La collana dedicata alla fotografia internazionale Luminous Phenomena è giunta alla quarta pubblicazione con la fotografa Alba Zari, vincitrice del Premio Graziadei per la Fotografia 2019. Il libro è accompagnato da un testo critico di Chiara Bardelli Nonino e dallo stralcio di un’intervista all’artista condotta da Sara Benaglia e Mauro Zanchi.
Luminous Phenomena – prodotto dalla casa editrice e agenzia di comunicazione NFC di Rimini per i suoi primi dieci anni di attività – prosegue con la quarta monografia, dopo quella dedicata alla fotografa italiana Giulia Agostini. Questa volta presenta come protagonista Alba Zari: giovane fotografa che fin da piccola conduce una vita nomade che la porta a vivere in città e nazioni differenti. L’esperienza di viaggiatrice influenza e si riflette nella sua pratica fotografica, volta ad indagare temi di contenuto sociale, come le ricerche visive sui centri d’igiene mentale dopo la legge Basaglia, i disordini alimentari diffusi nella società americana. Anche questa quarta monografia è pubblicata in tre lingue (italiano, inglese, francese) e in due versioni, Light e Deluxe.
Alba Zari – selezionata al Foam Talent 2020, una delle più importanti piattaforme internazionali per il lancio di giovani fotografi di tutto il mondo, e vincitrice del Premio Graziadei per la Fotografia 2019, con opere esposte fino all’11 aprile 2021 al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma – ha scelto per la copertina di Luminous Phenomena il colore blu non per caso. Per la prima volta, nel volume, sono pubblicate alcune immagini della serie “How Deep Is The Sea”, che «parla di amore e relazioni come se fossero mareggiate».
Le foto sott’acqua, seppur siano un topos ricorrente nel canone fotografico contemporaneo per i suoi rimandi immediati all’idea di vita e rinascita, al grembo materno, non sono mai banali o troppo semplici in Alba Zari. Chiara Bardelli Zonino spiega: ≪Non nascono da una ricerca di banale soddisfazione estetica: sono parte di un progetto molto personale, spontaneo, l’espressione naturale di un’artista che divide la propria identità culturale tra Trieste e la Thailandia, ed è quindi abituata alle zone di confine e alle transizioni. Guardando le sue immagini mi è venuto in mente il concetto che si usa in astronomia per trovare un pianeta abitabile: la cosiddetta “Goldilocks Zone”, quell’area né troppo lontana né troppo vicina a una stella dove è possibile trovare acqua allo stato liquido e quindi, potenzialmente, vita. “How Deep Is The Sea” è una specie di Goldilocks Zone delle relazioni, uno spazio astratto e ipotetico entro il quale i rapporti – dal più turbolento al più sereno, dalla mareggiata alla calma piatta, se vogliamo conservare le metafore dell’acqua – possono sopravvivere. Oltre quest’area, c’è il buio, il vuoto, il ricordo≫.