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Dai Farnese ai Savoia: ritornano le meravigliose porcellane dei Duchi di Parma in Italia, alla Reggia di Colorno

Bottega Meissen, Amorini, porcellana

La Reggia di Colorno di Parma, dal 15 maggio al 19 settembre 2021 ospita la mostra Le porcellane dei Duchi di Parma. Capolavori delle grandi manifatture del ‘700 europeo, curata da Giovanni Godi e Antonella Balestrazzi. Per l’occasione tornano in Reggia le preziosissime porcellane che Luisa Elisabetta di Francia e il consorte Filippo di Borbone utilizzavano per i ricevimenti ducali.

Le porcellane dei Duchi di Parma. Capolavori delle grandi manifatture del ‘700 europeo è una storia di commissioni e spoliazioni e dispersioni. Si sa che il destino delle collezioni segue quello delle famiglie. E quello della Reggia di Colorno e di chi l’ha abitata non fa eccezione. Era il 1731 quando Antonio Farnese, duca di Parma e Piacenza, morì senza eredi, lasciando il Ducato alla nipote Elisabetta, sposa dello spagnolo Filippo V di Borbone. Subentrarono presto i figli: prima Carlo – che lascerà Parma per diventare re del Regno delle Due Sicilie – e in seguito il secondogenito Filippo, che nel 1735 sposerà la figlia del re di Francia Luigi XV, Luisa Elisabetta. È con lei che il Ducato si arricchisce di libri, servitori, artisti, artigiani e soprattutto di preziosissime porcellane. Tutto per ricreare un angolo di Francia a Parma, l’Atene d’Italia, come verrà chiamata.

Bottega Meissen, Vendemmiatori, porcellana

Luisa Elisabetta entrò nel Ducato il 9 marzo 1749 accompagnata da ben trentaquattro carrozze ricolme dei più raffinati oggetti francesi, tra cui appunto le tanto amate porcellane. La presenza della duchessa alla Reggia di Colorno fu occasione per un frenetico rinnovamento delle stanze barocche, in uno stile rococò e neoclassico, ma soprattutto per l’arrivo a Parma delle ambitissime porcellane. Ambitissime perchè almeno fino ai primi vent’anni del Settecento l’unica porcellana che si conosceva proveniva dalla Cina. Solo a Dresda, per conto del re di Sassonia, si trovò la formula giusta per imitare la produzione cinese. E da qui si svilupperanno le grandi manifatture in Inghilterra e Francia, come quelle di Meissen, Sèvres, Vincennes, Chantilly. Le stesse da cui provengono le porcellane acquistate da Luisa Elisabetta, a spese del padre, per dotare la sua “modesta residenza parmense” di vasellame alla moda, oltre che per farne dono al marito Filippo, anch’egli appassionato collezionista di gruppi e statuine.

Presto il Ducato si arricchì del meglio della produzione di tutte le più prestigiose manifatture europee che la Duchessa personalmente cercava e commissionava: raffinati servizi da tavola, da caffè, statuine, tazze da gelato e oggetti curiosi. Oltre ad allestire i “Trionfi da tavola”, spesso queste porcellane erano destinate a interi ambienti, veri e propri cabinet, messi a punto con specchi, tappezzerie in seta dipinte con motivi cinesi e mensole in stucco o legno dorato. Anche Colorno aveva la sua “Stanza delle porcellane”, che fu però smantellata quando il duca Ferdinando, uomo colto e pio, vi costruì accanto la sua cappella privata. I soggetti profani delle porcellane mal si accordavano alla pratica religiosa.

Reggia di Colorno, interni, foto di Gigi Montali

L’esposizione, allestita in una serie di ambienti al piano nobile della Reggia, non è solo l’occasione per vedere tornare a casa, anche se temporaneamente, alcune delle porcellane settecentesche, ma anche per esporre parte degli arredi originali, recuperati dalla diaspora post unitaria. La storia del Ducato, e quindi della Reggia, prosegue infatti, tra la dinastia Farnese e Borbone, fino al 1859 quando il Ducato di Parma e Piacenza viene cancellato per essere, l’anno successivo, inglobato nel nuovo Regno d’Italia. Per effetto di questo, il patrimonio di quella che per secoli era stata una delle più raffinate e internazionali corti europee, passò a Casa Savoia. Così gli arredi transitarono tra Torino, Firenze e Roma – città che oggi hanno reso possibile la mostra grazie ai loro prestiti. Senza scrupoli i nuovi sovrani trasferiranno tutto il trasportabile – tappezzerie, statue, persino le fontane – nelle nuove capitali e in alcuni casi si troveranno costretti a vendere (non ci stupisce quindi trovare oggi a New York mobili parmensi).

La mostra vuole essere un viaggio nella storia del gusto e della ricchezza decorativa offerta dalla porcellana, che nel corso del Settecento inebriò le corti d’Europa, divenendo identificativo dello status sociale di chi le possedeva e veicolo di diffusione del gusto e delle mode. Preziosa, elegante e lucente, la porcellana fa il suo ingresso trionfale prendendo il posto dei metalli preziosi nelle tavole e nelle stanze delle maggiori residenze europee del Settecento, per continuare ad affascinarci ancora oggi.

Porcellana della Real Fabbrica Ferdinandea, 1790. Piatto da coltello

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