Oltre 100 le gallerie presenti nel Programa General di Arco, delle quali circa la metà straniere. Tre arrivano anche dall’Italia
Chi, fino all’ultimo minuto, conservata un residuo di scetticismo, ora dovrà abbandonarlo: la fiera Arco Madrid è riuscita a inaugurare, senza cattive sorprese legate a varianti o altro. Certo, i ricordi dei fasti degli anni d’oro sono appunto ricordi: eppure il segnale è forte e importante. O fronte delle 200 gallerie presenti negli anni di massima crescita della rassegna, quest’anno nei padiglioni 7 e 9 di Ifema ce ne sono “solo” circa 130. Il che, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, consente ampi spazi e quindi rispetto del distanziamento fisico. Misura alla quale si affianca il contingentamento del pubblico, con l’accesso consentito – fino a domenica 11 luglio – ad un massimo di 8000 persone.
Oltre 100 sono le gallerie presenti nel Programa General, delle quali circa la metà straniere. Non mancano i big, fra cui Chantal Crousel, Lelong, Perrotin e Thaddaeus Ropac da Parigi, Nächst St. Stephan e Krinzinger da Vienna, Peres Projects da Berlino. Interessante come sempre la sezione Opening, con una quindicina di giovani gallerie, di età inferiore ai 7 anni. E spazio speciale all’America Latina con la sezione Remitente, con una ventina di artisti rappresentati da gallerie di Messico, Brasile, Colombia, Cile, Perù, Argentina. Segue il trend di “cautela” anche la presenza italiana ad Arco, che quest’anno si limita a solo tre gallerie collocate nel Programma generale. Da Eduardo Secci, fresco di approdo a Milano con una sede che affianca quella fiorentina, a Maab Gallery di Milano, a Studio Trisorio di Napoli.