La Madonna di San Sisto è stata l’ispirazione delle avanguardie, come testimoniano le opere di Schwitters, Dalì, Picasso, fino a Andy Warhol. L’opera di Raffaello ha contagiato però anche la moda: Fiorucci ha estrapolato i famosi angioletti proprio dall’iconico quadro. Ad oggi resta anche una delle opere d’arte più citate all’interno della letteratura. Non poteva certo mancare negli scritti del Vasari ma compare anche nelle opere di Winckelmannn, Herder, Goethe, Novalis, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Freud, Steiner, Herzen, Dostoevskij, Tolstoj, Bulgakov, Benjamin, Bloch e Heidegger.
Dal 29 maggio fino al 31 ottobre 2021, l’opera di Raffaello “ritorna” nella chiesa piacentina di San Sisto, il luogo per il quale fu commissionata. La sua storia comincia nel 1512 quando papa Giulio II per onorare la memoria dello zio, papa Sisto IV della Rovere, chiede a Raffaello di realizzare il dipinto.
Il capolavoro rimane a Piacenza fino al 1754, quando i monaci piacentini si vedono costretti a venderlo ad Augusto III, il principe elettore di Sassonia, per 25.000 scudi romani. Da allora, tranne un breve soggiorno in Russia, si trova nella Gemäldegalerie di Dresda.
La mostra conduce il visitatore anche alla scoperta del monastero benedettino e del suo patrimonio artistico. La Cripta ripercorre la vita della Madonna Sistina attraverso una ricostruzione cronologica incentrata sul contesto storico-socio-politico di Roma e Piacenza. Si può così osservare la posizione originaria del dipinto nel presbiterio disegnato da Tramello e interagire con la riproduzione virtuale fruibile indossando visori VR. Una delle tante innovazioni presenti oltre alla serie di installazioni video (tra cui il film documentario “You” di Abbatangelo).
L“appartamentodell’abate”, per la prima volta aperto al pubblico, propone un allestimento museale che descrivele vicende del monastero, dalla sua fondazione imperiale (nel secolo IX) ai cambiamenti intervenuti in epoca moderna.
La narrazione evidenzia i complessi rapporti che contrapposero, per tutto il medioevo, il potere religioso (incarnato dal vescovato piacentino) e il potere politico rappresentato dal monastero.
Nel vestibolo sono ricostruiti i ritratti virtuali di quattro figure di rilievo che influenzarono la vitadel monastero: la fondatrice Angilberga, moglie dell’imperatore carolingio Ludovico II, che divenne badessa dall’882 all’889, Gandulfus, l’abate che resse il monastero dal 1180 (dalle simpatie filoimperiali), l’architetto piacentino e allievo del Bramante AlessioTramello(che tra il 1499 e il 1511 eresse la nuova chiesa e il grande chiostro) e l’imperatrice Margherita d’Austria, figlia di Carlo V e duchessa di Piacenza e Parma, che qui volle essere sepolta.
Un percorso curato da Manuel Ferrari, Eugenio Gazzola e Antonella Gigli, che permette di rivivere la storia di quest’opera e ripartire dalla bellezza.