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Re:define the Boundaries. In mostra al MAXXI l’Intelligenza Artificiale che supera i confini

Entangled others, Beneath The Neural Waves Entangled others, Beneath The Neural Waves
Intlligenza artificiale . Entangled others, Beneath The Neural Waves
Entangled others, Beneath The Neural Waves

“È tempo di andare oltre le classificazioni operate dalla natura”. Daniela Cotimbo, curatrice della mostra Re:define the Boundaries, allestita al MAXXI fino al 30 maggio, ci parla delle trasformazioni dei concetti di Corpo e Identità nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Dal teletrasporto agli  umanoidi che dominano il pianeta. Il nostro concetto di intelligenza artificiale – e, più in generale, di tecnologia – è molto legato al mondo della fantascienza e forse ci impedisce di capire, quanta parte di questo sia già presente nelle nostre vite. E quanto, in un periodo non lontano, la distanza tra le varie declinazioni applicative dell’intelligenza artificiale e gli essere umani sarà praticamente impercettibile.

Arte e Intelligenza Artificiale al MAXXI

La mostra Re:define the Boundaries  – curata da Daniela Cotimbo e realizzata con il sostegno di Alan Advantage  – rappresenta lo spunto per una sorta di antropizzazione dell’intelligenza artificiale. Intesa come la chiave di accesso a un nuovo modo di vivere, una naturale evoluzione di intendere le nostre relazioni e il mondo che ci circonda.

Presso il corner MAXXI saranno esposti i progetti vincitori della seconda edizione del Re:Humanism Art Prize. Ai dieci finalisti si aggiunge l’opera di Francesco Luzzana,vincitrice dello speciale Romaeuropa Digitalive Prize che verrà invece presentata nell’ambito del celebre festival romano nell’autunno del 2021.

Non la solita esposizione dove la tecnologia è solo un apparato multimediale al servizio di un progetto artistico ma una vera compenetrazione che si muove su un terreno neutro. Dove il potere visionario dell’arte permette alla tecnologia di esprimere le sue possibili declinazioni creative e le sue implicazioni sociali e culturali.  Dall’eco-sistema acquatico in digitale, al sex-robot gender fluid, dai corpi-casa al alla creatura artificiale che si interroga sul suo posto nel mondo. Re:define the Boundaries non è una mostra “futuristica” sul tema ma il” qui ed ora” dell’intelligenza artificiale. Una riflessione che mostra chiaramente l’alba di un nuovo mondo.

 

 Intelligenza artificiale. Opera di Johanna Bruckner, Molecular Sex.
Johanna Bruckner, Molecular Sex

Intervista con la curatrice della mostra, Daniela Cotimbo

Ne parliamo con la curatrice della mostra Daniela Cotimbo – Presidente dell’associazione Re:Humanism – che attraverso questa intervista offre ai lettori spunti di riflessione decisamente interessanti:

L’intelligenza artificiale è destinata a cambiare nel profondo la società in cui viviamo e in un futuro molto più vicino di quanti possano immaginare. Eppure, manca una consapevolezza delle persone in tal senso. La mostra allestita al MAXXI ha (anche) un fine divulgativo diretto al cosiddetto grande pubblico? Perché avete sentito l’esigenza di una riflessione più umanistica e multidisciplinare e quindi non solo tecnologica?

L’esperienza di Re:Humanism nasce nel 2018 come diretta risposta all’emergere di fenomeni critici di cui l’intelligenza artificiale è stata protagonista: discriminazioni di razza e di genere, violazioni della privacy, polarizzazione del consenso politico ecc… Proprio in quel periodo infatti cominciavano ad essere pubblicate le linee guida da parte di istituzioni governative e non, volte a regolamentare l’utilizzo di queste tecnologie. All’improvviso ci siamo resi conto che quelle che sembravano essere delle preoccupazioni dal sapore fantascientifico erano invece gli spauracchi di qualcosa che stava già avvenendo intorno a noi. Per questa ragione, coinvolta da Alan Advantage, un’azienda che si occupa di sviluppare progetti di innovazione, ho cominciato a ragionare su come poter portare la riflessione su questi temi ad un livello più alto. Lungo questo percorso ho scoperto che tanti artisti, come noi, si stavano interrogando proprio su questi temi. Re:Humanism altro non è che un contenitore di queste esperienze, nato con l’obiettivo di mettere insieme artisti, umanisti, coloro che queste tecnologie le sviluppano e il grande pubblico. L’approccio però è quello dell’arte contemporanea, in grado di portare le riflessioni a un livello universale.

