare” la relazione tra costruire e abitare ha antichi e illustri antecedenti. Dal De architetcura vitruviano alla Teoria general de la urbanización di Ildefons Cerdà. Da Ornamento e delitto di Adolf Loos a costruire abitare pensare di Martin Heidegger. E poi Architettura rurale italiana di Giuseppe Pagano e Guarniero Daniel, Progetto e utopia di Manfredo Tafuri, La città rinascimentale: tipi e modelli attraverso i trattati di Giorgio Muratore, El dibujo como invención, idear construir, dibujar di Lino Cabezas. Senza trascurare le ricerche di Giancarlo De Carlo, Massimo Cacciari, Richard Sennett, Alejandro Aravena o Yona Friedman.

Questo per dire che al centro di tante riflessioni, che si articolano lungo i secoli, c’è il desiderio dell’uomo di comprendere la natura dello spazio costruito. Perché da questa natura scaturiscono diverse forme di “abitare” e non solo, la forma come il processo, definisce le relazioni tra gli abitanti; una sola casa è una casa ma tante case diventano un quartiere, una città, una metropoli. Lo spazio fisico definisce possibilità o impossibilità di un certo tipo di relazione e, gli umani è noto, sono animali sociali. Recentemente è uscito un gran bel libro di Andrea Staid, dal titolo: La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire, per i tipi di add editore di Torino.

Staid, che di libri ne ha fatti tanti, da sempre scrive bene, ma in quest’ultimo la qualità propria della scrittura è veramente notevole. Il volume è strutturato in sei capitoli, aperti da la casa per l’uomo, dove ripercorre la storia dell’abitare umano dal neolitico ad oggi. Evidenziando come fino a tempi recentissimi e dovunque nel mondo, ciascuno con l’aiuto dei vicini, costruiva la propria dimora. E ricordando anche gli aspetti anti ecologici di tanti materiali da costruzione che si presentano come panacea per rivelarsi veri e propri veleni, uno su tutti l’Eternit. In architettura organica e trasparente, viene invece analizzato il “capitalocene”, ovvero quell’era non geologica ma economica che ha finito per porre l’ideologia capitalista e i suoi “sistemi” al centro, e come pratica egemone ed escludente, non ostante sia sotto gli occhi di tutti il limite ambientale ed ecologico di tale egemonia.

Nel capitolo un giro del mondo-le architetture vernacolari si analizzano le architetture tradizionali di mezzo mondo dalla Scandinavia al Perù, dal Medio Oriente alla Russia, dall’India al Laos, solo per citarne alcune. E questa analisi evidenzia la nostra attuale perdita del “saper fare” che invece è stata caratteristica antropologica dell’umanità per decine di millenni. In abitare nel cratere si descrivono alcune interessantissime esperienze di auto costruzione in parallelo alle inutili ed inefficienti gestioni statali, con le conseguenti militarizzazioni dei territori distrutti dai recenti terremoti nella fascia appenninica. Il capitolo piccoli gesti, grandi cambiamenti, case ecologiche, utopie concrete è un’analisi applicativa del pensiero di Murray Bookchin, ideatore dell’ecologia sociale. Vengono esemplificate una serie estesa di buone pratiche per abitare sia socialmente che ecologicamente in maniera armonica e di qualità.

L’ultimo capitolo, una casa da antropologo, racconta la sua personale esperienza di riparazione e autocostruzione della propria casa in Liguria. Un gran bel libro, estremamente attuale, che ci interroga sulle nostre possibilità di innescare cambiamenti reali immediati e concreti, di recuperare la capacità di fare, di riappropriarci di una socialità e di un senso di “beni in comune”, per una esperienza esistenziale maggiormente profonda e bella, facendo qualcosa di buono sia per noi che per gli altri che per il Pianeta Terra.

Andrea Staid
La casa vivente, riparare gli spazi, imparare a costruire
add editore, Torino
168 pp, 16 euro
https://www.addeditore.it/

Massimo Mazzone

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