Georg Baselitz torna a Venezia, precisamente nel meraviglioso palcoscenico di Palazzo Grimani. Un mix di sculture e dipinti per la sua nuova mostra “Archinto”, a cura di Mario Codognato. Allestita al piano nobile del Museo, in scena dal 19 maggio 2021 al 27 novembre 2022, la mostra comprende dodici tele realizzate appositamente dall’artista per la Sala del Portego, collocate nelle sue originarie cornici settecentesche a stucco, dove fino all’800 campeggiavano i ritratti della famiglia Grimani.
Grazie ad un accordo speciale, queste opere rimarranno in comodato a lungo termine al museo per concessione dell’artista, instaurando un dialogo continuo tra l’arte classica e contemporanea che arricchisce ulteriormente l’offerta culturale del museo. È la prima volta ad oggi che avviene una collaborazione simile tra un artista contemporaneo e un museo statale a Venezia.
In questa mostra l’artista rende omaggio a Venezia e alla sua ricca tradizione artistica, da una parte ristabilendo una continuità storica e dall’altra segnalando una rottura tra la celebrata ritrattistica rinascimentale e i suoi equivalenti contemporanei. Il titolo della mostra e i suoi lavori fanno riferimento all’enigmatico ritratto del Cardinale Filippo Archinto che Tiziano realizzò nel 1558, caratterizzato da una pennellata densa che confonde la figura con lo sfondo. Titoli come Archinto durcheinander (Archinto confuso) (2020) portano la sensibilità dei Maestri Antichi in un contesto attuale, mentre la qualità spettrale delle immagini stesse allude al tema artistico costante della mortalità umana.
I dipinti in Archinto confermano l’interesse e la passione di Baselitz per le tecniche di incisione. Il soggetto è dipinto su una tela che, ancora umida, viene appoggiata a una seconda. Applicando una pressione l’immagine si trasferisce da un supporto all’altro: la prima tela viene scartata mentre la seconda diventa il lavoro ultimato. Comparato alla tecnica di incisione tradizionale tuttavia, questo processo permette un controllo solo parziale sul risultato: un residuo frammentato dell’immagine iniziale viene trasferito sulla superficie finale, mentre notevoli variazioni di colore e di struttura derivano dalla pressione. Le imponenti sculture in bronzo e rame, come Zero Mobil (Zero Mobile) (2014) – un nodo di rame scuro che sconvolge l’architettura teatrale della sala centrale del museo – e i correlati Marokkaner (Marocchino) (2012) e Bündel (Fascio) (2015), creano una solidità grezza che spesso distoglie dall’estetica eterea dei dipinti.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue con testi di Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage, Mario Codognato, curatore della mostra, Ester Coen, storica dell’arte, e Georg Baselitz stesso.