 

Intelligenza artificiale mostra maxxi allestimento
Re;Humanism, Allestimento

Se riguardo l’Intelligenza Artificiale l’Italia è in ritardo rispetto ad altre realtà – penso soprattutto a Stati Uniti e Cina – cosa ha evidenziato la mappatura degli artisti italiani che hanno partecipato alla call internazionale precedente la mostra?

Quando ho cominciato questo percorso, l’obiettivo iniziale era proprio valorizzare le esperienze presenti nel nostro paese, ero preoccupatissima però che, un po’ seguendo l’andamento dello sviluppo tecnologico a livello globale, nel nostro paese la riflessione non fosse ad un livello sufficientemente maturo. Mi sbagliavo. Fin da subito ho trovato terreno fertile, tante esperienze di artisti e colleghi curatori che lavorano già da molto tempo sull’esplorazione e l’analisi critica di questi mezzi tecnologici. Quello che forse non aiuta è il contesto, ci sono ancora un po’ di pregiudizi nell’accogliere queste pratiche all’interno del sistema dell’arte e questo perché anche in questo ambito occorre decolonizzare lo sguardo. Ben vengano allora mostre e festival tematici ma l’obiettivo finale per me è che queste pratiche vengano assimilate all’interno del sistema dell’arte, pur conservando la loro rilevanza critica. Per riassumere, gli artisti ci sono, spetta a noi valorizzare il loro lavoro.

 

Intelligenza Artificiale. christoforetti _ el sayah, Body as Building
Christoforetti – El sayah, Body as Building

Dalle opere in mostra sembra emergere qualcosa di nuovo.  Gli algoritmi e la performance artistica si fondono in una nuova forma creativa. Crede che in un futuro prossimo sia destinata a diventare predominante? In caso affermativo, crede che in Italia, per ovvie ragioni di tradizione figurativa, sia più difficile per il pubblico metabolizzare questo cambiamento?

Tante domande interessanti in una. Sicuramente il diffondersi di pratiche espressive basate su tecnologie avanzate sarà inarrestabile per un semplice motivo, l’arte tende a inglobare al suo interno i linguaggi del presente e queste tecnologie diventano sempre più pervasive nelle nostre esperienze quotidiane; il loro impatto è dirompente, al punto tale che il progresso scientifico e tecnologico ci sta portando a ridefinire concetti basilari per noi esseri umani. Non credo però che sia questione di predominanza rispetto ad altre pratiche, l’Italia ha una tradizione figurativa ma è anche il paese che ha dato vita a fenomeni come l’Arte Povera che sfuggono a queste logiche. Inoltre, l’arte tecnologica può assumere diverse forme, a volte molto vicine, a volte difficili da afferrare. Se però ampliamo lo sguardo è sempre stato così, persino la pittura a olio è il frutto di un’innovazione in termini di strumenti e materiali. Per me è rassicurante sapere che i mezzi a disposizione dell’artista sono infiniti. Occorre però che ci predisponiamo al cambiamento.

Avere dimestichezza con gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale presuppone anche un percorso di conoscenza per gli artisti. In che modo avviene fattivamente questo incontro? Gli artisti si affidano a degli esperti, partecipano a degli stage?

Anche in questo caso gli approcci sono molteplici e universali. Ci sono artisti la cui carriera si fonda su un background di tipo tecnologico o scientifico. Si tratta di ricercatori, ingegneri e data scientist che sviluppano una determinata sensibilità che li porta ad incrociare le proprie pratiche con quelle dell’arte. Poi ci sono gli artisti contemporanei che per natura e approccio fondano il proprio lavoro su una ricerca di carattere scientifico e metodico. Infine, ci sono coloro che incuriositi dagli impatti di queste tecnologie decidono di avvalersi del supporto di chi le conosce approfonditamente per concretizzare le proprie pratiche. Re:Humanism vuole dar voce a tutte queste esperienze, esplorando anche le modalità di comunicazione necessarie per mettere insieme mondi apparentemente distanti ma che a ben vedere condividono lo stesso fine ultimo che è la ricerca di un possibile scorcio di verità.

 

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C. Bonfili

In molti vedono nell’Intelligenza Artificiale una sorta di Grande Fratello. O come un esercito di robot “ruba lavoro”. In realtà la tecnologia può aiutarci sempre di più in tanti ambiti, compreso quello di rendere più sostenibile il nostro pianeta. Argomento che sembra ben rappresentato dal progetto vincitore di Entangled Others, ovviamente in mostra al MAXXI. Puoi descriverlo ai nostri lettori?

