Olafur Eliasson allaga la Fondation Beyeler di Basilea con l’installazione Life. Fino al 17 luglio non ci saranno opere alle pareti del museo, ma uno splendente corso d’acqua verde ricco di forme di vita animali e vegetali. L’edificio, a cui sono state rimosse le pareti esterne, sarà aperto al pubblico 24 ore al giorno.
Sembra non ci siano limiti alle possibilità di Olafur Eliasson. Dopo aver installato un sole nella Turbine Hall della Tate Modern e aver trasportato 30 blocchi di un iceberg dal Polo Nord alle rive del Tamigi (solo per citare alcune delle sue opere), l’artista danese ha allagato la Fondation Beyeler di Riehen, Basilea.
Si intitola Life la spettacolare installazione site-specific che fino al 17 luglio cambia volto a uno dei più importanti musei svizzeri. La sede della celebre collezione -che vanta capolavori di Picasso, Cézanne, Mondrian e altri ancora- vede infatti le sue sale inondate dall’acqua stagnante che Eliasson ha condotto al suo interno.
Un fiume verde ricco di felci, ninfee e soprattutto di uranina, un colorante organico comunemente adoperato per osservare il flusso delle correnti d’acqua e che Eliasson ha già impiegato per un’altra opera, Green River, con la quale ha colorato i fiumi di Stoccolma, Tokyo e Los Angeles. É questo a rendere così splendente l’acqua e suggestivo camminare su di essa, esperienza da vivere in sicurezza grazie a una serie di passerelle installate lungo i corridoi della Beyeler.
«Da qualche anno mi sforzo sempre più di considerare la vita non da una prospettiva antropocentrica ma secondo un approccio più ampiamente biocentrico» racconta l’artista, che con Life ha portato all’estremo questo proposito. Per l’occasione sono infatti stati rimossi i pannelli di vetro posti sulla facciata dell’edificio, in modo da lasciarlo completamente aperto. Così, se siamo costretti a rinunciare alle opere alle pareti, possiamo però vivere un’affascinante ed estraniante comunione totale con la natura.
Insieme alla Fondazione Beyeler, rinuncio al controllo sull’opera d’arte, per così dire, consegnandola a visitatori umani e non umani, alle piante, ai microrganismi, al tempo, al clima. Anche se non ci sono visitatori umani nello spazio, altri esseri – insetti, pipistrelli o uccelli, per esempio – possono volare o occupare una dimora temporanea al suo interno.
Continuità estrema, dunque, tra il museo e il rigoglioso giardino che lo circonda. Iperbole dell’idea con cui l’architetto, Renzo Piano, aveva progettato lo spazio: un unicum tra il dentro e il fuori. La natura si riprende dunque gli spazi che l’uomo le ha sottratto, senza condizioni o interferenze. La Fondazione rimarrà addirittura aperta 24/24 per permettere ai visitatori di osservare l’evoluzione dell’opera-ecosistema in tutte le condizione possibili.
Sulla scorta degli antropologi Natasha Myers e Timothy Choy, sarei portato a dire che la vita è anche co-spirare – giocando con l’eImologia della parola (“respirare con”) e in base alla definizione data dai vocabolari. Noi cospiriamo con l’albero, con gli altri e con il pianeta.
Un’esperienza difficile da raccontare, che deve necessariamente essere vissuta. Per questa ragione, pensando a chi non potrà raggiungere fisicamente il Museo, la Fondazione Beyeler ha predisposto un live stream dotate di telecamere e filtri ottici che «alludono a prospettive non umane».