Due percorsi unici, due vocabolari artistici distinti accomunati da un interesse per la scrittura e la trasparenza. Inaugura il prossimo 20 maggio la mostra Carla Accardi e Dadamaino: tra segno e trasparenza. Due artiste italiane alle frontiere dell’astrazione presso la sede parigina della galleria Tornabuoni Art.
La pittura di Accardi è una dai segni sfrenati, una pittura alla ricerca della tensione estrema tra razionale e irrazionale, tra positivo e negativo. I suoi labirinti sfruttano un magnetismo sensuale, coltivano un fermento che tende ad un’agglomerazione di materie e di colori- senza limiti, strutturale e ambientale.
Germano Celant
Carla Accardi e Dadamaino: tra segno e trasparenza. Due artiste italiane alle frontiere dell’astrazione presenta le opere di Carla Accardi (1924-2014) e Dadamaino (1930-2004) con particolare attenzione alla loro ricerca sul segno. Quest’ultimo, infatti, è un elemento che sviluppano in modo nuovo, in particolare su supporti trasparenti, invitando ad un radicale ripensamento della nozione di “lettura” dell’opera d’arte. Carla Accardi e Dadamaino condividono una libertà e un’indipendenza che le hanno portate ad aderire a movimenti artistici diversi, creando così due percorsi unici, due vocabolari artistici distinti accomunati da un interesse per la scrittura e la trasparenza, un nuovo elemento che porta dinamicità alle loro composizioni, introducendo la tridimensionalità e invitando così il segno a vibrare nello spazio fluido.
Il risultato sono due corpus di opere spesso sviluppati in serie, nei quali le due artiste esplorano le proprietà e le possibilità della pittura. Donne dai principi saldi, convinte dell’importanza dell’arte e dell’impegno sociale, parteciparono alle lotte del loro tempo, aderendo in particolare al comunismo, lasciando un segno duraturo nella storia dell’arte.
La mostra, che si concluderà il 18 settembre, prende via in concomitanza con la retrospettiva di Carla Accardi al Museo del Novecento di Milano e la mostra Elles font l’abstraction al Centre Pompidou, a cui la galleria partecipa attraverso il prestito di opere di entrambe le artiste.
Lascio la mano fluire liberamente. Così l’insieme appare ora più fitto, ora più rado, ma non cerco queste diversificazioni che vengono spontaneamente e sono possibili mio malgrado. Per ora chiamo questi segni “L’alfabeto della mente” perché ritengo siano codici di un linguaggio personale.
Dadamaino