Questa seconda edizione si è contraddistinta proprio per la volontà da parte di molti artisti di riflettere sui temi legati al
futuro del nostro pianeta. Era inevitabile per via di quello che stiamo vivendo con la pandemia. L’approccio però è sempre propositivo; è come se, assimilati alcuni dei pericoli e delle criticità legate a queste tecnologie, gli artisti ci volessero dare il buon esempio, spingendoci a riappropriarci di questi mezzi per un fine positivo. Quello che occorre sottolineare però è che questo fine passa dall’abbandono di uno sguardo gerarchico nei confronti della natura e delle sue infinite forme di manifestazione. Beneath the Neural Waves 2.0, l’opera degli Entangled Others, parte dallo studio di un ecosistema complesso come quello delle barriere coralline per dimostrarci come le forme di coesistenza presenti
all’interno di questi ecosistemi siano il modello a cui guardare per ridefinire il nostro rapporto con le altre specie viventi (e non). Attraverso il potenziale visionario delle reti neurali il collettivo di base a Berlino genera nuove possibili forme simbiotiche all’interno di questi ecosistemi. Quello che oggi avviene a livello visivo, domani sarò possibile proprio grazie alla mediazione del mezzo artificiale. Le tecnologie di per sé non sono polarizzate verso il bene o il male, è l’uso che ne facciamo che ne determina gli impatti. Abbiamo deciso di premiare questo progetto perché ci sembrava il modo migliore per dimostrare come attraverso uno sguardo laterale proprio dell’arte possiamo essere in grado di orientare questi mezzi verso una visione del mondo sostenibile.

Titolo della mostra è “Re:define the boundaries, ovvero le trasformazioni dei concetti di Corpo e Identità nell’era dell’Intelligenza Artificiale. In precedenti occasioni ha affermato che è tempo di andare oltre le classificazioni operate dalla natura. Può spiegare questo concetto ai lettori?

Per secoli l’uomo si è sentito al centro dell’universo, in una posizione gerarchica che lo ha spinto a sopraffare la natura e i suoi altri abitanti. Dall’altro lato proprio questa agency nei confronti della natura ci ha spinto a sviluppare con essa un sentimento nostalgico, di ricerca della sua forma originaria. Abbiamo guardato alla natura come a qualcosa di statico e immutabile. L’emergenza sanitaria attualmente in corso, ci ha dimostrato come se non modifichiamo questi rapporti, ne subiremo noi stessi le conseguenze. Ma non solo, il guardare alla natura come a qualcosa di predeterminato ci ha portati anche a non essere in grado di comprendere la diversità all’interno della nostra stessa specie. In un mondo in cui l’identità sessuale e di genere si esprime in forme molto diversificate, ha ancora senso definire tali forme “contro natura”? Lo sviluppo tecno scientifico sta modificando i nostri stessi corpi. Le plastiche presenti nell’ambiente interagiscono con il nostro sistema ormonale.

 

Intelligenza artificiale
Luzzana, Object Oriented Choreography (OOC)
Le relazioni sono sempre più spesso mediate da tecnologie digitali. E in un futuro non molto lontano i nostri corpi verranno abitati da dispositivi nanotecnologici in grado di neutralizzare alcune delle malattie più diffuse come il cancro. Cosa saremo allora, umani, artificiali, un po’ di entrambi? Questo oggi ci spaventa perché i nostri orizzonti sono ancora ristretti ma in fondo sta già succedendo dal momento che stringiamo costantemente in mano un dispositivo come lo smartphone che è diventato una vera e propria protesi del corpo. L’esercizio che sto proponendo con questa risposta è di guardare sempre più lontano per sviluppare forme relazionali con il presente. Molte delle opere in mostra riflettono sul concetto di corpo. Corpo artificiale (nel caso di Carola Bonfili), corpo e architettura (nel caso di Elizabeth Christoforetti e Romy El Sayah), corpo dalla sessualità fluida (Johanna Bruckner) o corpo in relazione a ciò che non è umano (Yuguang Zhang). A testimonianza di come il concetto stesso di corpo venga continuamente rinegoziato in rapporto al progresso scientifico.

Informazioni

Re:Humanism

Re:define the Boundaries

Corner MAXXI

Ingresso su prenotazione  clicca qui     

Orari:   lunedì chiuso
da martedì a domenica
11 – 19

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